Sarà un Papa di Cristo o del mondo? Lo si capirà dal saluto
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Più che con la categoria conservatori/progressisti, i cardinali possono essere distinti in base a un criterio evangelico: essere o non essere del mondo. Nel primo caso il Papa sarà espressione di una chiesa mimetica, nell’altro della Chiesa militante. Un indizio per riconoscerlo…

Il criterio di selezione del futuro Papa più evocato sui media, sui social, dal parrucchiere e davanti alla macchinetta del caffè tra colleghi si rifà alla dicotomia progressisti-conservatori, criterio di derivazione immediatamente politica e remotamente culturale. Il binomio dovrebbe essere tradotto in modo più corretto come contrapposizione tra eterodossi, i progressisti, e ortodossi, i conservatori (al netto di coloro tra questi che hanno frainteso il principio di Tradizione).
Vogliamo qui azzardare che in realtà gli amanti del fantapapa e, in specie, i cardinali elettori, nella scelta del successore di Pietro, sono guidati da un altro criterio di derivazione evangelica anch’esso bipolare: essere nel mondo ed essere del mondo versus essere nel mondo, ma non essere del mondo.
Sul primo versante troviamo chi vuole una Chiesa mimetica, perfettamente occultata nella fitta vegetazione del mainstream, allineata alle storture del pensiero e delle mode contemporanee, amante della postura orizzontale per guardare l’uomo con gli occhi dell’uomo e non di Dio, una postura orizzontale pure prona alla sensibilità diffusa così incline alla giustificazione personale in nome di un’altrettanta libertà personale. Una Chiesa che serra la fede nel privato e che nel pubblico condanna la conversione e premia la giustizia sociale: ambiente, migranti, povertà, eccetera. È una Chiesa destinata all’estinzione sociale perché volutamente assente dalla coscienza collettiva, una Chiesa scientemente fantasmatica perché ha abbandonato la sua missione e si è arruolata tra gli ecologisti, i volontari delle ONG, i dipendenti degli uffici di collocamento, i militanti LGBT, i fedeli protestanti, ripetendo, fuori tempo massimo, frusti slogan che non interessano più a nessuno perché appaiono sbiaditi al confronto dell’accelerazione impressa dal processo di secolarizzazione. La Chiesa predica la cura della casa comune e gli animalisti ormai da tempo rivendicano diritti soggettivi per bertucce e mandrilli; benedice le coppie omoerotiche e i social ti chiedono a quale tra i 56 generi tu appartenga; eleva a dogma l’accoglienza dei migranti quando in molte parti d’Europa sono gli occidentali ad essere minoranza; insegna la fratellanza universale quando la massoneria già la insegna da 300 anni; è nemica della liturgia perché nemica della forma come espressione adeguata del sacro senza accorgersi che già l’arte informale alla fine degli anni Quaranta del secolo scorso promuoveva la distruzione della forma; si vuole convertire in una democrazia scusandosi per il ritardo con i giacobini; fa spazio alle donne e le prime femministe sono già morte da anni.
È una Chiesa, questa, tra i cui discepoli si vuole pescare il nuovo Vicario di Cristo, che ha fatto obiezione di coscienza sulla trascendenza, sulla metafisica, sullo spirito e infine su Cristo stesso. Una Chiesa, esistita da decenni e che con papa Francesco è passata dall’opposizione al governo, irenista perché inneggia al disarmo culturale, all’abbandono della difesa di qualsiasi identità: culturale, antropologica, filosofica e prima di tutto religiosa. Una Chiesa irriconoscibile perché imago mundi.
Sul secondo fronte, invece, troviamo una Chiesa militante nel mondo e che indossa una divisa ben diversa da quella dei suoi nemici. Corregge gli errori perché consapevole di essere posseduta dalla Verità e che la vita inizia qui e continua senza fine in un Aldilà che può essere letale per molti. Preferisce il martirio all’acquiescenza perché è meglio perdere la vita, la professione, il prestigio, il potere che la fede. Incardina tutto su Dio e sulle sue esigenze perché conscia che queste ultime sono «la porta stretta» attraverso la quale di certo non passeranno «tutti, tutti, tutti», ma solo coloro che avranno fatto una severa cura dimagrante a base di preghiera, sacramenti e carità, smaltendo chili e chili di peccato. Una Chiesa che sa che non sarà culturalmente irrilevante perché tutti sono alla ricerca del senso ultimo del proprio vivere e di un’opportunità di riscatto e Cristo è la risposta a tutto ciò; e se verrà comunque messa ai margini si sentirà ancor più vicina al suo fondatore che fu messo in croce. Una Chiesa che vuole convertire il mondo a Dio, compresi i migranti musulmani ed Emma Bonino, e che non vuole convertirsi al pacifismo, all’ambientalismo e al pauperismo; disposta anche a diventare la Chiesa del silenzio perché a volte dialogo e diavolo hanno tra loro inquietanti assonanze e comunanze; universale perché cattolica e non universale perché abbraccia l’universo di idee esistenti; comprensiva, ma non omnicomprensiva; amorevole ma che non vuole fare l’amante di nessuno perché lei è sposa fedele di Cristo; segno di contraddizione perché gli opposti come l’amore e l’omosessualità, Cristo e il pluralismo religioso, sono inconciliabili; dogmatica perché il pensiero di Dio è vero e immutabile; pronta allo scontro e non all’incontro perché «il mondo vi odia» (Gv 15, 19); irriducibile nei canoni secolari ma comunicabile verso i cuori di tutti. In definitiva, una Chiesa cattolica.
Come riconoscere sin da subito se il Papa che verrà eletto apparterrà alla Chiesa di Cristo o alla chiesa del mondo? Il primo ci saluterà con «Sia lodato Gesù Cristo» e noi risponderemo: «Sempre sia lodato». Il secondo ci saluterà con «Buonasera» e noi risponderemo sconsolati: «Buonanotte».