Sant'Ignazio e il primato della vita eterna
Sant'Ignazio di Antiochia e il suo martirio scandaloso per la mentalità del mondo ma non agli occhi cristiani dal quale traspare un messaggio: la vita in questa terra non è tutto.
Negli ultimi cinque anni, avendo un Papa gesuita, si è parlato molto di Sant’Ignazio di Loiola, che fu certamente un grande santo. Ma c’è un altro grande Ignazio, che la Chiesa celebra il 17 ottobre: Sant’Ignazio di Antiochia.
Questo santo vescovo del primo secolo, successore di Pietro sulla cattedra di Antiochia, mi ha sempre ispirato una naturale simpatia, perché è stato per me costante richiamo su un fatto che è scandaloso per la mentalità del mondo ma non lo è agli occhi cristiani: la vita in questa terra non è tutto. Se fosse tutto, come disse un conferenziere che ascoltai molti decenni fa, allora i martiri erano degli stupidi? Perché essi sacrificarono la propria vita terrena per qualcosa che ritenevano molto più prezioso, la vita eterna. Certo non vediamo questa vita eterna con i nostri occhi terreni, quindi ci è naturale cercare la gioia nelle cose del mondo. Non è sbagliato gioire delle cose del mondo, del dono della vita, quando però si capisce che essa ha valore e va difesa solo quando ha il suo ultimo orientamento in Dio.
Ignazio di Antiochia ci arriva attraverso le sue Lettere. Nella Lettera agli Efesini parla dell’importanza, con una bella metafora musicale, dell’unione necessaria del clero con il vescovo: “Conviene procedere d'accordo con la mente del vescovo, come già fate. Il vostro presbiterato ben reputato degno di Dio è molto unito al vescovo come le corde alla cetra. Per questo dalla vostra unità e dal vostro amore concorde si canti a Gesù Cristo. E ciascuno diventi un coro, affinché nell'armonia del vostro accordo prendendo nell'unità il tono di Dio, cantiate ad una sola voce per Gesù Cristo al Padre, perché vi ascolti e vi riconosca, per le buone opere, che siete le membra di Gesù Cristo. È necessario per voi trovarvi nella inseparabile unità per essere sempre partecipi di Dio”. Bel passaggio, molto noto, che non invita però ad una obbedienza cieca e va letto come conseguenza di quanto lo precede: “Non vi comanderò come se fossi qualcuno. Se pur sono incatenato nel Suo nome, non ancora ho raggiunto la perfezione in Gesù Cristo. Solo ora incomincio a istruirmi e parlo a voi come miei condiscepoli. Bisogna che da voi sia unto di fede, di esortazione, di pazienza e di magnanimità. Ma poiché la carità non mi lascia tacere con voi, voglio esortarvi a comunicare in armonia con la mente di Dio. E Gesù Cristo, nostra vita inseparabile, è il pensiero del Padre, come anche i vescovi posti sino ai confini della terra sono nel pensiero di Gesù Cristo”. Solo i vescovi che sono “in armonia con la mente di Dio” e ci presentano il suo insegnamento attraverso la Sacra Scrittura e la Santa Tradizione rappresentano il tipo drl vescovo cattolico. Gli altri sono solo “qualcuno”.
Nella sua Lettera ai Romani ecco questo passaggio, molto noto: “Scrivo a tutte le Chiese e annunzio a tutti che io muoio volentieri per Dio, se voi non me lo impedite. Vi prego di non avere per me una benevolenza inopportuna. Lasciate che sia pasto delle belve per mezzo delle quali mi è possibile raggiungere Dio. Sono frumento di Dio e macinato dai denti delle fiere per diventare pane puro di Cristo. Piuttosto accarezzate le fiere perché diventino la mia tomba e nulla lascino del mio corpo ed io morto non pesi su nessuno. Allora sarò veramente discepolo di Gesù Cristo, quando il mondo non vedrà il mio corpo. Pregate il Signore per me perché con quei mezzi sia vittima per Dio. Non vi comando come Pietro e Paolo. Essi erano apostoli, io un condannato; essi erano liberi io a tuttora uno schiavo. Ma se soffro sarò affiancato in Gesù Cristo e risorgerò libero in lui. Ora incatenato imparo a non desiderare nulla”.
Come questo stride con la mentalità del mondo! L’invocare il martirio, quasi avendo benevolenza per chi lo procura (ma inconsapevolmente, come le bestie) per amore di un bene più grande. Un poco prima di congedarsi afferma: “Non voglio più vivere secondo gli uomini. Questo sarà se voi lo volete. Vogliatelo perché anche voi potreste essere voluti da Lui. Ve lo chiedo con poche parole. Credetemi, Gesù Cristo vi farà vedere che io parlo sinceramente; egli è la bocca infallibile con la quale il Padre ha veramente parlato. Chiedete per me che lo raggiunga. Non ho scritto secondo la carne, ma secondo la mente di Dio. Se soffro mi avete amato, se sono ricusato, mi avete odiato”. Certo a noi è difficile vivere secondo la mente di Dio. Ecco perché leggere e rileggere le Lettere di Ignazio di Antiochia è per noi più che mai importante.