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Santi Cirillo e Metodio

Nello stesso giorno di san Valentino, martirizzato a Roma, la Chiesa celebra la festa dei santi fratelli Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi e proclamati compatroni d’Europa da san Giovanni Paolo II.

Santo del giorno 14_02_2023 English Español

Nello stesso giorno di san Valentino, vescovo di Terni e martirizzato a Roma, la Chiesa celebra la festa dei santi fratelli Cirillo e Metodio, evangelizzatori dei popoli slavi e proclamati compatroni d’Europa da Giovanni Paolo II, con la lettera apostolica Egregiae Virtutis del 31 dicembre 1980. Nel 1985 il santo pontefice polacco dedicò ai due anche un’enciclica (come già aveva fatto Leone XIII), la Slavorum Apostoli, in cui scrisse che «Cirillo e Metodio sono come gli anelli di congiunzione, o come un ponte spirituale tra la tradizione orientale e la tradizione occidentale, che confluiscono entrambe nell’unica grande Tradizione della Chiesa universale. Essi sono per noi i campioni ed insieme i patroni dello sforzo ecumenico delle Chiese sorelle d’Oriente e d’Occidente, per ritrovare mediante il dialogo e la preghiera l’unità visibile nella comunione perfetta e totale […]. L’unità è l’incontro nella verità e nell’amore, che ci sono donati dallo Spirito».

Cirillo e Metodio nacquero a Tessalonica (l’odierna Salonicco) da una nobile famiglia. Il padre era il drungario, un governatore militare, della città greca, dove allora c’era una forte presenza slava, fatto che li facilitò nell’acquisire dimestichezza con la lingua parlata da quei popoli. Metodio (c. 815/820-885) era il fratello maggiore e ottenne presto la carica di arconte, che in breve tempo abbandonò per ritirarsi in un monastero in Bitinia. Costantino, che in seguito prenderà il nome religioso di Cirillo (c. 827-869), studiò a Costantinopoli filosofia e teologia e diede prova del suo genio linguistico: oltre al greco e allo slavo, parlava l’arabo, l’ebraico e il siriaco. Ricevette gli ordini sacri e il patriarca di Costantinopoli lo volle come segretario, ma presto Cirillo preferì ritirarsi in un monastero sul Mar Nero, in cui visse alcuni mesi prima di tornare a Costantinopoli per insegnare filosofia, meritando l’appellativo di «Filosofo».

Le vite di Cirillo e Metodio, in seguito, si ricongiunsero. Ai due fratelli furono affidate diverse missioni, tra cui quella che per loro significò la svolta: Rastislav, sovrano della Grande Moravia, chiese all’imperatore bizantino Michele III «un vescovo e maestro […] che fosse in grado di spiegare loro la vera fede cristiana nella loro lingua». I due santi giunsero in quel territorio - che all’epoca includeva la Repubblica Ceca, la Slovacchia, l’Ungheria e porzioni di Austria, Croazia, Germania, Polonia, Romania, Slovenia, Serbia e Ucraina - verso l’863, portandovi dei testi della Bibbia da loro tradotti in slavo antico e scritti in un nuovo alfabeto, che era stato elaborato direttamente da Cirillo, con l’aiuto di Metodio. Quell’alfabeto fu detto glagolitico (da glagol, «parola»), dal quale deriva il cirillico, così chiamato proprio dal nome del santo. I due fratelli dedicarono tutti i loro talenti ed energie all’evangelizzazione di quelle terre, sopportando pazientemente certe incomprensioni con il clero tedesco, assieme a varie altre sofferenze.

Niccolò I (†867), al quale portarono in dono le reliquie di san Clemente, li convocò a Roma per discutere la questione dell’uso liturgico della lingua slava, convincendosi presto della bontà della loro opera. Il suo successore Adriano II (†872) approvò i libri liturgici slavi e, durante il suo pontificato, Cirillo emise i voti religiosi e indossò l’abito monastico, morendo a Roma il 14 febbraio 869. L’attività apostolica di Metodio continuò. Fu consacrato vescovo di Sirmio, nell’antica Pannonia, ma dovette subire due anni di prigionia, dalla quale venne liberato per l’intervento personale di papa Giovanni VIII. Anche il nuovo sovrano della Grande Moravia, Svatopluk, lo contrastò e arrivò a insinuare dubbi sulla sua ortodossia, ma l’incontro con Giovanni VIII servì a riabilitarlo del tutto dalle false accuse che gli erano state mosse dal sovrano. Poté così proseguire il suo apostolato tra gli slavi, fino alla morte sopraggiunta il 6 aprile 885.

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