Sant'Alfonso, modello di nuova evangelizzazione
Il Papa dedica la catechesi a sant'Alfonso Maria de' Liguori, teologo, predicatore e vescovo, proclamato da Pio XII «Patrono di tutti i confessori e i moralisti».
Proseguendo nel ciclo di catechesi sui santi del XVII e XVIII secolo, Benedetto XVI ha presentato il 30 marzo la figura di sant'Alfonso Maria de' Liguori (1696-1787), un santo di rara completezza che fu insieme grande teologo moralista, predicatore e vescovo, evangelizzatore delle persone più semplici nel Meridione d'Italia e sacerdote molto attento alla forza evangelizzatrice della cultura popolare, tanto che - come il Papa ha ricordato - «è l'autore delle parole e della musica di uno dei canti natalizi più popolari in Italia e non solo: Tu scendi dalle stelle».
Di nobile famiglia napoletana, dotatissimo per gli studi, a soli sedici anni era già laudari in diritto civile e canonico. «Era l’avvocato più brillante del foro di Napoli: per otto anni vinse tutte le cause che difese». Ma - già allora - non era tutto oro quello che sembrava luccicare nei tribunali. «Nel 1723, indignato per la corruzione e l’ingiustizia che viziavano l’ambiente forense, abbandonò la sua professione - e con essa la ricchezza e il successo - e decise di diventare sacerdote, nonostante l’opposizione del padre».
Con lo stesso zelo con cui aveva studiato il diritto, studiò tutti i campi della teologia, della storia della Chiesa, della spiritualità. Nel 1726 fu ordinato sacerdote. Nell'ambito della Congregazione diocesana delle Missioni Apostoliche, scelse di evangelizzare «gli strati più umili della società napoletana, a cui amava predicare, e che istruiva sulle verità basilari della fede. Non poche di queste persone, povere e modeste, a cui egli si rivolgeva, molto spesso erano dedite ai vizi e compivano azioni criminali. Con pazienza insegnava loro a pregare, incoraggiandole a migliorare il loro modo di vivere».
Il risultato fu a dir poco straordinario: «nei quartieri più miseri della città si moltiplicavano gruppi di persone che, alla sera, si riunivano nelle case private e nelle botteghe, per pregare e per meditare la Parola di Dio, sotto la guida di alcuni catechisti formati da Alfonso e da altri sacerdoti, che visitavano regolarmente questi gruppi di fedeli. Quando, per desiderio dell’arcivescovo di Napoli, queste riunioni vennero tenute nelle cappelle della città, presero il nome di "cappelle serotine". Esse furono una vera e propria fonte di educazione morale, di risanamento sociale, di aiuto reciproco tra i poveri: furti, duelli, prostituzione finirono quasi per scomparire».
Questa azione del giovane sant'Alfonso, ha detto il Papa, ha molto da insegnarci: è un modello per l'attuale progetto della nuova evangelizzazione. «Anche se il contesto sociale e religioso dell’epoca di sant’Alfonso era ben diverso dal nostro, le "cappelle serotine" appaiono un modello di azione missionaria a cui possiamo ispirarci anche oggi per una "nuova evangelizzazione", particolarmente dei più poveri, e per costruire una convivenza umana più giusta, fraterna e solidale». E nel santo napoletano è assente ogni clericalismo. Aveva ben chiaro che «ai sacerdoti è affidato un compito di ministero spirituale, mentre laici ben formati possono essere efficaci animatori cristiani, autentico lievito evangelico in seno alla società».
Da questo giovanile periodo napoletano il santo apprende l'arte di evangelizzare, che pensa però di applicare in altri ambiti. «Dopo aver pensato di partire per evangelizzare i popoli pagani, Alfonso, all’età di 35 anni, entrò in contatto con i contadini e i pastori delle regioni interne del Regno di Napoli e, colpito dalla loro ignoranza religiosa e dallo stato di abbandono in cui versavano, decise di lasciare la capitale e di dedicarsi a queste persone, che erano povere spiritualmente e materialmente», per i cui bisogni nel 1732 fondò la Congregazione religiosa del Santissimo Redentore, i Redentoristi.
Nel 1762 fu nominato Vescovo di Sant’Agata dei Goti, ministero che, in seguito alle malattie che lo tormentavano, lasciò nel 1775, per concessione del Papa Pio VI (1717-1799). «Lo stesso Pontefice, nel 1787, apprendendo la notizia della sua morte, avvenuta dopo molte sofferenze, esclamò: "Era un santo!". E non si sbagliava».
Sant'Alfonso de' Liguori è anzitutto uno dei più grandi teologi morali, se non il più grande, della storia della Chiesa, il cui ricchissimo insegnamento - ha detto il Papa - «esprime adeguatamente la dottrina cattolica, al punto che fu proclamato dal Papa Pio XII [1876-1958] "Patrono di tutti i confessori e i moralisti"».
La teologia morale di sant'Alfonso si precisa nella lunga controversia con il rigorismo dei giansenisti. «Ai suoi tempi - spiega il Papa - si era diffusa un’interpretazione molto rigorista della vita morale anche a motivo della mentalità giansenista che, anziché alimentare la fiducia e la speranza nella misericordia di Dio, fomentava la paura e presentava un volto di Dio arcigno e severo, ben lontano da quello rivelatoci da Gesù. Sant’Alfonso, soprattutto nella sua opera principale intitolata "Teologia Morale", propone una sintesi equilibrata e convincente tra le esigenze della legge di Dio, scolpita nei nostri cuori, rivelata pienamente da Cristo e interpretata autorevolmente dalla Chiesa, e i dinamismi della coscienza e della libertà dell’uomo, che proprio nell’adesione alla verità e al bene permettono la maturazione e la realizzazione della persona».
Questo insegnamento teorico diventa subito suggerimento pratico. «Ai pastori d’anime e ai confessori Alfonso raccomandava di essere fedeli alla dottrina morale cattolica, assumendo, nel contempo, un atteggiamento caritatevole, comprensivo, dolce perché i penitenti potessero sentirsi accompagnati, sostenuti, incoraggiati nel loro cammino di fede e di vita cristiana. Sant’Alfonso non si stancava mai di ripetere che i sacerdoti sono un segno visibile dell’infinita misericordia di Dio, che perdona e illumina la mente e il cuore del peccatore affinché si converta e cambi vita».
Non si tratta di problemi solo del Settecento. «Nella nostra epoca, in cui vi sono chiari segni di smarrimento della coscienza morale e – occorre riconoscerlo – di una certa mancanza di stima verso il Sacramento della Confessione, l’insegnamento di sant’Alfonso è ancora di grande attualità».
Ma sant'Alfonso, Dottore della Chiesa, non è stato solo eminente teologo. I suoi sussidi per la preghiera, molto semplici e gradevoli, «hanno contribuito a plasmare la spiritualità popolare degli ultimi due secoli. Alcune di esse sono testi da leggere con grande profitto ancor oggi, come "Le Massime eterne", "Le glorie di Maria", "La pratica d’amare Gesù Cristo", opera – quest’ultima – che rappresenta la sintesi del suo pensiero e il suo capolavoro».
Come tutti gli altri santi presentati nelle catechesi del Papa, che non si stanca di tornare sempre sul punto, sant'Alfonso «insiste molto sulla necessità della preghiera, che consente di aprirsi alla Grazia divina per compiere quotidianamente la volontà di Dio e conseguire la propria santificazione. Riguardo alla preghiera egli scrive: "Dio non nega ad alcuno la grazia della preghiera, con la quale si ottiene l’aiuto a vincere ogni concupiscenza e ogni tentazione. E dico, e replico e replicherò sempre, sino a che avrò vita, che tutta la nostra salvezza sta nel pregare". Di qui il suo famoso assioma: "Chi prega si salva" ("Del gran mezzo della preghiera e opuscoli affini. Opere ascetiche II", Roma 1962, p. 171)».
Non si può trascurare, ha detto il Papa, di ricordare il ruolo privilegiato che per sant'Alfonso ha l'adorazione eucaristica. «Tra le forme di preghiera consigliate fervidamente da sant’Alfonso spicca la visita al Santissimo Sacramento o, come diremmo oggi, l’adorazione, breve o prolungata, personale o comunitaria, dinanzi all’Eucaristia. "Certamente – scrive Alfonso – fra tutte le devozioni questa di adorare Gesù sacramentato è la prima dopo i sacramenti, la più cara a Dio e la più utile a noi... Oh, che bella delizia starsene avanti ad un altare con fede... e presentargli i propri bisogni, come fa un amico a un altro amico con cui si abbia tutta la confidenza!" ("Visite al SS. Sacramento ed a Maria SS. per ciascun giorno del mese. Introduzione")».
Il Signore e la Madonna sono al centro della spiritualità raccomandata da sant'Alfonso. «La spiritualità alfonsiana è infatti eminentemente cristologica, centrata su Cristo e il Suo Vangelo. La meditazione del mistero dell’Incarnazione e della Passione del Signore sono frequentemente oggetto della sua predicazione. In questi eventi, infatti, la Redenzione viene offerta a tutti gli uomini "copiosamente". E proprio perché cristologica, la pietà alfonsiana è anche squisitamente mariana. Devotissimo di Maria, egli ne illustra il ruolo nella storia della salvezza: socia della Redenzione e Mediatrice di grazia, Madre, Avvocata e Regina. Inoltre, sant’Alfonso afferma che la devozione a Maria ci sarà di grande conforto nel momento della nostra morte. Egli era convinto che la meditazione sul nostro destino eterno, sulla nostra chiamata a partecipare per sempre alla beatitudine di Dio, come pure sulla tragica possibilità della dannazione, contribuisce a vivere con serenità ed impegno, e ad affrontare la realtà della morte conservando sempre piena fiducia nella bontà di Dio».
Un ultimo aspetto che il Papa ha voluto sottolineare è che il santo «analogamente a san Francesco di Sales [1567-1622] – di cui ho parlato qualche settimana fa – insiste nel dire che la santità è accessibile ad ogni cristiano: "Il religioso da religioso, il secolare da secolare, il sacerdote da sacerdote, il maritato da maritato, il mercante da mercante, il soldato da soldato, e così parlando d’ogni altro stato" ("Pratica di amare Gesù Cristo. Opere ascetiche I", Roma 1933, p. 79)». Questa convergenza fra il savoiardo Francesco di Sales e il napoletano sant'Alfonso non può sorprendere. Infatti il Signore «suscita santi e dottori in luoghi e tempi diversi, che parlano lo stesso linguaggio per invitarci a crescere nella fede e a vivere con amore e con gioia il nostro essere cristiani nelle semplici azioni di ogni giorno, per camminare sulla strada della santità, sulla strada strada verso Dio e verso la vera gioia».