Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Cecilia a cura di Ermes Dovico

Santa Maddalena di Canossa

Prima di fondare le Figlie della Carità, poi dette Canossiane, aveva cercato di comprendere la sua vocazione affidandosi a un direttore spirituale. Si inteneriva quando sentiva parlare di «Divina Gloria» e al crescere del suo amore per il Crocifisso iniziò a raccogliere le ragazzine dalla strada e a visitare gli ammalati

Santo del giorno 10_04_2024 English Español

Appartenente a una famiglia di antichissima nobiltà, santa Maddalena di Canossa (1774-1835) trovò la sua felicità perfetta nel seguire Cristo e servire gli ultimi.

Era la terzogenita del marchese Ottavio di Canossa e della contessa Teresa Szluha. Rimase orfana del padre a soli cinque anni e a sette fu di fatto abbandonata dalla madre, che si risposò andando a vivere con il nuovo marito. Suo tutore, intanto, era diventato uno zio che affidò l’educazione di Maddalena e degli altri nipoti a due precettori: un’istitutrice francese, che ebbe rapporti pessimi con i suoi educandi, e don Pietro Rossi. Nell’adolescenza fu colpita da una gravissima malattia. Ne guarì verso i 15 anni, uscendone «completamente rafforzata nell’intenzione di rimanere nello stato verginale», come ricorderà nelle sue Memorie, scritte per obbedienza.

Confidò a don Pietro la decisione di consacrarsi a Dio, iniziando a leggere le Regole di alcuni ordini religiosi. Nel 1791 decise di ritirarsi tra le carmelitane del monastero veronese di Santa Teresa, dove rimase circa 10 mesi. Sebbene attratta dalla spiritualità del Carmelo, scoprì che la vita claustrale non era fatta per lei. Dopo un secondo tentativo in un altro monastero, in cui stette appena tre giorni, si affidò a un direttore spirituale, cercando di comprendere la propria vocazione. Durante una Santa Messa, alla lettura del Libro di Tobia avvertì un intenso moto interiore verso le opere di carità. In un’altra occasione, recitando un passo del Salmo 50, «insegnerò ai ribelli le Tue vie», si sentì chiamata a istruire il prossimo sulle verità di fede. Si inteneriva quando sentiva parlare di «Divina Gloria». Al crescere del suo amore per il Crocifisso iniziò a raccogliere le ragazzine dalla strada e a visitare gli ammalati.

Per alcuni anni visse facendo la spola tra palazzo Canossa e diverse contrade di Verona, dove si trovavano le case che aveva preso in affitto per le sue giovani. L’8 maggio 1808, vinte le ultime resistenze familiari, poté trasferirsi con le sue compagne al monastero dei Santi Giuseppe e Fidenzio, che era stato chiuso per decreto napoleonico due anni prima ma che Maddalena riuscì a far risorgere, dopo averne faticosamente ottenuto la cessione dalla prefettura. Fu quello l’atto di inizio delle Figlie della Carità, poi dette Canossiane (oggi diffuse nei cinque continenti), indirizzate a istruire i poveri, visitare gli infermi e insegnare la dottrina cristiana. Lei stessa ne scrisse la Regola. Procurò catechismi e diffuse il culto del Santissimo Sacramento. Propagò il suo carisma, fondando altre case a Venezia (1812), Milano (1816), Bergamo (1820) e Trento (1828). Si preoccupò anche di istituire il ramo maschile.

Dalla sua vasta opera scritta, ricca di circa 3.000 lettere, emerge il grande amore per la Chiesa e la sollecitudine per la salvezza delle anime, fino al punto da offrirsi in sacrificio per i peccatori. Devotissima a Maria, indossava una grande medaglia con l’immagine della Vergine Addolorata sul recto e i simboli della Passione sul verso. Pio XII l’ha beatificata e Giovanni Paolo II, nel 1988, l’ha proclamata santa. Disse Wojtyla: «A considerare la vita di Maddalena di Canossa, si direbbe che la carità come una febbre l’abbia divorata: la carità verso Dio, spinta fino alle vette più alte dell’esperienza mistica; la carità verso il prossimo, portata fino alle estreme conseguenze del dono di sé agli altri».