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Santa Luisa de Marillac: la luce di Pentecoste

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La santa francese, che insieme a Vincenzo de' Paoli fonderà le Figlie della Carità, è destinataria di una particolare grazia che la conduce al completo abbandono allo Spirito del Signore. La sua relazione con la Terza Persona della Trinità è intima e concreta, ma tutt'altro che privata, poiché coinvolge l'intera Chiesa.

Ecclesia 15_03_2023

«Apparentemente viveva all’esterno in una grande attività di direzione e di amministrazione che consisteva nel vedere molte persone, scrivere molte lettere e trattare nei particolari le questioni più varie. Ma per un moto naturale si ritirava all’interno appena era libera, e le sue frequenti visite nella sua celletta interiore bastavano a mantenere una vita costante anche quando non ne aveva coscienza. Questo atteggiamento era un dono naturale», così Jean Calvet scrive nel suo Ritratto (Edizioni Vincenziane, Roma, 1961) di santa Luisa de Marillac della quale oggi ricorre la memoria liturgica.

La sua è stata una vita interiore profondamente segnata dall’ascolto dello Spirito Santo e la «celletta» a cui fa riferimento Calvet altro non era che il rifugio in cui la santa trovava Dio e sé stessa, «sé stessa di fronte a Dio»: della santa francese, di fatti, si può parlare di un’ascesi mistica a tutti gli effetti poiché il suo cammino umano è stato segnato, in più tappe, proprio dalla forza divina dello Spirito Santo. Basterebbe pensare all’inizio di tutto il suo percorso spirituale: la famosa «Luce di Pentecoste» del 1623.

La giovane Luisa si trovava nel periodo più angoscioso della vita: il marito, Antoine Le Gras, segretario della famiglia de’ Medici – che aveva sposato non per sua volontà ma per convenzione sociale – era gravemente malato. Al momento del matrimonio – avvenuto il 5 febbraio del 1613 – il suo intimo pensiero era ben altro: essere completamente del Signore. In quella Pentecoste del 1623, visto le condizioni di salute del marito, il pensiero di farsi sposa del Signore si ripresenta così con grande forza provocando a Luisa un forte turbamento d’animo. Ed è su questi avvenimenti, su questi pensieri dell'anima, che Luisa  cerca la tanto sospirata Luce dal Signore.

A questo punto si presenta una illuminazione che lei stessa descriverà nei suoi Scritti, testimonianza preziosa del suo itinerarium mentis in Deum, con queste parole: «Il giorno di Pentecoste, durante la santa messa che ascoltavo a san Nicola des Champs, tutto a un tratto la mia mente fu nella luce. Fui interiormente avvertita che dovevo rimanere con mio marito e che sarebbe venuto un tempo in cui sarei stata nella condizione di fare i tre voti di povertà, castità e obbedienza, insieme ad altre persone che li avrebbero fatti con me. Compresi che doveva essere in un luogo per soccorrere il prossimo». Ma nella stessa intuizione dettata dallo Spirito, a Luisa si presenta – per la prima volta – anche la figura di chi sarà per lei, padre e amico, prezioso confidente e guida spirituale, san Vincenzo de’ Paoli con il quale fonderà – nel 1642 - le Figlie della Carità: «Fui inoltre assicurata che dovevo star tranquilla per il mio direttore: ci avrebbe pensato Dio a darmene uno che allora mi fece vedere».

Quella Pentecoste del 1623 segnerà, dunque, non solo la visione della luce descritta, ma qualcosa di più profondo, più intimo: da quel giorno, l’animo di Luisa sarà in completo abbandono allo Spirito del Signore. Un evento, così fondamentale, da essere ricordato ogni anno, da celebrarlo con un ritiro che la santa francese faceva annualmente nel periodo dell’Ascensione: dieci giorni nei quali invocare i sette doni dello Spirito al quale «le anime veramente povere e desiderose di servire Dio» devono guardare e avere fiducia piena per poter «fare la santissima volontà di Dio». Questo sarà lo scopo di tutta la sua esistenza –  «fare la santissima volontà di Dio» – e a questa idea farà convergere ogni sua forza mentale e del corpo, ogni suo desiderio. 

«Se io non me ne andrò non verrà a voi il Consolatore, ma quando me ne sarò andato, ve lo manderò», queste parole di Cristo rivolte agli apostoli – contenute nel Vangelo di Giovanni – diventano per la santa motivo di riflessione: «Egli m’insegna il distacco generale da tutte le creature e persino dalla dolcezza della sua presenza, perché lo Spirito Santo, trovando l’anima mia vuota da ogni impedimento, sgombra da qualsiasi ostacolo, possa riempirla dei suoi doni, trarla dai suoi languori, e renderla attiva e vigilante con la sua virtù». È questa una fine e diretta meditazione di Luisa che riesce a fornire a noi contemporanei una sorta di vademecum sul come poter essere in ascolto dello Spirito: privarsi di tutto per poter far entrare l’unico Tutto davvero importante, la voce di Dio.

Ma, in questi alti e così metafisici pensieri, ciò che sorprende di più è che la santa riesce a fornirci anche un aspetto “concreto” di cosa voglia dire seguire lo Spirito Santo. E, ancor più precisamente, di come il seguirLo riesca a influenzare in maniera concreta le nostre azioni. Scrive, infatti, sempre nelle sue meditazioni: «Tutti i disordini della vita dipendono dal non esserci dati interamente a Dio nel ricevere lo Spirito Santo; e, in effetti, si nota uno strano contrasto fra quelli che hanno accolto i suoi doni e quelli che non li hanno accolti: le azioni di quest’ultimi sono tutte terrestri».

Ma per santa Luisa de Marillac il dialogo con lo Spirito non è solo “cosa privata” perché si avvale anche di un dimensione più universale, una dimensione che coinvolge in prima persona tutta la Chiesa. L’anima della santa si rivolge proprio a quest’ultima affinché possa abbeverarsi sempre di più alla fonte d’amore dello Spirito: «Quanto ho sospirato che lo Spirito Santo perfezioni continuamente la Chiesa, secondo il desiderio del Figlio di Dio che, lasciandola per salire al cielo, aveva affermato ch’essa ne avrebbe avuto bisogno». La Chiesa a cui pensa è quella in cui la Santissima Trinità riesce a fecondarla per renderla «Madre dei credenti». E lo “strumento” per poter rendere la Chiesa così feconda risiede nello Spirito che offre «la sicurezza delle verità che il Verbo incarnato le ha insegnato». 

Un Verbo incarnato che si è fatto Eucaristia per tutti. Prima di riceverLa, santa Luisa Maria de Marillac recitava una preghiera – scritta di suo pugno – nella quale il “protagonista” è proprio lo Spirito Santo che è «amore del Padre e del Figlio»: la santa lo invoca per purificare e «abbellire» la sua anima affinché possa «riceverlo a sua gloria» e a sua «salvezza».