Santa Croce, museo fiorentino a portata di tutti
La presenza delle numerose opere d’arte che costituiscono il tesoro di questa basilica hanno comportato la decisione di trasformare l’intero complesso in Museo. Ma la basilica resta, innanzitutto, una chiesa francescana, luogo di culto e di trasmissione della fede cristiana anche attraverso l’arte.
Inserita in un’edicola rinascimentale l’Annunciazione Cavalcanti racconta con grande serenità l’incontro sacro. I due protagonisti sono ad altorilievo, su uno sfondo, decorato con cornici e girali di gusto ellenistico, che rimanda al giardino chiuso, l’hortus conclusus, simbolo della verginità di Maria. La fanciulla tiene tra le mani il consueto libro, perché fu in quell’istante che si compirono le Sacre Scritture. L’angelo, inginocchiato di fronte a Lei, La guarda con timidezza, la bocca leggermente dischiusa nell’atto di pronunciare il divino annuncio. L’opera, commissionata al grande scultore Donatello in una data su cui gli studi critici non sono unanimemente concordi, è uno dei tanti capolavori che ornano la basilica di Santa Croce a Firenze, la più grande chiesa francescana del mondo, splendido esempio di gotico italiano.
La Basilica sorge sul luogo dove San Francesco e un drappello di suoi seguaci, essendosi stabiliti in città, avevano edificato un piccolo oratorio tra il 1226 e il 1228. Presto si sentì la necessità di ampliare l’edificio e una nuova grande chiesa venne eretta, grazie al contributo della popolazione della Repubblica Fiorentina, nel 1295. Il progetto è tradizionalmente attribuito ad Arnolfo di Cambio che non riuscì, finché in vita, a completare i lavori. Presumibilmente la costruzione fu compiuta, infatti, nel 1395 e solo nel 1443 il Cardinale Bessarione consacrò la nuova chiesa
Il prospetto principale rimase incompiuto fino a metà dell’Ottocento quando l’architetto Matas lo realizzò a tre cuspidi e marmi policromi, seguendo l’antico progetto, mai realizzato, di Simone del Pollaiolo. Fino ad allora il paramento in pietraforte era impreziosito solo dal monogramma di Cristo e, sopra il portone centrale, dal San Ludovico di Tolosa di Donatello, precedentemente in Orsanmichele.
Lo spazio interno è a croce egizia, a tre navate separate da pilastri supportanti archi a sesto acuto, soffitto a capriate e cappelle aperte sul transetto. Proprio in quest’ultime si concentrarono le ricche donazioni delle nobili famiglie fiorentine e, quindi, i numerosi interventi di celeberrimi artisti. A cominciare da Giotto che tra il 1320 e il 1325 fu chiamato a decorare le cappelle immediatamente alla destra dell’altare maggiore dai Bardi e dai Peruzzi, che, rispettivamente, commissionarono al maestro fiorentino, ormai in tarda età, le storie di San Francesco e le storie dei SS. Giovanni, Evangelista e Battista. Entrambi i cicli, in larga parte eseguiti a secco, date le loro precarie condizioni di conservazione furono imbiancati nel corso del Settecento, riscoperti nell’Ottocento e restaurati nel secolo scorso. Al collaboratore di Giotto, Taddeo Gaddi, si devono, invece, le Storie della Vergine della Cappella Baroncelli, delle quali la scena dell’Annuncio ai Pastori è considerato il primo notturno della pittura occidentale.
Il figlio, nonché allievo, di Taddeo, Agnolo Gaddi, intorno al 1380 raccontò la Leggenda della Vera Croce sulle pareti della Cappella Maggiore per la quale disegnò anche le vetrate delle alte bifore che sottolineano la verticalità di questo ambiente gotico, al centro del quale la Croce dipinta del Maestro di Figline sovrasta il prezioso polittico dell’altare con la Vergine affiancata dai Dottori della Chiesa. Un altro collaboratore di Giotto, Maso di Banco, intorno al 1340 affrescò la cappella alla testa sinistra del transetto con le storie di San Silvestro. E’ qui che si conserva il Crocefisso di Donatello, oggetto di un noto aneddoto riportato dal Vasari secondo il quale il Brunelleschi avrebbe rimproverato al collega l’esasperato realismo della figura. Del Cristo, infatti, è accentuata la profonda sofferenza umana, resa con estrema verità.
La presenza delle numerose opere d’arte che costituiscono il tesoro di questa basilica, dei suoi chiostri e del suo antico convento, i cui ambienti secolarizzati vennero nei secoli destinati ad altri usi, hanno comportato la decisione di trasformare l’intero complesso in Museo. Ma la basilica resta, innanzitutto, una chiesa francescana, luogo di culto e di trasmissione della fede cristiana anche attraverso l’arte. Per i fedeli, dunque, esiste un ingresso privilegiato e un’area riservata alla contemplazione, alle confessioni, alla preghiera.