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San Pietro Crisologo

Per i suoi sermoni, Benedetto XIII lo ha proclamato Dottore della Chiesa

Santo del giorno 30_07_2024 English Español

L’appellativo di Crisologo, termine greco che sta per «parola d’oro», se lo meritò per l’eloquenza con cui esponeva le verità di fede. Si suppone che a darglielo fu l’imperatrice Galla Placidia (figlia di Teodosio I, l’imperatore dell’editto di Tessalonica), una fervente cristiana e figura centrale nella storia del V secolo.

San Pietro Crisologo (fine IV secolo - c. 450) era originario di Imola. Il suo padre spirituale, come emerge pure da uno dei suoi sermoni, fu il vescovo san Cornelio («a me fu padre, egli mi diede la vita per mezzo del Vangelo»), che lo battezzò, lo formò e lo ordinò diacono. Del resto della sua giovinezza non sappiamo molto altro. Le più ricche notizie su di lui riguardano il periodo del suo ministero episcopale a Ravenna, elevata a sede metropolitana della Chiesa intorno al 431 e allora capitale dell’Impero romano d’Occidente (dal 402).

Secondo la tradizione, riportata nel Liber Pontificalis Ecclesiae Ravennatis dello storico e sacerdote Andrea Agnello (IX secolo), fu papa Sisto III (432-440) a nominarlo vescovo di Ravenna dopo aver avuto una visione del futuro santo affiancato dall’apostolo san Pietro e da sant’Apollinare. Lo stesso papa lo consacrò e ne ascoltò il suo primo discorso da vescovo, tenuto in presenza anche di Galla Placidia. Questo avvenne intorno al 433.

Due anni prima, al Concilio di Efeso, era stata definita dogmaticamente la maternità divina di Maria e dichiarata eretica la dottrina di Nestorio, che si rifiutava di chiamare la Vergine Theotókos (Madre di Dio) e negava l’unione ipostatica delle due nature - umana e divina - nell’unica persona di Gesù Cristo, del quale finiva per sostenere la separazione in due persone. Negli anni seguenti sorse un’altra eresia cristologica, ossia il monofisismo dell’archimandrita Eutiche, caduto in un errore opposto a quello di Nestorio, poiché sosteneva la presenza in Cristo della sola natura divina, negando dunque tutte le sofferenze patite dal Redentore nella carne.

Nel 449, dopo che il grave errore teologico di Eutiche era stato condannato dal sinodo di Costantinopoli, l’archimandrita orientale interpellò il Crisologo in quanto metropolita della sede imperiale d’Occidente: il santo vescovo di Ravenna gli rispose ribadendo la retta dottrina cristologica e lo esortò a rivolgersi al papa (allora san Leone Magno), cioè a colui «per mezzo del quale il beato Pietro continua a insegnare, a coloro che la cercano, la verità della fede». Come a dire che il primato della Santa Sede, stabilito per volontà divina, rimaneva tale e non poteva certo essere intaccato dal declino della Roma imperiale. Proprio attraverso quel primato, nel 451, i cristiani vennero poi confermati nella fede: al Concilio di Calcedonia fu infatti letta solennemente un’epistola dogmatica di papa Leone (il Tomus ad Flavianum) che condannava il monofisismo.

Insieme a Galla Placidia, da lui definita mater christiani perennis et fidelis imperii, diede inizio all’edificazione della basilica petriana a Classe, ormai perduta. E fu sempre il santo a consacrare la chiesa di San Giovanni Evangelista, la più antica di Ravenna, voluta dalla stessa imperatrice dopo un voto fatto al discepolo prediletto di Gesù durante una tempesta in mare.

Il Crisologo morì dov’era cresciuto, a Imola, e volle essere sepolto vicino alla tomba del martire san Cassiano, patrono principale della diocesi imolese. Quasi tre secoli più tardi, il vescovo di Ravenna san Felice (†725) compilò una raccolta delle omelie del suo predecessore, per un totale di 176, sebbene in seguito l’elenco sia stato in parte rimaneggiato. Per i suoi sermoni (in cui confuta le eresie, spiega efficacemente il mistero dell’Incarnazione e il Credo apostolico, esalta san Giovanni Battista e la Beata Vergine, ricorda il sacrificio eroico di sant’Apollinare, primo vescovo di Ravenna, ecc.), san Pietro Crisologo è stato proclamato da Benedetto XIII, nel 1729, Dottore della Chiesa.