San Nicola e le mele
Ispiratore del mito di Babbo Natale, san Nicola era originario della Licia, nell’Asia Minore. Grande la sua fama di miracoli. È spesso raffigurato nell’atto di reggere tre sfere, per un prodigio tramandato dalle agiografie. Dalla principale traslazione delle sue reliquie deriva la denominazione “di Bari”.
- LA RICETTA: TORTA DI MELE DI SAN NICOLA
Il 6 dicembre si festeggia uno dei santi più famosi al mondo: san Nicola. È il santo dei doni, quello che, con le gesta a lui attribuite, ha alimentato il mito di Babbo Natale. Una delle varie tradizioni legate al suo nome vuole che san Nicola avesse l’abitudine di calare i doni dal camino, dopo aver reperito quelli che non emettevano fumo, segno inequivocabile che le famiglie che abitavano quelle case erano così povere da non potersi nemmeno scaldare in inverno.
Tuttavia, san Nicola non è solo il santo che ha ispirato la figura di Babbo Natale. Oltre a essere il patrono di molte città in tutto il mondo, è venerato come protettore di bambini, marinai, pescatori, farmacisti, profumieri, bottai, ragazze che devono sposarsi, scolari, avvocati, mercanti e commercianti. Si ritiene che sia il santo, dopo la Vergine Maria, ad aver goduto del culto più ampio nella storia della Chiesa. Lo si annovera tra i santi cosiddetti mirobliti, parola che viene dal greco μυροβλύτης e indica il fatto che il corpo emana un odore piacevole e un olio dalle proprietà miracolose, molto simile alla mirra.
Ma chi era san Nicola? Una premessa sul nome: san Nicola di Myra è detto anche “di Bari”, vedremo poi perché. Nacque a Pàtara, in Licia, regione storica dell’Asia Minore (oggi Turchia meridionale) tra il 261 e il 280 da genitori cristiani, Epifanio e Giovanna, in alcune versioni. Diventato adulto, lasciò la sua città natale e si trasferì a Myra, dove venne ordinato sacerdote. Alla morte del vescovo metropolita di Myra, venne eletto dal popolo come suo successore, per acclamazione. Nel 305, secondo alcune fonti, venne esiliato e imprigionato dal famigerato Diocleziano, fautore della Grande persecuzione che costò il martirio a tanti cristiani. Nicola sarebbe stato quindi liberato da Costantino nel 313, dopo otto anni di sofferenze.
Esiste un solo scritto biografico coevo – risalente cioè alla prima metà del IV secolo - da cui possiamo trarre date e fatti del santo: si tratta della Praxis de stratelatis. Diversi studiosi hanno datato la Praxis al VI secolo, ma elementi interni ed esterni – come riporta il sito della Basilica Pontificia a lui dedicata – portano a datarla alla prima metà del IV con sviluppi redazionali nel V secolo. Riguardo alla presenza di san Nicola al Concilio di Nicea del 325, essa è attestata in una lista del 515 d.C. circa e in una del 713 d.C. (oltre che in altri quattro elenchi più tardivi). In quel Concilio, al quale parteciparono 318 ecclesiastici, Nicola difese la retta fede, condannando l’arianesimo, l’eresia originata dalle idee del presbitero Ario che negava di fatto la divinità di Cristo e il suo essere coeterno al Padre. Altri episodi significativi sono narrati nella Vita scritta tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo da Michele Archimandrita, che si rifà a varie tradizioni della città di Myra.
A san Nicola sono attribuiti numerosi miracoli, come ad esempio l’aver strappato tre ufficiali imperiali al supplizio, placato una tempesta in mare e resuscitato tre giovani uccisi da un oste rapinatore.
Un altro famoso episodio agiografico riguarda il caso del ricco caduto in disgrazia che, non potendo più fornire alle tre figlie la dote che avrebbe permesso loro di sposarsi con dignità, stava valutando di avviarle alla prostituzione. Ma Nicola, appena venuto a conoscenza del fatto, prese la decisione di impedire il triste destino che aspettava le tre fanciulle. Secondo una delle versioni dell’accaduto, il santo di notte gettò tre mele – attraverso il camino (o un’inferriata, secondo un’altra versione) – nella casa dell’uomo: le mele si trasformarono in sfere d’oro e così le tre figlie ebbero la dote necessaria per il matrimonio. Questo prodigio è alla base della raffigurazione più ricorrente del santo, che appunto è spesso rappresentato reggendo tre sfere.
Una delle più belle (e meno conosciute) opere d’arte che lo rappresentano è un dipinto di Bicci di Lorenzo, intitolato “San Nicola e la dote” che fa parte della collezione del Metropolitan Museum di New York. Bicci di Lorenzo (1373-1452) è stato un pittore fiorentino famoso per una serie di opere sacre presenti in molti luoghi di culto e nei musei del mondo intero.
Grazie alla sua fama di miracoli, Nicola, nell’anno Mille, era già popolarissimo in tutta Europa. Col passare dei secoli, la sua fama attraversò anche l’oceano: dall’Olanda (dove per una “licenza” linguistica era diventato “Sinterklaas”) arrivò nel Nuovo Mondo, dove ispirò il mito di “Santa Claus” (ricordiamo che sono stati gli olandesi a fondare sull’isola di Manhattan, nel 1625, la città di Nieuw Amsterdam, l’odierna New York).
Vediamo in breve la questione delle reliquie e del toponimo a lui legato. Nicola è chiamato anche “di Bari”, benché non sia né nato né morto in quella città. Dopo la sua morte – avvenuta il 6 dicembre, presumibilmente del 343 – la gran parte delle reliquie rimase fino al 1087 nella Cattedrale di Myra, città che nel frattempo era caduta in mano ai musulmani. In quell’epoca ci furono due traslazioni dall’Oriente all’Occidente. La prima ebbe per protagonisti una sessantina di marinai di Bari, che organizzarono una spedizione marittima, riuscirono a sottrarre le ossa di san Nicola e le portarono nella loro città il 9 maggio 1087. Qui furono provvisoriamente affidate a un monastero benedettino e poi trasferite, l’1 ottobre 1089, nella cripta dell’odierna Basilica di San Nicola, allora in fase di costruzione; a presiedere il rito della traslazione c’era papa Urbano II. Da questi fatti origina la denominazione “di Bari”.
I marinai baresi, comunque, non avevano preso le ossa più piccole, che erano custodite in un ambiente secondario e furono recuperate in una successiva spedizione, nel 1099-1100, da marinai veneziani: queste ossa sono oggi custodite a Venezia, nella chiesa di San Nicolò del Lido.