San Giuseppe di Anchieta, il poeta di Maria
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Originario delle Canarie, entrò tra i gesuiti, partendo missionario a 19 anni alla volta del Brasile. Vi rimarrà per oltre 43 anni, fino alla morte. Compose uno splendido Poema alla Vergine Maria, che nacque da un voto fatto alla Madre di Dio.
Il Paradiso, mirabile poema composto da Dio, popolato da persone che nella vita hanno testimoniato la bellezza del Vangelo divenendo loro stessi versi affascinanti iscritti, per sempre, nella storia della Chiesa. E di versi ne ha scritti davvero tanti lo spagnolo san Giuseppe di Anchieta (1534 - 1597), del quale oggi ricorre la memoria liturgica.
Poeta di un’anima sempre rivolta alla Vergine: ha composto, infatti, uno dei poemi più belli a Lei dedicati, il Poema alla Vergine Maria Madre di Dio che per tutti i brasiliani rappresenta uno dei testi più importanti della propria letteratura. Animo poliedrico quello di san Giuseppe di Anchieta: appassionato di cultura, teatro, letteratura e poesia. Nato a Tenerife, nelle isole Canarie, il 19 marzo del 1534, Giuseppe, all’età di 14 anni, si trasferisce a Coimbra (in Portogallo) per intraprendere gli studi di filosofia nel Collegio delle Arti dove conosce alcuni studenti della Compagnia di Gesù: nascerà proprio da questo incontro il desiderio di entrare nella Compagnia fondata da sant’Ignazio di Loyola.
San Giovanni Paolo II, nell’omelia del suo viaggio apostolico in Brasile (3 luglio 1980), descrive questo periodo con queste parole: «Giovane, pieno di vita, intelligente, allegro per natura, di grande cuore e amato da tutti, brillante negli studi all’università di Coimbra, Giuseppe seppe guadagnare la simpatia dei compagni ai quali piaceva udirlo recitare. Per il timbro della sua voce lo chiamavano “canarino”, ricordando così il canto degli uccelli della sua isola nativa, Tenerife, nelle Canarie. Davanti a lui si aprivano tante strade verso il successo. Ma, giovane di fede, stava attento alle ispirazioni e alle mozioni di Dio che lo attirava per altre strade, lo chiamava e lo indirizzava per un sentiero ben diverso da quello che gli altri avevano forse immaginato per lui». E Anchieta seguì proprio quel sentiero, entrando nella Compagnia del Gesù. Diciannovenne, Giuseppe venne mandato in Brasile dove vivrà per ben 43 anni, fino alla sua morte avvenuta il 9 giugno 1597, a Reritiba, comune che ora porta appunto il nome della sua casata: Anchieta.
Il Poema alla Vergine Maria rappresenta l’apice di una particolare devozione alla Madonna che Anchieta ha vissuto fin da quando era bambino: nato in una famiglia molto religiosa, il piccolo Giuseppe andava a pregare molte volte davanti all’immagine della Madonna nera del santuario della Candelaria, nella città di Tenerife. Questi, i primi semi di una devozione che lo animerà sempre di più nel corso della vita fino al famoso poema in versi dedicato alla Madre di Gesù, suo capolavoro letterario e spirituale. Ma qual è l’origine del poema? Cosa ha spinto Anchieta a scrivere questi versi? La risposta è da trovarsi in un voto che il giovane gesuita aveva fatto ai tempi della sua missione presso gli indigeni tamoios. Questi ultimi compivano atti ostili contro gli insediamenti portoghesi: Anchieta era in pericolo non solo per la sua vita ma anche per la sua purezza da religioso. Per questo motivo il giovane volle affidare la sua vita, la sua missione alla Vergine Maria: in cambio della sua protezione, le avrebbe dedicato un poema. È dunque questa l’origine del Poema alla Vergine Maria.
Durante la sua missione in Brasile, si ritirava spesso vicino al mare e lì, sulla sabbia, scriveva in latino i versi ispirati da Dio. Possiamo solo immaginare questa figura, in riva al mare, a contemplare il cielo; sotto i suoi piedi, la bianca spiaggia; le orme dei passi a fare da cornice a dei versi scritti sulla sabbia stessa. Tra l’altro, alcuni testimoni dell’epoca hanno dichiarato che, mentre Giuseppe scriveva questi versi, molte volte un uccellino svolazzava intorno a lui: era un messaggero della Vergine Maria. La realizzazione del poema ha davvero del miracoloso: Anchieta non aveva con sé nessun mezzo per la scrittura, né carta né penna: eppure, il poema nella sua edizione a stampa comprenderà quasi seimila versi.
Fin dall’inizio del Poema alla Vergine Maria, il poeta Anchieta si chiede: «Cantare o tacere? Madre Santissima di Gesù, le tue lodi/ devo cantarle o tacerle?/ La mente turbata/ si sente spinta dal pungolo dell’amore/ a offrire alla sua Regina alcuni versi». E sarà quel pungolo a spingere il santo brasiliano a comporre versi sublimi, affascinanti, degni di far parte della storia della letteratura mondiale. «Ecco i versi che un tempo, o Madre Santissima,/ Ti ho promesso in voto,/ vedendomi accerchiato da feroci nemici,/ povero ostaggio, trattavo la sospirata pace,/ la Tua grazia mi ha accolto/ nel Tuo materno manto e il Tuo velo mi ha custodito intatti anima e corpo».
Ma c’è un punto del Poema che merita, forse, ancora più attenzione: «Concepita in un grembo materno, come tutti noi,/ Tu sola, oh Vergine, sei stata libera dalla macchia/ che contamina gli altri tutti/ e schiacci col calcagno/ la testa del serpente aggrovigliato, costringendo sotto i piedi la sua fronte umiliata./ Tutta bella di candore e luce/ non c’è ombra in Te, dolce amica di Dio». In queste parole troviamo un Anchieta zelante difensore delle verità di Maria secondo la più genuina Tradizione della Chiesa: la difesa dell’Immacolata Concezione compare in questo testo molto prima che una tale realtà fosse definita come dogma di fede. Scritte sul finire del 1500 preannunciano, in un certo modo, il dogma definito dal beato Pio IX nel 1854. Teologicamente un altro aspetto da evidenziare: nei versi del Poema sono presenti non pochi riferimenti ai Padri della Chiesa. Questo approfondimento della patristica da parte di san Giuseppe di Anchieta ha indotto i teologi a considerare il Poema alla Vergine Maria un vero e proprio trattato di teologia mariana.