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CHIESA

San Giovanni Paolo II, la profezia sulla famiglia

San Giovanni Paolo II aveva visto chiaramente la lotta apocalittica per la dignità dell'uomo tra Dio e i suoi nemici, e per questo tanto si era speso nel magistero e nell'istituzione di un Consiglio per la Famiglia e di un istituto universitario dedicato al matrimonio e alla famiglia. Aldilà delle parole celebrative, è chiaro che oggi le priorità si sono spostate altrove, e quando si parla di famiglia si ritiene a torto - superato questo insegnamento.

Famiglia 22_10_2016
San Giovanni Paolo II con un bambino

«In questo servizio al Popolo di Dio, san Giovanni Paolo II è stato il Papa della famiglia. Così lui stesso, una volta, disse che avrebbe voluto essere ricordato, come il Papa della famiglia. Mi piace sottolinearlo mentre stiamo vivendo un cammino sinodale sulla famiglia e con le famiglie». Così disse papa Francesco il 27 aprile 2014 nell’omelia della messa per la canonizzazione di san Giovanni Paolo II, di cui oggi la Chiesa celebra la memoria.

Non c’è dubbio che la famiglia è stata al cuore del pontificato di Giovanni Paolo II. E il motivo lo ha spiegato lui stesso diverse volte; in particolare ricordiamo il discorso del 3 ottobre 1997 ai partecipanti all’Incontro mondiale delle famiglie a Rio de Janeiro. «…Oggi sembra che i nemici di Dio, più che attaccare frontalmente l'Autore del creato, preferiscano colpirLo nelle sue opere. L'uomo è il culmine, il vertice delle sue opere visibili. (…) Tra le verità oscurate nel cuore dell'uomo (…) sono particolarmente colpite tutte quelle che riguardano la famiglia. Attorno alla famiglia e alla vita si svolge oggi la lotta fondamentale della dignità dell'uomo».

Oggi la vera guerra mondiale è contro la famiglia, per distruggere l’uomo; è un momento apocalittico: la famiglia, il matrimonio sono il teatro della guerra tra Dio e il signore di questo mondo. Parole riecheggiate recentemente da papa Francesco: «Oggi c’è una guerra mondiale contro il matrimonio», ha detto il 1 ottobre scorso in Georgia. 

E però è anche evidente che nella Chiesa la portata di questa guerra oggi è molto meno chiara; la decisione di combatterla poi sembra confinata a piccoli plotoni di laici e a un pugno di pastori mentre gran parte dei “generali” sono impegnati a trattare la resa o addirittura sono già passati al nemico. Ne è testimonianza anche il doppio Sinodo sulla famiglia svoltosi tra il 2014 e il 2015, quando non pochi padri sinodali hanno apertamente dichiarato di ritenere superata l’esortazione apostolica Familiaris Consortio, e comunque hanno lavorato ignorando o contraddicendo l’ampio magistero di Giovanni Paolo II sulla famiglia.

Soprattutto però ci sono i fatti a parlare. Se si è davvero consapevoli che una guerra è stata dichiarata, ci si affretta a prepararsi: si irrobustiscono le difese, si armano i soldati, si chiamano i riservisti, si studia una strategia. Giovanni Paolo II ha dedicato molte energie a questo compito. Anzitutto con il magistero in materia, che è sterminato, ha allo stesso tempo allertato e istruito il popolo, dando la consapevolezza del significato della famiglia e del matrimonio, esortando le famiglie cristiane a vivere e comunicare il progetto originario di Dio: oltre alla Familiaris Consortio, che è una esortazione post-sinodale, si devono almeno ricordare l’enciclica Evangelium Vitae, il lungo ciclo di catechesi dedicato alla teologia del corpo, la Lettera alle famiglie (e poi la Lettera ai bambini nell’Anno della Famiglia), il Messaggio per la Giornata della Pace del 1994 (“Dalla famiglia nasce la pace della famiglia umana”), la Lettera apostolica Mulieris Dignitatem, la serie di Angelus del 1994 dedicati alla famiglia nell’approssimarsi della Conferenza internazionale dell’Onu su popolazione e sviluppo (Cairo 1994).

E mentre predicava, allo stesso tempo raccoglieva e formava l’esercito, istituendo gli Incontri mondiali della Famiglia, sempre preceduti da un Congresso teologico-pastorale. E ancora, ha dotato la Chiesa di nuove armi: ha istituito il Pontificio Consiglio per la Famiglia (1981) e nello stesso anno ha fondato anche un istituto universitario ad hoc, il Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per gli studi su matrimonio e famiglia. Un supporto per la missione educativa e apostolica delle famiglie il primo, un contributo specifico dalle scienze umane per rendere più efficace l’apostolato il secondo.

Cosa rimane oggi di tutto questo, a soli 11 anni dalla morte? Non molto, aldilà delle parole celebrative e della ripetizione formale di alcune verità. Si dirà che è solo un cambiamento di strategia: il nemico è chiaro, ma invece di affrontarlo in uno scontro aperto, si preferisce vincerlo con la misericordia. Sarà sicuramente così, ma a guardare i fatti l’impressione è che sul tema si stia assistendo a una progressiva smobilitazione.

È un dato di fatto che in due anni di lavori sinodali sulla famiglia, il Magistero di Giovanni Paolo II sia stato ignorato e contraddetto quando non palesemente manipolato. Come quando autorevoli personaggi hanno sostenuto che l’ammissione dei divorziati risposati alla comunione, dopo attento discernimento, sia in fondo lo sviluppo di ciò che Giovanni Paolo II aveva già scritto nella Familiaris Consortio. E allora, a futura memoria riportiamo il passaggio centrale del numero 84 di Familiaris Consortio, dedicato ai divorziati risposati, così che ognuno possa giudicare:

Insieme col Sinodo, esorto caldamente i pastori e l'intera comunità dei fedeli affinché aiutino i divorziati procurando con sollecita carità che non si considerino separati dalla Chiesa, potendo e anzi dovendo, in quanto battezzati, partecipare alla sua vita. Siano esortati ad ascoltare la Parola di Dio, a frequentare il sacrificio della Messa, a perseverare nella preghiera, a dare incremento alle opere di carità e alle iniziative della comunità in favore della giustizia, a educare i figli nella fede cristiana, a coltivare lo spirito e le opere di penitenza per implorare così, di giorno in giorno, la grazia di Dio. La Chiesa preghi per loro, li incoraggi, si dimostri madre misericordiosa e così li sostenga nella fede e nella speranza.

La Chiesa, tuttavia, ribadisce la sua prassi, fondata sulla Sacra Scrittura, di non ammettere alla comunione eucaristica i divorziati risposati. Sono essi a non poter esservi ammessi, dal momento che il loro stato e la loro condizione di vita contraddicono oggettivamente a quell'unione di amore tra Cristo e la Chiesa, significata e attuata dall'Eucaristia. C'è inoltre un altro peculiare motivo pastorale: se si ammettessero queste persone all'Eucaristia, i fedeli rimarrebbero indotti in errore e confusione circa la dottrina della Chiesa sull'indissolubilità del matrimonio”.

L’evoluzione poi del Pontificio Consiglio per la Famiglia è senz’altro significativa. Giovanni Paolo II aveva messo alla guida personalità di sicuro affidamento, tra cui il cardinale colombiano Alfonso Lopez Trujillo che ne è stato un po’ il simbolo, avendolo guidato con piglio da combattente dal 1990 fino alla sia morte, nel 2008. Dopo di che il declino, simboleggiato da quello che a ragione è stato definito il peggiore errore del pontificato di Benedetto XVI: la nomina al vertice del Consiglio per la Famiglia di monsignor Vincenzo Paglia (2012-2016), dalla visione molto più “liberal” oltre che responsabile di aver lasciato la diocesi di Terni in bancarotta. 

Con papa Francesco quindi la svolta più decisa: soppressione del Consiglio, che verrà ora assorbito da un più ampio dicastero che comprende laici, famiglia e vita; e contemporaneamente un “riallineamento” del Pontificio Istituto Giovanni Paolo II: dopo presidi dalla grande preparazione del calibro di Caffarra, Scola, Fisichella, Melina, è stato ora nominato un non più giovane teologo, Pierangelo Sequeri, che di famiglia non si è mai occupato. E per monsignor Paglia, non pago dei disastri precedenti, è stato ritagliato il ruolo di Gran Cancelliere. Qualsiasi siano le scelte future, si tratta di un evidente cambiamento del dna rispetto a ciò che aveva voluto san Giovanni Paolo II, che si era allora dovuto imporre per vincere le tante resistenze interne.

Non si può dunque negare che la questione della famiglia e della vita abbia perso la centralità nelle preoccupazioni della Chiesa, ma ciò non significa che quella profezia di Giovanni Paolo II sulla «lotta fondamentale della dignità dell’uomo» sia meno vera. Anzi, oggi appare evidente a molti ciò che venti-trenta anni fa era così chiaro forse solo al Papa: la distruzione della famiglia è in fase avanzata, ed è qui che si gioca la partita per il futuro dell’umanità. Celebrare oggi la memoria di san Giovanni Paolo II è l’occasione per riprendere in mano il suo magistero: per una maggiore intelligenza dei tempi che viviamo e perché ci guidi nell’azione.