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IL BELLO DELLA LITURGIA

San Giacomo, il primo apostolo a morire per Gesù

A Padova, nella Basilica del Santo, è intitolata a san Giacomo una meravigliosa cappella interamente affrescata con gli episodi che più ne segnarono l’esistenza terrena. Si va dalla conversione del mago Ermogene al martirio per decapitazione. Che è stato seme di una devozione planetaria, con fulcro nel grandioso santuario in Galizia.

Cultura 25_07_2020

Jacopo Avanzi e Altichiero da Zevio, Storie di San Giacomo, Padova – Basilica del Santo

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, Gesù vide Giacomo di Zebedeo e Giovanni, suo fratello, che riassettavano le reti, e li chiamò (Mt 4, 21)

Giacomo, il Maggiore, era il fratello di Giovanni, l’Evangelista. Figli di Zebedeo, erano entrambi pescatori del Lago di Tiberiade, soprannominati da Gesù “figli del tuono” - “Boanèrghes”, in aramaico - per l’impeto del loro carattere e l’energico zelo con cui condussero, ciascuno, la propria missione. Riconosciamo Giacomo tra gli apostoli per i suoi particolari attributi, tipici del pellegrino. Nelle vesti del viandante, per esempio, lo immaginò Carlo Crivelli nella tavola del polittico, poi smembrato, che il pittore veneto realizzò nel 1472, molto probabilmente per la chiesa di San Domenico di Fermo.

Il Santo, che, in questo caso, sappiamo essere in contemplazione della Vergine col Bambino nel pannello centrale del dipinto, si presenta a noi come un uomo maturo che regge tra le mani un libro, il Vangelo, oggetto della sua predicazione. Sullo sfondo dorato della tavola spiccano i colori del panneggio scultoreo, tra le cui pieghe s’intravvedono i particolari iconografici: il cappello a larghe falde, usato per ripararsi dalla pioggia o dal sole, il bordone, ovvero il bastone, supporto indispensabile durante il cammino e, dunque, paradigma della fede, e la conchiglia, suo inequivocabile e imprescindibile attributo, divenuto contrassegno per antonomasia di ogni pellegrino che si fosse recato sulla tomba dell’apostolo. La conchiglia di San Giacomo, che lungo la strada serviva per dissetarsi, è simbolo della vita nuova che scaturisce dalla fede e della purificazione che si ottiene mediante il Battesimo.

Per conoscere la sua storia, così come la riporta la Legenda Aurea di Jacopo da Varagine, è sufficiente recarsi a Padova dove, all’interno della Basilica del Santo, gli è intitolata una meravigliosa cappella interamente affrescata con gli episodi che più ne segnarono l’esistenza terrena. Il ciclo decorativo è frutto della felice collaborazione tra il veronese Altichiero da Zevio, annoverato tra i più grandi esponenti dell’arte italiana del Trecento, e il collega bolognese Jacopo Avanzi. Committente dello spazio sacro, prezioso esemplare gotico anche dal punto di vista architettonico, fu, nel 1372, il condottiero Bonifacio Lupi che, forse, con la scelta del programma tematico, volle celebrare la presenza a Padova della confraternita dell’Ordine della Milizia di San Jacopo, cui era iscritto.

La narrazione, senza soluzione di continuità, si dipana sulle pareti a cominciare dalla lunetta in alto a sinistra; e si susseguono, con ritmo incalzante, scene popolate di personaggi marcatamente connotati, occupate da architetture che illusionisticamente giocano con le reali strutture portanti dell’ambiente.

I frescanti ci raccontano di quando Giacomo riuscì a convertire il mago Ermogene e il suo assistente Fileto, dopo che costoro, supportati dai farisei, avevano tentato di screditarlo. Ci raccontano la sua morte, avvenuta per decapitazione; di come il suo corpo, trafugato dai suoi discepoli, giunse dalla Giudea in Galizia, e dei miracoli intercorsi lungo tutto l’avventuroso tragitto.

Il calice, amaro, che Gesù aveva predetto che Giacomo e Giovanni avrebbero con lui condiviso - ben documentato, a Padova, dalla splendida Crocifissione che Altichiero dipinse sulla parete centrale della cappella - fu il seme da cui sbocciarono numerosi altri eventi prodigiosi tra cui la diffusione planetaria della devozione nei confronti di san Giacomo, primo tra gli apostoli ad affrontare il martirio, e la costruzione, nel Campus stellae - il “Campo della stella” dove fu sepolto - di un grandioso santuario. Meta, da allora, di innumerevoli pellegrini.