San Domenico di Silos
La fama di santità di cui godette già in vita lo portò a essere canonizzato ad appena tre anni dalla morte, mentre la Spagna era nel bel mezzo della fase storica nota come Reconquista.
Magari in Italia non è conosciutissimo ma la fama di santità di cui lo spagnolo Domenico di Silos (1000-1073) godette già in vita lo portò a essere canonizzato ad appena tre anni dalla morte, mentre la Spagna era nel bel mezzo della fase storica nota come Reconquista. Nell’XI secolo, buona parte della penisola iberica era infatti occupata dai musulmani (la liberazione definitiva arrivò nel 1492 con i Re cattolici Isabella I di Castiglia e Ferdinando II d’Aragona) e san Domenico si prodigò per il riscatto dei cristiani caduti in mano ai Mori, fatti schiavi e impediti di professare liberamente la propria fede, che alcuni abbandonavano con grave pericolo per l’anima. Il problema era così vasto che nel Medioevo diversi altri santi spagnoli (come Pietro Nolasco, fondatore nel XIII secolo dell’Ordine di Santa Maria della Mercede, che portò avanti quest’opera in modo sistematico) si impegnarono a riscattare i cristiani con tutti i loro mezzi, a volte pagando una somma in denaro oppure consegnandosi nelle mani dei musulmani per liberare uno o più prigionieri.
Prima di questa sua pietà verso i cristiani perseguitati e prima ancora della vita religiosa, Domenico era stato un umile pastore. Quando sentì la chiamata del Signore entrò nel monastero benedettino di San Millán de la Cogolla, dove per le sue qualità umane e spirituali si fece apprezzare dai confratelli, che lo elessero abate. La sua bontà d’animo era unita al dono della fortezza e se ne accorse il re navarro Garcia III, il quale cercò di imporre una tassa esosa ai monaci che vivevano di Provvidenza e lavorando la terra, e si sentì rispondere che i beni del monastero erano per i poveri e non per i sovrani. Garcia si irritò con il santo, che fu costretto a spostarsi e trovò rifugio in Castiglia sotto la protezione di Ferdinando I, il quale gli domandò di far tornare all’antico splendore il monastero di San Sebastián di Silos, fondato quattro secoli prima in età visigota e allora in stato decadente.
Domenico si impegnò nell’opera anima e corpo, e in breve l’abbazia - compreso il chiostro, vero gioiello architettonico che si può tuttora ammirare [vedi foto] - rifiorì, divenendo un punto di riferimento per la carità e la cultura. All’interno del monastero di Silos, in seguito dedicato a san Domenico, si tramandò il rito mozarabico, uno dei pochi ancora in uso assieme al rito romano e all’ambrosiano. Dopo una vita al servizio di Dio, Domenico morì nel suo monastero, dove ancora oggi riposano le sue spoglie.
Poco meno di un secolo dopo il ritorno alla casa del Padre, il suo nome si legò a un santo estremamente celebre. La beata Giovanna d’Aza si recò infatti in pellegrinaggio al monastero di Silos per chiedere l’intercessione di san Domenico e comprendere uno strano sogno sul bambino che portava in grembo. La sua richiesta fu esaudita e Giovanna capì che l’immagine onirica (un cane che usciva dal suo ventre con in bocca una torcia accesa) significava che suo figlio avrebbe incendiato il mondo con il fuoco di Gesù Cristo per mezzo della predicazione; in segno di ringraziamento, lo chiamò con il nome del santo di Silos: quel bimbo in grembo era Domenico di Guzmán, fondatore dell’Ordine dei Predicatori, meglio conosciuti come domenicani. Collegata a tale fatto, si diffuse una tradizione che sopravvisse fino al 1931, anno in cui si instaurò la Seconda Repubblica spagnola (anticristiana): quando la regina di Spagna aveva una gravidanza, l’abate del monastero di Silos le portava il pastorale che veniva posto accanto al letto fino al giorno del parto, per propiziare la nascita.
Patrono di: partorienti