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DOTTRINA DELLA FEDE

Samaritanus Bonus: una risposta della Chiesa ai dubia

La recente pubblicazione della Samaritanus bonus da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede parla ai cardinali che si chiedevano se fosse ancora valido il n. 79 di Veritatis Splendor, secondo il quale esistono «atti intrinsecamente cattivi». La lettera risponde affermativamente: «L’eutanasia... è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza».

Ecclesia 29_09_2020

Quando nell’aprile 2019 il Papa emerito fece uscire allo scoperto suoi “appunti” per molti fu chiaro che, all’interno del più ampio problema della pedofilia nella Chiesa, Benedetto XVI stava richiamando il mondo cattolico ai principi fondamentali del cristianesimo ed offrendo una risposta indiretta ai famosi “dubia” che i Cardinali Brandmüller, Burke, Caffarra e Meisner avevano indirizzato a papa Francesco il 19 settembre 2016.

Scriveva, infatti, allora il Papa emerito: «Non posso dimenticare che Franz Böckle [...] in vista delle possibili decisioni di Veritatis splendor, dichiarò che se l’Enciclica avesse deciso che ci sono azioni che sempre e in ogni circostanza vanno considerate malvagie, contro questo egli avrebbe alzato la sua voce con tutta la forza che aveva. Il buon Dio gli risparmiò la realizzazione del suo proposito; Böckle morì l’8 luglio 1991. L’Enciclica fu pubblicata il 6 agosto 1993 e in effetti conteneva l’affermazione che ci sono azioni che non possono mai diventare buone. [...] Non ci poteva e non ci doveva essere alcun dubbio che la morale fondata sul principio del bilanciamento di beni deve rispettare un ultimo limite. Ci sono beni che sono indisponibili. Ci sono valori che non è mai lecito sacrificare in nome di un valore ancora più alto e che stanno al di sopra anche della conservazione della vita fisica. Dio è di più anche della sopravvivenza fisica. Una vita che fosse acquistata a prezzo del rinnegamento di Dio, una vita basata su un’ultima menzogna, è una non-vita. Il martirio è una categoria fondamentale dell’esistenza cristiana». Il pondus del paragrafo citato è evidente; ma qualcuno ha cercato rifugio nel fatto che in fondo, come una rondine non fa primavera, così un Papa emerito non fa magistero...

La recente pubblicazione della Samaritanus bonus, da parte della Congregazione per la Dottrina della Fede, appare invece come un’ulteriore risposta ai dubia; questa volta una posizione ufficiale, una lettera che ha ricevuto l’approvazione di papa Francesco, da parte di quella Congregazione incaricata «di promuovere e di tutelare la dottrina sulla fede ed i costumi in tutto l'orbe cattolico» (Giovanni Paolo II, Pastor bonus, 48).

Dunque, ai quattro cardinali, che si domandavano (dubium n. 2) se fosse ancora valido, dopo la promulgazione di Amoris Laetitia, l’insegnamento tradizionale della Chiesa, esplicitato nel n. 79 di Veritatis Splendor, secondo il quale esistono «norme morali assolute, valide senza eccezioni, che proibiscono atti intrinsecamente cattivi», la lettera della CDF risponde affermativamente, dissipando ogni possibile incertezza a riguardo, dal momento che «l’eutanasia... è un atto intrinsecamente malvagio, in qualsiasi occasione o circostanza» e pertanto «si tratta... di una scelta sempre sbagliata». Esistono dunque azioni intrinsecamente cattive, che non posso mai essere ammesse. Amen.

Il documento chiarisce ulteriormente che «la definizione di eutanasia non procede dalla ponderazione dei beni o valori in gioco, ma da un oggetto morale sufficientemente specificato», situandosi dunque «al livello delle intenzioni e dei metodi usati». Questo significa che la valutazione morale dell’atto eutanasico «non dipende pertanto da un bilanciamento di principi, che, a seconda delle circostanze e della sofferenza del paziente, potrebbero secondo alcuni giustificare la soppressione della persona malata» (V, 1), bensì dal suo oggetto.

Al dubium n. 3, che chiedeva se fosse ancora «possibile affermare che una persona che vive abitualmente in contraddizione con un comandamento della legge di Dio [...], si trova in situazione oggettiva di peccato grave abituale», Samaritanus bonus chiarisce che le disposizioni soggettive non mutano l’oggettiva malizia di un atto: «Nel nostro caso [di una persona che ha chiesto l’eutanasia o il suicidio assistito], ci troviamo davanti a una persona che, oltre le sue disposizioni soggettive, ha compiuto la scelta di un atto gravemente immorale e persevera in esso liberamente» (V, 11).

Le circostanze attenuanti la responsabilità morale certamente esistono e la lettera riconosce che esse possono diminuire o perfino annullare la responsabilità soggettiva della persona, tuttavia questo non muta la natura morale di un atto. Ed è precisamente su questa valutazione che si basa la disciplina della Chiesa riguardo all’amministrazione dei sacramenti. Riprendiamo il passo di Samaritanus bonus sopra richiamato: «Nel nostro caso, ci troviamo davanti ad una persona che, oltre le sue disposizioni soggettive, ha compiuto la scelta di un atto gravemente immorale e persevera in esso liberamente. Si tratta di una manifesta non-disposizione per la recezione dei sacramenti della Penitenza, con l’assoluzione e dell’Unzione, così come del Viatico Potrà ricevere tali sacramenti nel momento in cui la sua disposizione a compiere dei passi concreti permetta al ministro di concludere che il penitente ha modificato la sua decisione» (V, 11).

E’ questa l’ovvia conseguenza dell’insegnamento della Chiesa, che la lettera ripropone richiamando il Concilio di Trento, per cui la Comunione dev’essere ricevuta in stato di grazia e l’assoluzione, per essere valida, richiede il pentimento della persona, che sussiste laddove vi sia il proponimento concreto di commettere nuovamente il peccato, elementi che debbono essere valutati da atteggiamenti manifesti, constatabili. E questo rimane fermo, a prescindere dal grado di imputabilità soggettiva della persona, imputabilità il cui grado non può essere determinato con certezza né dal sacerdote né dal soggetto stesso. Infatti Samaritanus bonus ricorda che «la necessità di posporre l’assoluzione non implica un giudizio sull’imputabilità della colpa», ma sulla situazione oggettiva manifesta; al contrario, essa è «un atto medicinale della Chiesa, volto, non a condannare il peccatore, ma a muoverlo e accompagnarlo verso la conversione».

Non si comprende pertanto con quale giustificazione, ad una persona che continui a vivere more uxorio, compiendo e perseverando in un atto gravemente immorale, non si posponga l’assoluzione e di conseguenza la Comunione sacramentale. Si tratta dunque di una risposta nemmeno troppo indiretta ai dubia nn. 1 e 4 e a tutti coloro che, citando e storpiando pro domo sua il Catechismo della Chiesa cattolica, vogliono sdoganare – e di fatto già sdoganano – la Comunione a chi continua a vivere more uxorio, per il fatto che vi sarebbero attenuanti soggettive che possono ridurre o togliere la responsabilità personale.

Tutto il tenore della lettera, che parla diffusamente di obblighi e divieti inderogabili, permette dunque di capire che la coscienza non può legittimare eccezioni a norme morali assolute, coscienza che invece ha il «grave e preciso obbligo di opporsi ad esse [leggi che approvano comportamenti immorali] mediante obiezione di coscienza» (V, 9), richiamando così l’insegnamento di Evangelium Vitae e rispondendo all’ultimo dubium dei quattro cardinali.