Salvini sfida la sinistra: la Lega vota per il processo
La Giunta per le immunità del Senato ha ieri dato via libera a procedere contro l'ex ministro dell'Interno per il blocco della nave Gregoretti con immigrati a bordo. Voti decisivi quelli della Lega mentre le forze della maggioranza hanno disertato la riunione. Ora parola all'Aula il 17 febbraio.
Quello che si profilava alla vigilia è avvenuto. La maggioranza è scappata di fronte alla responsabilità di dichiarare il “si” al processo a Matteo Salvini e quest’ultimo l’ha sfidata fino in fondo chiedendo ai suoi senatori un voto provocatorio. E così ieri la seduta della giunta per le immunità del Senato si è riunita e ha deliberato a favore della autorizzazione a procedere contro l’ex Ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona per aver bloccato nel luglio 2019 la nave militare Gregoretti, con 116 migranti a bordo. I voti decisivi sono stati proprio quelli dei 5 senatori leghisti i quali, pur credendo ovviamente nell’innocenza del loro leader, che sostengono aver agito per difendere i confini e l’onore del suo Paese, si sono espressi per il “sì” al processo, come aveva chiesto loro lo stesso Salvini; e quindi per il “no” alla proposta del Presidente della giunta, Maurizio Gasparri, che aveva proposto di votare contro il processo.
Pd, Movimento Cinque Stelle, Italia Viva e Leu avevano deciso già ieri mattina di disertare la riunione, considerata illegittima e figlia di una (presunta) forzatura da parte della Presidente dell’assemblea di Palazzo Madama, Maria Elisabetta Alberti Casellati. Mancando tutti i rappresentanti della maggioranza, in giunta si sono ritrovati in 10. I 5 leghisti hanno votato “si” al processo, mentre il resto del centrodestra (4 di Forza Italia e 1 di Fratelli d’Italia) hanno votato “no”, in coerenza con le loro posizioni di sempre, dal momento che considerano Salvini assolutamente incolpevole in quella circostanza. A parità di voti (5 a 5) è prevalsa la posizione favorevole all’autorizzazione a procedere, in virtù delle regole di funzionamento di quell’organismo.
La parola definitiva spetterà comunque all’aula, che deciderà il 17 febbraio. Le posizioni sono ben note: le forze di governo sono favorevoli al processo a Salvini perché considerano il caso della nave Gregoretti non paragonabile a quello, precedente, della nave Diciotti. In quest’ultima occasione il governo gialloverde dell’epoca si espresse in modo compatto per impedire lo sbarco dei migranti, mentre nel caso della Gregoretti, sempre secondo Pd, Cinque Stelle e altri alleati, Salvini agì per pura propaganda e senza il consenso del resto dell’esecutivo.
Fatto sta che questa polemica finirà per avvelenare gli ultimi giorni di campagna elettorale per le regionali in Calabria ed Emilia Romagna. «Quelli del Pd non hanno neanche la faccia di difendere la loro idea – ha attaccato ieri sera Salvini da un comizio nel Bolognese -. Vogliono mandarmi a processo e decidere dove, come e quando. Mi processino. Con me in Tribunale ci saranno milioni di italiani».
Ma già nella mattina di ieri si erano susseguite una serie di uscite di esponenti di sinistra nei confronti del Capitano. Il segretario del Pd, Nicola Zingaretti lo aveva accusato di fare un uso politico della giustizia e di pretendere l’immunità. Il leader dem ne ha per tutti, anche per la presidente del Senato, Casellati: «Ha compiuto un atto per me sbagliato: invece di garantire una terzietà di fronte a un contenzioso, si è schierata a favore della sua parte politica e questo rimane un vulnus». Ma Zingaretti dimostra di avere davvero la memoria corta, dimenticando che nella scorsa legislatura un partitino con percentuali da prefisso telefonico come Leu aveva i due presidenti delle Camere (Laura Boldrini e Pietro Grasso) che facevano il bello e il cattivo tempo, in barba a qualsiasi regola istituzionale.
Anche l’ex alleato di Matteo Salvini, il leader Cinque Stelle Luigi Di Maio, ora rinnega il contratto di governo firmato con il Capitano e l’armonia ostentata solo pochi mesi fa quando era al governo con la Lega, e si scaglia contro l’ex Ministro dell’Interno dicendo che «è passato dal sovranismo al vittimismo».
Il centrodestra, pur avendo votato in ordine sparso nella riunione di ieri della giunta, marcia unito nel riconoscere l’innocenza di Salvini, che – ribadiscono sia da Fratelli d’Italia che da Forza Italia - ha agito solo per l’interesse del suo Paese. Anzi Giorgia Meloni rincara: «Processare un ministro solo perché ha fatto il suo dovere sarebbe la fine della democrazia».
Il 17 febbraio, quando ci sarà il voto in Parlamento sul processo a Salvini, ci saranno già state le elezioni regionali in Emilia Romagna e Calabria. A quel punto la sinistra sarà più libera di esprimere il suo voto contro l’odiato leader del Carroccio. Ma il rischio per il Pd, il M5S e gli altri alleati è che una posizione del genere possa davvero ritorcersi come un boomerang contro un claudicante esecutivo unito solo dall’avversione verso Salvini.