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Salvini entusiasta del comunismo fuori tempo massimo

Il segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, torna entusiasta dall'altro Nord: quello della Corea comunista. E ci racconta le meraviglie dello stalinismo fuori tempo massimo. Un regime dove non c'è Internet e i bambini giocano per strada. Un milione e mezzo di morti per mano del regime: ma questo non ce lo racconta.

Politica 04_09_2014
Matteo Salvini con Pak Doo-Ik

Per un politico comunista che ammette che il comunismo è fallito (Fausto Bertinotti) ce n’è subito un altro che si entusiasma per il socialismo realizzato: Matteo Salvini. I paesi a sistema comunista sono quasi tutti finiti, tranne che a Cuba e in Corea del Nord. E quindi il segretario della Lega Nord, invece che andare in vacanza in Sardegna, “per curiosità” ha deciso di recarsi nell’ultimo “paradiso” comunista assieme al senatore Antonio Razzi di Forza Italia, ormai una vera e propria star nel regno eremita.

Il viaggio di Salvini nell’altro Nord (quello coreano, lontano anni luce da quello italiano) ha subito destato la curiosità di tutte le testate nostrane. E il segretario leghista, famoso per le sue uscite eclatanti, non ha deluso le aspettative. Le interviste che ha rilasciato al suo rientro in Italia, soprattutto quella al Corriere della Sera, ricordano, per toni e argomenti quelle dei vari “compagno Peppone” quando andavano in gita nel paradiso sovietico. C’è dentro tutto il repertorio classico della gita di Partito. C’è l’incontro con il mito sportivo socialista, in questo caso Pak Doo-Ik, l’uomo che eliminò l’Italia ai Mondiali del ’66. C’è l’elogio alla diversità, con immancabile stoccata all’embargo («Un Paese molto diverso dal nostro, un’opportunità gigantesca per i nostri imprenditori. Hanno bisogno di molte cose e l’embargo nei loro confronti è idiota»). Si dimentica, volutamente, che la Corea del Nord è autarchica e l’embargo è in gran parte auto-indotto. C’è il solito, iperbolico, tentativo di creare un’equivalenza morale fra il nostro sistema e il loro, con una premessa che suona abbastanza ipocrita: «Premesso che non cambierei la mia vita con quella che si conduce in Corea del Nord, la pena di morte c’è anche negli Stati Uniti. E per quanto riguarda la libertà di stampa, d’accordo, lì non fanno altro che parlare del “Grande Maresciallo” (il leader Kim Jong-un, ndr ), ma da noi non si cantano le lodi a Renzi tutti i santi giorni?». Da noi non si rischia il campo di concentramento, ma in compenso: «Lì lo Stato dà tutto: scuola, casa, lavoro. Insomma, al mondo non c’è solo lo stile di vita americano». Altra stoccata all’America, altra leccata al socialismo reale, che ti organizza la vita dalla culla alla tomba, dall’alba al tramonto. E poi, l’elogio del primitivo, contro l’odiosa tecnologia: «Sono contento di esserci andato, ho visto un senso di comunità splendido. Tantissimi bambini che giocano in strada e non con la playstation, un grande rispetto per gli anziani, cose che ormai in Italia non ci sono più». Anche perché «Internet e il telefonino non andavano, un’esperienza impagabile. Da sola valeva il viaggio».

In effetti, anche guardandola dal satellite, la Corea del Nord appare come un grande buco nero aperto fra Cina, Corea del Sud e Giappone, senza luce, oscurata, chiusa. Senza play station, senza Tv, senza cellulari, senza Internet, senza libertà, senza vita: la speranza di vita media dei nordcoreani è di 11 anni inferiore rispetto ai coreani (liberi) del Sud, persino l’altezza media è inferiore di 15 centimetri. A causa della malnutrizione. Ad ogni crisi nucleare scatenata dall'ex dittatore Kim Jong-il e dal suo attuale successore, il giovane Kim Jong-un, la Corea del Nord ricatta il mondo per avere cibo, perché la sua agricoltura autarchica non produce e non distribuisce il necessario per la sopravvivenza della popolazione. Lo Stato “dà tutto”, come dice Salvini, ma toglie tutto, a partire dalla libertà di parlare, credere, lavorare. È il Paese che più reprime i cristiani in tutto il mondo, quello in cui basta una preghiera pronunciata in privato per finire in un campo di concentramento, dove nessuno è mai al sicuro, nemmeno chi è ai vertici del potere.

Il segretario della Lega Nord ha sfoderato il solito armamentario dei viaggiatori in terra comunista, quel «Anch’io avevo un giudizio negativo prima di andar là. Adesso lo è meno. L’importante è vedere di persona», come dichiara a La Stampa. Ma certo, come no. Si “vede di persona” il Villaggio messo in piedi dal regime, costruito ad hoc per i visitatori ufficiali. Si vede strettamente quel che viene mostrato, si accede solo dove il regime vuole che si acceda. Anche i giornalisti degli anni ’30 che si recarono nell’Ucraina sovietica, ai tempi della carestia (artificiale, creata da Stalin a scopo di sterminio) tornarono in patria entusiasti, scrivendo articoli su articoli sui raccolti prodigiosi, i contadini paffuti, le donne attraenti, l’accoglienza fraterna. Mentre tutto attorno a loro 5 milioni di uomini morivano di fame, o venivano ammazzati per mano del regime. In Corea del Nord, secondo le stime dell’Onu, gli internati nei campi di concentramento/sterminio sono dai 150mila ai 200mila. Quasi tutti moriranno. Salvini non li ha potuti vedere neppure col binocolo. Una guardia carceraria che ha testimoniato alla commissione Onu, ha descritto come si tratta un prigioniero: «Avevamo una vasca d’acqua per affogare i detenuti, ganci attaccati al muro per appenderli a testa in giù, ogni tipo di strumenti di tortura, tra cui bastoni di legno con cui picchiare in testa i prigionieri e lunghissimi aghi da infilare sotto le loro unghie, oltre a un miscuglio di acqua e peperoncini fortissimi da mandare giù per il naso. I detenuti venivano anche tenuti senza cibo e acqua e in posizioni particolari per ore, come quella dell’aeroplano o del motociclista, per aumentare a dismisura il dolore fisico. In cella era vietato parlare, muoversi e guardarsi intorno». A Salvini, sicuramente, non hanno detto nulla di tutto questo. Gli hanno mostrato solo la bellezza di una vita senza Internet, coi bambini che giocano per strada, senza cartacce per terra. Giusto per sentirgli dire che, tutto sommato, la repressione da loro non è molto diversa da quella che c’è sotto Renzi in Italia.

Salvini c’è cascato o ha voluto cascarci? Quasi certamente: entrambe le cose. Ormai la letteratura sui sistemi comunisti e sui loro mezzucci per attrarre consensi è sterminata. Basterebbe leggere. Ma la volontà di chiudere gli occhi c’è, sicuramente. E traspare da ogni riga di queste interviste. Salvini, ex leader dei Comunisti Padani (fazione interna alla Lega che si presentò alle Elezioni Padane del 1997) non è affatto estraneo alle logiche dell'estrema sinistra. Il suo non è un partito marxista-leninista, ma fa leva su un elettorato proletario, popolare, o di borghesi che hanno perso il tenore di vita a cui erano abituati, un elettorato indignato per la crisi economica, ormai deluso dalla democrazia. Sono gli orfani del Pci quelli che Salvini vuole attrarre, contendendoli a Beppe Grillo, anche giustificando modelli alternativi impossibili, sputando gratuitamente sui simboli dello stile di vita occidentale, sulla tecnologia e sulla modernità. In Corea del Nord c’è la realizzazione di sogni, incubi e utopie anti-moderne, dalla decrescita all’isolamento sistematico dal resto del mondo e Salvini ci si tuffa dentro con gusto. Lo fa nascondendo la realtà, o evadendola del tutto, sulla pelle di quel milione e mezzo di nordcoreani (stima molto conservativa) ammazzati dal loro regime.