Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Fedele da Sigmaringen a cura di Ermes Dovico
il conflitto

Salta il vertice di Londra: Kiev e Ue frenano il piano di Trump

Ascolta la versione audio dell'articolo

Al centro della contesa resta il no di Kiev, sostenuto da Ue, Francia, Gran Bretagna e Germania al piano di pace statunitense che prevede una «proposta molto esplicita ai russi e agli ucraini» avvertendo che Russia e Ucraina devono raggiungere un accordo altrimenti gli Stati Uniti si ritireranno. 

Esteri 24_04_2025

I colloqui per la pace in Ucraina previsti ieri a Londra a livello di ministri degli Esteri sono stati rinviati a causa delle profonde divergenze tra l’Ucraina e gli alleati occidentali cica il piano di pace proposto dagli Stati Uniti.

Il Foreign Office ha precisato che si è tenuto comunque un incontro a livello inferiore e che «i colloqui a livello ufficiale proseguiranno» ma il fallimento del summit è apparso a tutti evidente dopo che il Segretario di Stato americano Marco Rubio e l'inviato speciale della Casa bianca Steve Witkoff avevano annunciato nella mattinata di ieri che non sarebbero andati a Londra. Decisione assunta, secondo il New York Times, in seguito alle dichiarazioni del presidente ucraino Volodymyr Zelensky che aveva chiarito che Kiev «non riconoscerà legalmente l'occupazione della Crimea» da parte dei russi.

Nei giorni scorsi Rubio aveva dichiarato che gli Stati Uniti erano pronti ad abbandonare i negoziati se non ci fossero stati progressi tangibili verso una soluzione della crisi. Dopo il forfait di Rubio anche i ministri degli Esteri di Francia e Germania hanno annullato il viaggio a Londra.

A spiegare implicitamente le ragioni del fallimento del summit ha provveduto la presidenza francese con un comunicato che spiega che «il rispetto dell'integrità territoriale e della vocazione europea dell'Ucraina sono esigenze molto forti degli europei» aggiungendo che «l'obiettivo resta quello di costruire un approccio comune che gli Stati Uniti potrebbero presentare ai Russi».

Per il governo britannico «spetta all'Ucraina decidere il suo futuro. Non ci allontaneremo mai dall'Ucraina» ha detto ai giornalisti un portavoce del primo ministro britannico Keir Starmer. «Oggi si terranno importanti incontri tecnici con funzionari europei, statunitensi e ucraini su come fermare i combattimenti e porre fine all'invasione illegale di Putin», ha proseguito il portavoce, confermando che il Regno Unito rimane «assolutamente impegnato a garantire una pace giusta e duratura».

Il Cremlino ha subito evidenziato la spaccatura fra gli alleati di Kiev: il portavoce Dmitry Peskov ha affermato che «non sono stati in grado di allineare le loro posizioni su alcuni temi. E' per questo che la riunione è saltata», ha affermato ricordando che l'incontro avrebbe dovuto fornire agli Stati Uniti «l'opportunità di proseguire i loro sforzi di mediazione».

Al centro della contesa resta il no di Kiev, sostenuto da Ue, Francia, Gran Bretagna e a quanto sembra anche Germania al piano di pace statunitense che prevede, come ha ricordato ieri il vicepresidente JD Vance, una «proposta molto esplicita ai russi e agli ucraini» avvertendo che Russia e Ucraina devono raggiungere un accordo altrimenti gli Stati Uniti «si ritireranno». 

«È giunto il momento, credo, di compiere, se non l'ultimo passo, uno dei passi finali, cioè, a livello generale, la parte che dice che fermeremo le uccisioni, congeleremo le linee territoriali ad un livello vicino a quello attuale. Naturalmente questo significa che sia gli ucraini che i russi dovranno cedere parte del territorio che possiedono attualmente», ha detto Vance ma non è chiaro quali concessioni possano fare a Mosca gli ucraini dal momento che le truppe di Kiev controllano ormai un’area che si estende oltre il confine solo di poche centinaia di metri nelle regioni russe di Kursk e Belgorod.

Il vicepresidente americano ha sollevato la possibilità di «congelare i confini territoriali a un livello prossimo a quello attuale», che di fatto rappresenta l’offerta presentata a Trump dal presidente russo Vladimir Putin il 22 aprile. Un’offerta riportata dal Financial Times, citando fonti informate sul colloquio che il presidente russo ha avuto 10 giorni fa con l'inviato speciale di Donald Trump, Steve Witkoff, a San Pietroburgo. 

Secondo queste fonti, Putin ha detto all'inviato speciale di Donald Trump che Mosca potrebbe rinunciare alle sue pretese sulle aree delle quattro regioni parzialmente occupate che rimangono sotto il controllo di Kiev. Dopo questa offerta, gli Stati Uniti hanno fatto circolare l'idea di un possibile accordo che prevede il riconoscimento da pare di Washington della Crimea come russa, insieme ad un riconoscimento almeno che il Cremlino controlla de facto parti delle quattro regioni. Il giornale sosteneva che ci sono molte pressioni su Kiev in questo momento affinché accetti le cessioni territoriali in modo che Trump possa proclamare il successo del suo negoziato.

Il piano di Trump includerebbe il riconoscimento da parte di Kiev della Crimea come parte della Russia e il riconoscimento non ufficiale del controllo russo su quasi tutte le aree occupate dall'invasione del 2022. Si tratterebbe quindi di un riconoscimento "de jure" del controllo russo sulla penisola annessa nel 2014 e di un riconoscimento "de facto" delle aree occupate dai russi nelle regioni ucraine di Donetsk, Lugansk, Kherson e Zaporizhia.

L’accordo prevederebbe la rinuncia di Kiev ad entrare nella NATO e la garanzia in proposito degli Stati Uniti pur restando possibile l'ingresso nell'Unione Europea.  Secondo Axios, gli Stati Uniti stanno offrendo agli ucraini una «solida garanzia di sicurezza» che coinvolge un «gruppo ad hoc di paesi europei e potenzialmente non europei», senza però specificare come funzionerà, mentre Kiev sta cercando il coinvolgimento militare americano per dare maggiore peso a questo impegno. 

Secondo le fonti del Washington Post, l'amministrazione statunitense potrebbe revocare le sanzioni contro la Russia in base ai termini di un "accordo futuro". Da parte Ucraina, gli Stati Uniti potrebbero offrire risarcimenti e aiuti per la ricostruzione, senza specificare «da dove arriveranno i finanziamenti», scrive Axios. Il piano di pace menzionerebbe anche l'accordo economico proposto da Donald Trump sui minerali ucraini, scrive Axios, intesa ancora lontana anche se è già stato firmato un "memorandum d'intenti".

Ieri il vicepremier ucraino, Yulia Svyrydenko, ha precisato che l'Ucraina è pronta a negoziare, ma non ad arrendersi. «Non ci sarà alcun accordo che fornisca alla Russia le basi più solide di cui ha bisogno per riorganizzarsi e tornare con maggiore violenza», ha scritto Svyrydenko su X. «Un cessate il fuoco completo - su terra, in aria e in mare - è il primo passo necessario», ha aggiunto. 

Secondo quanto riporta il Washington Post, gli Stati Uniti sono furiosi per la riluttanza di Kiev ad accettare le proposte di cessioni territoriali e per questo è saltato il vertice di Londra. Sempre secondo il quotidiano statunitense, altro motivo di divergenza con l'amministrazione Trump è il fatto che l'Ucraina preferisca «discutere prima di un cessate il fuoco completo e poi di tutto il resto in un secondo momento». Condizione inaccettabile per Mosca che teme che una tregua possa permettere a Kiev di puntellare le sue difese sempre più deboli lungo i mille chilometri del fronte.

Secondo il giornale on line Axios, gli Usa hanno presentato la proposta a Kiev come «l'offerta finale» del presidente Usa Donald Trump ma Zelensky ha sempre escluso di accettare l'occupazione russa della Crimea e delle regioni Donetsk, Luhansk, Kherson e Zaporizhzhia. 

Una fonte vicina al governo ucraino ha affermato che Kiev considera la proposta fortemente sbilanciata a favore della Russia: «La proposta dice molto chiaramente quali vantaggi concreti otterrà la Russia, ma solo in modo vago e generico quali saranno i vantaggi per l'Ucraina», ha dichiarato.

Al di là delle richieste, delle pretese e delle condizioni poste, sul piano concreto è evidente che Zelensky può respingere la proposta di Trump solo grazie al sostegno espresso dalla UE e da alcune nazioni europee. Sostegno che però sul piano militare non è e non sarà in grado di assicurare a Kiev né truppe né armi e munizioni sufficienti a rovesciare le sorti del conflitto.

Non ci sono elementi che indichino una possibilità che le forze ucraine riconquistino i territori perduti mentre anche lungo le posizioni attuali perdono terreno ogni giorno sotto il peso degli attacchi russi che a maggio si faranno con ogni probabilità ancora più intensi. 

Nei giorni scorsi il canale Telegram ucraino Rezident UA, noto per avere buone fonti negli ambienti politici e militari di Kiev, aveva reso noto che il comandante delle forze ucraine, il generale Oleksander Syrsky si starebbe preparando alle previste offensive russe ritirando le truppe dalle regioni Sumy, Kharkov e Dnepopetrovsk, lasciandole di fatto alle forze russe.

L’obiettivo sarebbe quello di accorciare il fronte a causa della carenza di riserve con cui fronteggiare il nemico.

Il ritiro da queste regioni permetterebbe ai russi il controllo completo di 7 delle 8 regioni (mancherebbe solo quella di Odessa) che comprendono la cosiddetta “Nuova Russia” che si estende nelle regioni orientali e meridionali ucraine.