Saldi nella fede i cristiani sopravvissuti agli attentati di Pasqua nello Sri Lanka
I cristiani scampati agli attentati jihadisti compiuti la mattina di Pasqua in tre chiese e tre hotel considerano i fedeli deceduti dei martiri e dicono di confidare in Dio più che mai
I sopravvissuti agli attentati jihadisti compiuti il 21 aprile, giorno di Pasqua, nello Sri Lanka contro tre chiese e tre hotel di lusso, considerano le vittime cristiane dei martiri della fede. “Sentiamo che sono andati dal nostro Signore, è il nostro destino come cristiani. Qualsiasi cosa accada, la nostra fede non vacilla”. A dirlo, interpretando i sentimenti comuni, sono alcune donne di Negombo, la città dove sorge una delle chiese attaccate, quella di san Sebastiano. Oltre ai 263 morti subito e nelle ore immediatamente successive, gli attacchi hanno causato centinaia di feriti, circa 600, molti in modo grave e tuttavia scampati alla morte. L’agenzia di stampa AsiaNews ha raccolto la testimonianza di alcuni di loro. Thushari Nalika racconta di essere stata ferita a una coscia. Ricorda che sua madre, Theresa Haami, si svegliava tutti i giorni a mezzanotte per recitare il rosario chiedendo a Dio la sua guarigione e andava a messa tutte le volte che poteva. È convinta che siano state le preghiere di sua madre a salvarla. “La nostra fede semplice – spiega Theresa – è uguale a prima della tragedia. Nessuno può cambiare la nostra fede in Dio. Solo le preghiere, un buon rapporto con il Signore e con Maria sono la salvezza per i cattolici. Io lo so, e lo ricordo sempre anche ai miei nipoti”. Facendosi portavoce dei fedeli, le donne di Negombo cercano di descrivere la profondità del loro dolore, la ferita delle perdite subite che non potrà rimarginarsi mai. Ma aggiungono che la strage ha dato “una lezione spirituale e fisica al Paese e al mondo. In termini spirituali, [ci ha fatto capire] che dobbiamo essere pronti in qualsiasi momento ad abbandonare la vita terrena e rispondere alla chiamata di Dio”.