Sacrilegio del gesuita: l'Eucarestia consegnata in sacchetti
Padre Holger Adler, cappellano dell’università Ludwig-Maximilian di Monaco, ha pensato di preparare un set di partecipazione alla Messa in tempo di Covid-19: gli studenti vanno a prendere il sacchettino di carta con dentro l'Eucarestia e se lo portano a casa, per usarlo mentre seguono la Messa in streaming. Possiamo chiedere la sospensione a divinis di Adler? Forse no, se le gerarchie cedono alla paura e al potere invece che domandare la fede e ripetere con Gesù: «Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita?»
L’albero tende a cadere dov’è inclinato. Non è solo una legge degli arbusti, ma anche di quegli esseri viventi bipedi eretti, quali sono gli uomini. Inclusi preti e vescovi.
Se dunque il Cardinal Bassetti, così incline all’ossequio verso le attuali forze di governo, cade rovinosamente sulla Santa Messa spinto da un presunto senso di responsabilità; se il Cardinal Zuppi, che da sempre propende per il "vabbè, mo vediamo", se ne lava le mani del problema delle Messe, aggrappandosi all’intercessione di san Fiorello, che cosa aspettarsi dai preti tedeschi? E per di più gesuiti?
Padre Holger Adler, cappellano dell’università Ludwig-Maximilian di Monaco (KHG LMU), ha avuto un’idea che evidentemente, secondo lui, dev’essere geniale, visto che il Reverendo la consiglia entusiasta anche ai confratelli sacerdoti. Per la Domenica delle Palme, Padre Adler ha pensato bene di preparare un set di partecipazione alla Messa in tempo di Covid-19: i giovani studenti che lo desiderano, vanno dal “don” a prendersi il sacchettino di carta, preparato seguendo rigorosamente tutte le misure per evitare eventuali infezioni, e se lo portano a casa, per usarlo mentre seguono la Messa in streaming celebrata dal loro cappellano. I sacchettini sono pensati sia per persone singole (vedi qui) che per nuclei più numerosi (vedi qui).
Cosa c’è in questo fantastico sacchettino? Un rametto d’ulivo, l’acqua santa, un cartoncino con una preghiera e – udite, udite – la particola consacrata. Il Santissimo Sacramento dentro un sacchettino di carta, da portare a casa e consumare “entro e non oltre”: possiamo chiedere la sospensione a divinis per padre Adler? O cos’altro dobbiamo aspettare? Sarebbe il caso di prendere seriamente in considerazione la richiesta, perché il geniale gesuita è già pronto a ripetere il sacrilegio anche per il Giovedì ed il Venerdì Santo e la Domenica di Pasqua.
«A causa della Pandemia vige una situazione generale di malattia, quindi la Comunione per gli infermi è una possibilità per far partecipare i fedeli alla celebrazione eucaristica», si giustifica don Adler. C’è la pandemia? Quindi siamo tutti malati. E se siamo tutti malati, tutti possiamo ricevere il nostro bel sacchettino con dentro la Santa Comunione. Se vi è parso di vedere qualche piccolo salto logico nell’argomentazione del gesuita è segno che, nonostante la quarantena forzata, avete mantenuto il ben dell’intelletto.
L’idea, al geniale gesuita, è venuta mentre si preparava per celebrare una Messa in streaming: «Mi mancava qualcosa. Mi sembrava strano celebrare la santa Messa solo per me. C’erano il tecnico e il pianista, ma erano solo di sfondo». E quindi si è chiesto: «La parte essenziale della funzione non è spezzare il Pane e dividerlo con la comunità?».
Di stortura in stortura, Padre Adler si è precipitato a tradurre in realtà l’idea sacrilega che faceva capolino nella sua mente. Alla faccia del discernimento degli spiriti ignaziano. Quindi, in un primo momento, ha testato il suo progetto con due coppie di studenti dell’università. Istruiti via internet su come trattare con rispetto l’Eucaristia consegnata nel sacchettino di carta (sic!), il venerdì antecedente la Domenica delle Palme, gli studenti prescelti per il progetto pilota sono andati a ritirare il “Set-Messa” dal loro cappellano, che è stato bene attento ad osservare la distanza di sicurezza, indossare la mascherina ed i guanti. Tornati a casa, «hanno custodito l’Ostia consacrata in una ciotola preziosa, con un fiore e con una candela accesa. E durante la Messa in streaming, alla domenica, hanno condiviso quest’Ostia».
Visto l’entusiasmo del gruppo pilota per questa iniziativa interattiva, Padre Adler ha pensato bene di allargare anche ad altri studenti ed alle loro famiglie l’iniziativa, per i giorni del Sacro Triduo. Da una parte abbiamo dunque alcuni pastori che ci dicono di rimanere blindati in casa, come segno di responsabilità, perché tanto Dio c’è lo stesso, bla bla bla. Dall’altra, abbiamo quelli che il Signore te lo recapitano nel sacchetto delle caramelle.
Cosa accomuna gli uni e gli altri? La paura del contagio? Probabile. E la paura di solito non è una buona consigliera. Ma la paura non è una colpa. Ad essere una colpa è invece il fatto di non ammettere che si stanno compiendo delle follie in nome di questa paura. Un santo sacerdote, morto qualche anno fa, raccontava questa massima. Che differenza c’è tra un semplice contadino ubriaco ed un prete ubriaco? Il primo va a confessarsi e dice: “Padre, ho alzato troppo il gomito. Mi perdoni”. Il secondo, invece, inizia a spiegare il significato teologico del vino, ripercorrendo tutte le pagine della Scrittura ed arrivando alla fine a sostenere che chi non beve abbondantemente vino non crede in Dio.
Noi poveri fedeli, e con noi molti sacerdoti, possiamo sentire la paura: paura del contagio, paura di essere sanzionati, paura di essere additati e denunciati dai vicini. La sentiamo. Poi ci raccogliamo e diciamo: «Signore, pietà di noi peccatori, perché non abbiamo abbastanza fede. Aumentala tu». Invece certi pastori, anziché battersi il petto, accusano gli irresponsabili che in chiesa ci vanno o ci vogliono andare. Oppure li sminuiscono, affermando, senza un minimo di logica, che Dio non accetta «le preghiere solo da chi esce di casa e va in chiese. Le persone che non possono muoversi, altrimenti, resterebbero escluse» (vedi qui). O ancora, si inventano che, siccome la pandemia ci renderebbe, ipso facto, tutti ammalati, possiamo vivere i sacramenti in regime di fai-da-te, così eviteremo di contagiarci.
Prima la salute. Prima di tutto, questa mera vita biologica. Tutto il resto, compresa la sacralità del Santissimo Sacramento, compreso il desiderio che Dio ha di radunarci nella Santa Eucaristia, di darsi a noi in questo Sacramento di comunione (perché il desiderio è anzitutto di Dio, e poi nostro, ammesso che ci sia), tutto questo viene dopo. Anzi, non viene affatto.
«Chi di voi, per quanto si affanni, può aggiungere un'ora sola alla sua vita? Se dunque non avete potere neanche per la più piccola cosa, perché vi affannate del resto? [...] Non cercate perciò che cosa mangerete e berrete, e non state con l'animo in ansia: di tutte queste cose si preoccupa la gente del mondo; ma il Padre vostro sa che ne avete bisogno. Cercate piuttosto il regno di Dio, e queste cose vi saranno date in aggiunta» (Lc 12, 25-26. 29-31).
Articolo con la collaborazione di Maria Stolz