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#RESTIAMOLIBERI

Sabato prossimo in piazza contro il Ddl Zan

La manifestazione #RestiamoLiberi di sabato 17, in Piazza del Popolo a Roma, è stata convocata per fermare una legge liberticida che mette a repentaglio i fondamenti della democrazia e che prevede azioni penali contro chi manifesta un pensiero a favore della famiglia naturale. Agire ora è necessario al di là della vittoria politica che si auspica in Senato.

Libertà religiosa 13_10_2020

Perché scendere in piazza con lo spettro della pandemia e le restrizioni ordinate dal governo? Perché manifestare quando la maggioranza ha i numeri, almeno alla Camera, per far passare senza problemi questa legge? Perché chiamare di nuovo a raccolta le famiglie prostrate da disoccupazione e una crisi economica senza precedenti?

I motivi per passare il pomeriggio di sabato 17 ottobre sul divano di casa – altro non si può fare dopo la nuova stretta del governo - sono indubbiamente validi e numerosi, ma se risvegliamo un po’ di onestà intellettuale o meglio la nostra coscienza probabilmente siamo costretti ad ammettere che mai come questa volta è importante esprimere, con ogni mezzo che ci è rimasto, il dissenso verso un ddl che rischia di essere il colpo più devastante e definitivo contro la libera espressione del pensiero di tutte quelle persone, movimenti e confessioni che credono nei principi del diritto naturale e dell’umano.

Con l’approvazione del ddl Zan per il contrasto all’omotransfobia si rischierà di diventare omofobi per legge per il semplice fatto di affermare che la famiglia è quella riconosciuta dall’articolo 29 della costituzione, che un bambino ha diritto ad un padre e una madre e a conoscere la propria identità, che i sessi sono due e non più di 50 come indicato da teorie di genere prive di basi scientifiche e che prima di finanziare le associazioni lgbt forse sarebbe molto più utile varare aiuti alla maternità e alla natalità. Anche per molto meno - basta vedere gli attacchi all’autrice di Harry Potter, J. K. Rowling, e al romanziere Stephen King che hanno osato dire che i trans non sono donne – già ora si ottiene la lettera scarlatta affibbiata dall’internazionale del pensiero unico, ma che tutto questo possa avere anche un risvolto penale non è tollerabile e chiama quanto meno ad un sussulto di dignità.

Ragionare sulla valenza di una manifestazione lascia quindi il tempo che trova. Il 20 ottobre il ddl sarà in aula a Montecitorio e la maggioranza giallo-rossa preme per una rapida approvazione. Per questo la manifestazione #restiamoliberi di sabato 17, in Piazza del Popolo a Roma, è stata convocata, lanciando una corsa contro il tempo, da un cartello di Associazioni per la libertà di pensiero, aperto a tutte le realtà che vi intendano aderire.

Tra i primi ad aderire troviamo il Family Day, Pro Vita e Famiglia, Alleanza Cattolica, il Centro Studi Livatino e altre sigle che hanno animato i family day del 2015 contro il gender e del 2016 contro le unioni civili, a queste si aggiungeranno molte realtà che rientrano nel coordinamento Polis pro persona, che riunisce parte dell’associazionismo cattolico vicino alla Cei come il Movimento per la Vita, l’Associazione famiglie numerose, il Movimento Cristiano dei lavoratori e molti altri ancora.

La spinta unitaria arriva dal comunicato della Conferenza episcopale italiana del 10 giugno scorso, con cui i vescovi del nostro Paese hanno espresso forti “preoccupazioni” riguardo all’iniziativa legislativa sostenuta dalla maggioranza Pd-Cinque stelle. I vescovi, che continuano a tenere una posizione molto conciliante con il governo Conte, in quella nota sono stati chiarissimi, cioè hanno detto che il ddl Zan e inutile e dannoso. Inutile perché “non si riscontra alcun vuoto normativo” che “giustifichi l’urgenza di nuove disposizioni” e dannoso visto che porta a “derive liberticide” che finirebbero “col colpire l’espressione di una legittima opinione, come insegna l’esperienza degli ordinamenti di altre Nazioni al cui interno norme simili sono già state introdotte”. Nel comunicato dal titolo “Non serve una legge”, i presuli paventano anche i possibili esiti nefasti del provvedimento: “Per esempio, sottoporre a procedimento penale chi ritiene che la famiglia esiga per essere tale un papà e una mamma – e non la duplicazione della stessa figura – significherebbe introdurre un reato di opinione". 

Certo è vero che i vertici della Cei non hanno più fatto altre mosse per contestare il ddl e che molte realtà laicali cattoliche si guardano bene dal contestare un provvedimento del governo Conte, tuttavia va detto che dopo i toni severi espressi con quel comunicato alcuni pastori hanno continuato a criticare il disegno di legge e ad incoraggiare il dissenso. Insomma diciamo che chi vorrà farsi da parte, lasciandosi mettere il bavaglio su temi fondamentali come filiazione, famiglia e sessualità, non potrà usale l’alibi di una Chiesa che accoglie senza remore il provvedimento.

Quanto la partita sia ancora realmente aperta lo si capirà solo quando il testo approderà al Senato, dove i numeri della maggioranza sono molto più esigui e la manina di qualche senatore cattolico potrebbe giocare qualche scherzo. Resta però doveroso dare un segnale anche a quelle forze politiche del campo conservatore che possono e devono fare la loro parte nelle aule parlamentari.

Gli stessi organizzatori di #restiamoliberi sono consapevoli che il momento storico e gli appena dieci giorni di preparazione non permetteranno loro di replicare i due grandi family day del 2015 e del 2016 ma, scrivono, “non possiamo per questo rinunciare a far sentire la nostra voce”. “Senza la nostra azione oggi in Italia la deriva sarebbe ben peggiore – spiegano ancora i promotori - sarebbero già passate la stepchild adoption e la regolamentazione dell’utero in affitto, più volte chieste da esponenti di partiti progressisti e associazioni lgbt”. Il messaggio è inequivocabile: l’unica battaglia che si è sicuri perdere e quella che non si combatte.