Rosaria, Giastin e Cosimo, i tre vulcani della gioia
I tre fratelli Gravina, che già abitano il Paradiso, ci insegnano a guardare la vita e a leggere la Storia con gli occhi di Dio. Hanno vissuto il tempo della prova sulla loro pelle, per via di una subdola malattia genetica, certi che "Papà Dio" li tenesse costantemente sul palmo delle mani. E hanno accolto Dio senza alcuna riserva perché avevano capito che la loro povertà era il luogo esatto dove Lui voleva venire a salvarli.
La storia di Rosaria, Giastin e Cosimo Gravina è oro colato dal Cielo. Questi tre bambini di San Marco in Lamis (Foggia) ci testimoniano come Gesù Cristo sia realmente vivo. Vivo, non solo nello Spirito che Egli ci manda per sorreggere il mondo, ma anche nella Carne.
Rosaria, Giastin e Cosimo hanno accolto Dio, Lo hanno amato sopra ogni cosa, Lo hanno desiderato ardentemente, in ogni gioioso e sofferto respiro, e Lui si è incarnato in loro fino a trasformarli in Lui.
Ecco perché una maestra di Rosaria un giorno, dopo avere interrogato la bambina, si recò dalla madre e, quasi frastornata da ciò che aveva visto e udito, le disse: “Signora, lei vive in Paradiso!”.
Ed è proprio così, infatti, quando si domanda a mamma Carolina e papà Giuseppe una parola sui loro tre figli che già abitano il Cielo, ci si sente rispondere così: “Non chiedeteci se Rosaria, Giastin e Cosimo vedevano Gesù, la Madonna e gli Angeli, ma chiedetevi cosa abbiamo visto noi… Noi abbiamo visto, sui loro volti, il volto di Dio!”.
Quando ci si accosta al libro fresco di stampa scritto dai genitori e da Enrico Graziano Giovanni Solinas, che racconta la loro vita, si viene letteralmente travolti da uno spirito di gioia che si fatica a comprendere in una logica terrena. Tra le righe, infatti, si comprende che il dolore fisico sofferto da queste tre creature va oltre l’immaginabile se solo si pensa che quando i medici diagnosticarono alla piccola Rosaria, la primogenita, l’Amiotrofia spinale di tipo Werdnig-Hoffmann, le diedero al massimo 14 mesi di vita.
Non andò poi meglio agli altri due fratellini che, secondo le statistiche mediche, sarebbero dovuti nascere del tutto sani, invece capitò che anch’essi furono colpiti dalla medesima patologia genetica secondo una fatalità che poteva verificarsi una sola volta su un miliardo di individui.
Eppure tutti e tre arrivarono sino all’adolescenza senza alcuna spiegazione scientifica: quando i medici vedevano le loro lastre toraciche, coi polmoni fermi allo stadio quasi neonatale, rimanevano loro stessi senza fiato, essendo letteralmente impossibile vivere in quelle condizioni fisiche. “Solo un grande amore ed una dedizione totale hanno potuto tenere in vita così a lungo queste creature”: fu questa l’unica spiegazione che si seppe dare uno di medici che li aveva in cura.
Ma appunto, nel libro traspare perfettamente ciò che accadde nella vita: sebbene la Croce fosse inchiodata alla loro carne, il dolore lasciava costantemente il passo alla gioia, il buio alla luce, e la morte alla continua resurrezione nello spirito, in attesa di quella del corpo.
Lo spiega benissimo Rosaria un giorno parlando col suo dottore: “Sai dottore - gli disse - questa malattia è una grande fregatura. Non posso né ridere né piangere perché il mio cuore non regge ai minimi sforzi". Lui allora le domandò: “E perché piangi Rosaria?”. E lei: “Di gioia dottore, di grande gioia!!”.
Ma non si pensi che questa di Rosaria fosse una frase isolata, frutto di un momento di particolare euforia. La gioia, per queste tre creature di Dio, fu un programma di vita formidabile, che si passarono l’un l’altro come un testimone: “L’unico simbolo di superiorità che conosco è la Gioia”, ripeteva gagliardo Cosimo. (Nella foto a sinistra Rosaria e mamma Carolina)
Un giorno, in chiesa, durante una preghiera, una donna domandò a gran voce la guarigione di Giastin, la bambina preoccupata rispose di tutto punto: “Madonnina non lo fare! Fai guarire chi ne ha veramente bisogno. Io sto tanto bene così!”. Era forse impazzita? Niente affatto. Ogni mattina Giastin si guardava allo specchio ed esclamava: “Quanto sono bella!!”. Poi in perfetto accento pugliese spiegava: “Potessi fare pure schifo al mattino, coi capelli per aria… ma tu devi dire lo stesso: quanto sono bella!! Perché tutti noi siamo ad immagine di Dio e se ci amiamo così come siamo facciamo contento Dio e Lui fa stare contenti anche noi!”.
Che dire? Giastin aveva imparato bene la lezione della sorella Rosaria che prima di salire al Cielo, in segreto, le aveva regalato una pagina del Vangelo – quella delle Beatitudini – dicendole che, se ne avesse realizzata almeno una, si sarebbero rincontrate in Paradiso. Giastin a sua volta fece lo stesso con Cosimo, il quale, ben lontano dal lamentarsi per la sua condizione fisica, amava la vita alla follia. Loro ripetevano sempre: “Se Dio ci ha fatto così è perché serviamo così!”, e ridevano come matti. (Nella foto a destra Giastin Gravina)
C’è chi li ha chiamati Angeli in terra, dal momento che - muniti di sedia a rotelle - nessuno dei tre ha mai poggiato un piede per terra, ma ancor più perché hanno vissuto la loro esistenza in compagnia di Gesù, della Madonna e degli Angeli del Paradiso.
E in un certo senso fu proprio così. Cosimo sin dall’età di due anni disse di avere un amico di nome Pippo con cui faceva ogni cosa: gelato per due, macchinine per due, preghiere per due e via dicendo… Peccato che, a parte Cosimo, nessuno vedesse questo Pippo, tanto che mamma Carolina un bel giorno si ritrovò a pensare: “Ecco, non bastava la malattia, ora c’è pure l’amico immaginario!”. Prese persino un consulto da uno psichiatra dell’infanzia. Risultato: Cosimo era perfettamente sano di mente, eppure Pippo non se ne andava.
Fu un sacerdote a scoprire che Pippo non era affatto immaginario, ma era semplicemente un Angelo. Un giorno infatti Cosimo, vedendo che fuori nevicava, disse all’amico sacerdote venuto in visita a casa sua: “Stai tranquillo Don! ti faccio riaccompagnare a casa da Pippo!”. Il sacerdote sorrise pensando ad una simpatica bambinata. Se non fosse che Cosimo più tardi "redarguì" il Don dicendogli che la prossima volta che avesse dato la cioccolata a Pippo gli desse pure un fazzoletto per pulirsi la bocca, dal momento che era tornato a casa sporco. Alle parole di Cosimo il sacerdote rimase letteralmente di sasso: rientrato a casa da solo, ovviamente per scherzo, egli aveva alzato al cielo un cucchiaio di nutella ringraziando l’angelo per l’assistenza. Ma nessuno lo poteva sapere, a parte lui stesso… e Pippo!
Eppure, questi tre figli del Dio vivente furono molto più che Angeli del Paradiso.
Quando Giastin era piccina si faceva mettere seduta sulle gambe della sorella Rosaria e le leccava il viso. Rosaria si arrabbiava per questo gesto che Giastin ripeteva sempre, perché le dava fastidio, ma la sorellina ridendo diceva: “Come sei buona Rosaria, sei troppo buona! Scusa ma io non riesco a resistere!”. Giastin - che aveva un fiuto per Dio formidabile - già a tre anni aveva capito che in quel corpo, in quella carne, abitava Dio, un Dio Buonissimo, talmente buono da mangiare!
Giastin, pur così piccina, sentiva che l’Incarnazione non è un fatto del passato, che Dio si fa carne sull’Altare di tutte le chiese, nell’Eucaristia, ma anche sull’altare delle nostre vite quando, amando Dio per primo, Lo accogliamo senza alcun limite dentro di noi.
Questo lo sapeva benissimo anche Cosimo, che, insieme all’Angelo custode, vedeva Gesù con i suoi occhi: era infatti cresciuto in loro compagnia.
Un bel giorno il piccolo scoprì che la sua mamma non vedeva Gesù come lo vedeva lui e se ne stupì: “Mamma, ma tu davvero non lo vedi a Gesù?”. Carolina rispose: “No Cosimo, io non lo vedo. E poi stai certo che se io vedessi Gesù in persona, morirei sul colpo!”. Carolina era abituata a sdrammatizzare e ridimensionare le uscite dei suoi figli, eppure ogni volta rimaneva spiazzata dalle loro risposte. Cosimo dunque le rispose: “Mamma, ma che dici?? Tu non moriresti!”. E lei di rimando: “Sì Cosimo! T’ho detto che morirei!”. E lui: “No mamma, tu non moriresti perché tu Gesù lo mangi e non muori: mangiare è molto più che vedere”. (Nella foto a sinistra Cosimo Gravina)
Quando salirono al Cielo, tutti e tre vollero organizzare nei minimi dettagli la loro “festa più bella” e Dio esaudì perfettamente ogni loro desiderio, compreso quello di Cosimo di strombazzare per il paese con un mezzo bello potente, essendo lui patito per i motori. Ebbene il giorno prima del suo funerale arrivò alle pompe funebri il nuovo carro funebre e lui fu il primo a testarne la potenza ed il clacson. O quello di Giastin che in quel giorno voleva a tutti i costi la nebbia: “Ma figlia mia perché vuoi andare in Cielo con la nebbia?”, le chiese stranita la madre. “Mamma! Immaginati l’effetto scenografico: quando arrivo dal mio Gesù uscendo dai fumi come una star!”. Per quel giorno Giastin si fece mettere i suoi pantaloni con la scritta LOVE a caratteri cubitali - “Perché Gesù è l’amore della mia vita!” - e ci fu la nebbia fitta-fitta.
Non si può altro che rimandare alla lettura del libro per approfondire la ricchezza di queste tre creature di Dio augurando a tutti di conoscerli. Rosaria Giastin e Cosimo ci sono davvero maestri nella fede ed in questi tempi di prova ci insegnano che non esistono tempi buoni e tempi cattivi, esistono la Volontà di Dio e la sua Grazia ed in esse c’è la Gioia piena. Nella loro condizione essi avrebbero potuto maledire la vita, invece l’hanno benedetta in ogni istante, gioendo dentro ad ogni singola circostanza, e glorificando quel Dio immensamente Buono che li ha creati per la Vita Eterna.