Roma, contro l'alluvione più lavori verdi meno green economy
L'alluvione a Roma non è prodotta da un evento climatico "eccezionale" come dichiara il sindaco. Piogge simili si sono verificate periodicamente da sempre. Di eccezionale, qui, c'è solo la mancanza di prevenzione.
«Una paura particolare sia per il disastro attuale che per il futuro (venne) da un’improvvisa inondazione del Tevere, che con uno smisurato ingrossamento, abbattuto il ponte Sublicio e riversatosi per la rovina della diga contrapposta, allagò non solo le parti basse e piane della città, ma anche quelle sicure contro sciagure di tal genere; molti furono trascinati fuori dalla pubblica via, parecchi furono sorpresi nelle osterie e nelle camere da letto. Fra il popolo dilagò la fame, la povertà e la carestia. Le fondamenta dei caseggiati furono danneggiate dalle acque stagnanti».
Sembra un commento della situazione romana attuale, invece si tratta di un resoconto del 69 d.C. dell’autore Tacito. I romani non mancavano di intervenire sulla prevenzione, non solo con interventi di pianificazione territoriale su larga scala, ma anche stimolando nei privati una vera e propria «presa di coscienza collettiva» così da mettere ogni cittadino in condizione di cooperare per quanto possibile all’interesse generale. I romani sapevano che, per contrastare le inondazioni, occorre in primo luogo rimuovere i materiali solidi e la vegetazione dal letto del fiume per il ripristino del suo regolare deflusso. Per questo, come ci racconta Aulo Gellio, un erudito del II secolo d.C., un pretore di età repubblicana diede ai privati la possibilità di agire in giudizio nell’interesse generale contro quell’appaltatore che, nonostante l’impegno assunto verso la collettività, non avesse eseguito il lavoro a regola d’arte (testo integrale qui).
In questi giorni sembra essere tornati al 4 febbraio del 1948, basta rivedere il filmato dal titolo “Il maltempo quest'anno: piena del Tevere. Piena dell'Arno”, i commenti dell’epoca possono sorprendere per la mancanza di tragicità rispetto agli attuali. Se invece volete vedere quando si commentava la piena del Tevere ricorrendo alle similitudine con le “bombe” d’acqua e la descrizione di un cambiamento climatico improvviso basta rivedere il filmato del 21 novembre 1946 dal titolo “La grande pioggia. L'allagamento di Roma”.
Nel filmato “Il maltempo che ha colpito la città” del 22 dicembre 1937, potete rivivere una piena del Tevere peggiore dell’attuale, quasi 17 metri a secondo l'idrometro di Ripetta rispetto il massimo dello scorso 1 febbraio che dovrebbe esser arrivato a 12,72 metri, dato attuale. Molti altri filmati possono essere trovati su internet su eventi di maltempo a Roma e successiva piena del Tevere, comun denominatore di tutti sembra l’eccezionalità dell’evento ed il ringraziamento alle persone intervenute per aiutare la popolazione colpita.
Rispetto alla situazione descritta nei filmati d’epoca, la città attuale si è enormemente ingrandita con una periferia sterminata, la popolazione è aumentata di molto e sono presenti metropolitane che al tempo non potevano bloccarsi. L’unico fatto nuovo ed inspiegabile è come fa l’attuale pioggia di Roma a scavare numerose buche profonde nell’asfalto, dopo una precipitazione moderata/forte sembra davvero che le strade siano state bombardate. Ma come sono state fatte o rifatte?
Il Sindaco Marino, come all’epoca della neve Alemanno, nelle interviste ha parlato di evento meteorologico eccezionale, ha detta di molti intervistati in TV Roma è stata colpita da una vera e propria bomba d'acqua, fino a 90-130 mm in sole 6-12 ore. Sembra che, nonostante l’avviso della Protezione Civile di Giovedì, dopo le copiose della notte, l’unità di crisi si è riunita alle ore 07.00 di Venerdì.
I 90-130 mm in 6-12 ore sono i massimi rilevati, comunque i quantitativi anche nelle altre zone sono stati tutt’altro che trascurabili. Ma tali eventi si erano già verificati in passato e quindi era possibile aspettarseli e prevenire? Il 27 agosto 1953, a Roma ci fu una tempesta, ove misurata la precipitazione superò i 100 mm in un’ora, che fece cadere le mura storiche, causò due morti e venti feriti (non c’era ancora la protezione civile su cui scaricare eventuali responsabilità). Ci furono anche delle manifestazioni degli alluvionati, l’acqua non solo allagò gli scantinati ma arrivò al metro di altezza in alcuni punti della città. Potete rileggere i ritagli di quotidiani dell’epoca.
Le precipitazioni massime giornaliere dal 1865 ad oggi, superiori a 130 mm, misurate presso l’Osservatorio Meteorologico del Collegio Romano sono state a maggio 133.9 mm nel 1953, a ottobre 142.2 mm e 159.8 mm nel 1922, a novembre 149.7, 157.7 e 163.2 mm nel 1946.
Sorprendentemente anche gli eventi eccezionali di questi giorni non hanno colpito i quartieri nobili di Roma, ad esempio non risultano allagati o evacuati i Parioli. I cambiamenti climatici, seppur globali, colpiscono “stranamente” sempre la periferia dove passano con minor frequenza i servizi a pulire i tombini, le case sono state costruite senza aver un piano urbanistico, i torrenti o canali di scolo sono o tombati o pieni di detriti ed immondizia.
Un esempio della situazione può esser Prima Porta, una delle zone maggiormente allagate. L’area era già nota come allagabile e ad alto rischio, seppur edificata da poco lo era stata già stata almeno nel 1965, 1984, 1987, 2002, 2004, 2005. Erano state individuate le cause degli allagamenti: «Avvenuti per una concomitanza di fattori: insufficienza del reticolo fognario e delle sezioni dei fossi di drenaggio superficiale; rigurgito dei condotti fognari adduttori agli impianti idrovori (in particolare per l’impianto di via Frassineto), malfunzionamento degli impianti idrovori; mancata chiusura delle paratoie dell’impianto di via Ferloni». Potete leggere tutto nelle 72 pagine del PIANO SPEDITIVO FINALIZZATO A RIDURRE LE CONDIZIONI DI RISCHIO DEI SOGGETTI ESPOSTI A RISCHIO DI ALLAGAMENTO NEL QUARTIERE DI PRIMA PORTA (Anno 2006) pubblicato sullo stesso sito della Protezione Civile di Roma. Sembra che le idrovore che dovevano salvare la zona però stavolta abbiano funzionato solo in parte, ha detto a Sky Tg24 il vicesindaco di Roma Luigi Nieri: «Molte di queste cose si potevano evitare facilmente. Ci sono delle responsabilità che vanno individuate». «A Prima Porta di sei idrovore ne funzionavano solo tre, abbiamo dovuto parlare con il prefetto. C'è anche rabbia per quello che è successo».
Analoga la situazione della zona dell’Infernetto, essa si allagò già nello stesso modo il 20 ottobre 2011 causando la morte di una persona. Anche l’allagamento ed i danni a Modena e Ponsacco sono dovuti ad un cedimento dell’argine, probabilmente dovuto ad incuria.
Fino a poco tempo fa eravamo angosciati per la desertificazione, la siccità, le piogge intense. Scopriamo invece che in questi anni sta tornando a piovere e che anche la quantità della precipitazione, non solo l’intensità, può far danni. Ci hanno convinti che potevamo prevedere il clima tra 100 anni ed invece siamo sorpresi dagli eventi meteorologici a breve, definiti sempre eccezionali.
Tutte le persone sono state persuase che la “green economy” è l’energia rinnovabile, la tecnologia d’idrogeno; ci ripetono ogni giorno tutti i mass-media che per salvare il mondo è indispensabile prolungare il Protocollo di Kyoto.
Se avessimo invece capito che “lavori verdi” veri erano quelli dei contadini, degli ingegneri per migliorare le infrastrutture e treni, degli operai per mantenere puliti i canali, dei falegnami che producevano infissi migliori, di industrie che producono manufatti che durano per tantissimo tempo, etc. investendo la stessa enorme quantità di denaro usata per mitigare il clima, ora sicuramente piangeremo meno morti e meno danni, avremo fatto lavorare italiani invece dei cinesi, la qualità della vita delle persone sarebbe migliorata e non saremo costretti ad inventare termini, come “bombe d’acqua”, per far apparire nuovi i vecchi ed irrisolti problemi.