Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Marco a cura di Ermes Dovico
CASO KENOSHA

Rittenhouse assolto, i media e i Dems soffiano sul fuoco

Una sentenza di assoluzione provoca nuovi disordini nelle città americane. Ma questa volta non c’è l’uccisione di un nero alla base della nuova ondata di proteste, bensì il processo a Kyle Rittenhouse, ragazzo che, ancora minorenne, ha ucciso, per difendersi, due militanti antifa che lo stavano attaccando. I media e i Dems soffiano sul fuoco

Esteri 21_11_2021
Rittenhouse abbraccia l'avvocato al momento del verdetto

Una sentenza di assoluzione provoca nuovi disordini nelle città americane: ormai sta diventando uno scenario consueto. Ma questa volta non c’è l’uccisione di un nero (e l’assoluzione del suo uccisore bianco) alla base della nuova ondata di proteste, bensì il processo a Kyle Rittenhouse, il ragazzo che, ancora minorenne, ha ucciso, per difendersi, due persone (americani bianchi, di origine tedesca) che lo stavano aggredendo, ai margini di una manifestazione “antirazzista”. Per la piazza di Antifa e Black Lives Matter (Blm), quel ragazzo non doveva essere assolto. Ed ora la marea monta. Nonostante gli inviti alla calma, media e politica democratica soffiano sul fuoco.

La protesta più violenta è attualmente a Portland, Oregon, dove la polizia ha proclamato uno stato insurrezionale dopo che circa duecento persone hanno sfasciato vetrine e lanciato pietre. Ora a Portland, già uno degli epicentri della protesta di Blm, i militanti di sinistra minacciano di attaccare anche la sede del tribunale. New York (dove Blm minacciava di fare “un bagno di sangue”) e Chicago sono state anch’esse teatro di altre violente proteste, anche se minori rispetto a Portland.

Lo scorso 25 agosto, Kyle Rittenhouse, 17 anni, nel pieno della protesta di Kenosha di Black Lives Matter e Antifa contro la violenza della polizia (un afroamericano, Jacob Blake, era stato ferito e lasciato invalido, giorni prima, da poliziotti) era sceso in piazza con un fucile e un kit del pronto soccorso per difendere i negozianti locali da eventuali atti di vandalismo. Rittenhouse non era di Kenosha, Wisconsin, ma di Antioch, Illinois. Tuttavia era originario di Kenosha dove aveva lavoro e manteneva rapporti con amici e parenti. I negozi sono stati puntualmente attaccati durante le proteste. Aggredito da militanti di sinistra, alcuni dei quali armati, Rittenhouse si è difeso sparando. Ha ucciso due dei suoi aggressori, Joseph Rosenbaum e Anthony Huber e ne ha ferito un terzo, Gaige Grosskreutz. Nel corso del processo, quest’ultimo ha ammesso di aver puntato una pistola su Rittenhouse prima di essere colpito e ferito al braccio.

L’accusa di detenzione illegale dell’arma è stata la prima a cadere, perché nel Wisconsin la legge locale permette anche a un minorenne di detenere un’arma, purché non sia a canna corta. L’arma era già a Kenosha ed era detenuta legalmente. Anche l’accusa di essersi recato a Kenosha per provocare disordini è caduta nel corso del processo, perché Rittenhouse ha agito con il consenso della comunità locale, anche se non delle autorità cittadine (sindaco e sceriffo) che erano contrarie alle ronde di vigilantes volontari. Si era recato a Kenosha un giorno prima del fatto di sangue, dunque non si è deliberatamente tuffato nel disordine “a caccia di prede”. Alla fine il tribunale di Kenosha ha assolto Rittenhouse, ora 18enne, da tutte e cinque le accuse, fra cui un omicidio volontario e uno colposo che avrebbero potuto fargli trascorrere una vita in carcere. Kyle ha dunque agito per legittima difesa: questo è il fatto riconosciuto dalla giuria.

La giuria ha dovuto elaborare il verdetto in quattro giorni molto difficili. I giurati hanno subito la pressione diretta della piazza: il movimento di protesta, radunato fuori dal tribunale, cantava lo slogan “non ci sarà pace, senza giustizia”. Nonostante la minaccia esplicita di nuovi disordini, i giurati hanno emesso il loro verdetto sulla base delle prove e delle testimonianze. I media non sono stati da meno della piazza. Lo stesso giudice Schroeder, esasperato, ha dichiarato che la copertura mediatica del processo fosse “grossolanamente irresponsabile”, “vergognosa” e “spaventosa“. Ha espulso Msnbc dal tribunale, dopo che un produttore è stato multato mentre passava il semaforo rosso. Ma lo stava passando perché inseguiva il bus dei giurati. La Msnbc si è dimostrata particolarmente accanita contro l’imputato appena maggiorenne. I suoi conduttori dall’inizio del processo, lo hanno ritratto come un “suprematista bianco”, un “terrorista interno” che agiva come un “giustiziere” o semplicemente “stragista”. Rittenhouse è scoppiato in lacrime al momento del verdetto: per alcuni mesi è rimasto in sospeso tra una vita libera ed una in carcere e si può anche comprendere l’emozione del momento, ma l’inviata Joy Reid ha deriso l’imputato per le sue “lacrime di coccodrillo”.

La politica democratica sta facendo tutto il possibile per calmare la protesta? Non tutto, considerando dichiarazioni come quella di Jerrold Nadler, presidente della Commissione giustizia della Camera (del Congresso): su Twitter ha definito il verdetto di Kenosha come un “aborto della giustizia” che “giustifica un’ispezione federale del Dipartimento di Giustizia”. Più incendiario ancora Gavin Newsom, il governatore della California: «America oggi: puoi infrangere la legge, portare un’arma che è stata progettata per uso militare, sparare e uccidere gente e poi farla franca». Nel mondo dell’associazionismo dei diritti degli afro-americani, il presidente del Naacp (National Association for the Advancement of Colored People) giunge a dire che il verdetto «ci ricorda del ruolo subdolo della supremazia e del privilegio bianchi nel nostro sistema giudiziario». Anche se qui, appunto, è un bianco (figlio di proletari e povero) che ha ucciso altri bianchi, non c’entra la questione razziale se non molto indirettamente, tantomeno il “privilegio”.

Ma il presidente Joe Biden, cosa dice? Lancia un proclama ambiguo, che invita alla calma, ma inizia con «Il verdetto a Kenosha lascia molti americani, me compreso, con un senso di indignazione e preoccupazione…». Il presidente, dunque, si definisce indignato e preoccupato per un verdetto della magistratura, basato su prove e testimonianze. È il modo migliore per placare gli animi?