Risolto il mistero Nord Stream, un sabotaggio ucraino con molti complici
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Nonostante i tentativi di attribuire la responsabilità ai russi, il sabotaggio di Nord Stream 2 è opera degli ucraini, come ammettono gli stessi protagonisti. Ma anche Polonia e Usa potrebbero aver partecipato.
L'esplosione del gasdotto Nord Stream 2, il 26 settembre 2022, sarebbe stata pianificata da un gruppo di alti ufficiali e uomini d'affari ucraini, andando contro gli ordini del presidente Volodymyr Zelensky e della CIA. Lo ha scritto il 15 agosto il Wall Street Journal in una ricostruzione di quello che definisce «uno degli atti di sabotaggio più audaci della storia moderna».
Secondo diverse fonti, a guidare la messa a punto del piano c’era l'allora comandante delle forze armate ucraine, il generale Valery Zaluzhny, rimosso quest'anno dal presidente Zelensky e ora ambasciatore a Londra. Secondo il WSJ l'operazione è costata circa 300mila dollari e ha visto l’impiego di un piccolo yacht noleggiato in Polonia e di un equipaggio di sei membri, tra cui sommozzatori civili addestrati.
Uno di loro era una donna, la cui presenza ha contribuito a creare l'illusione che si trattasse di un gruppo di amici in crociera di piacere. Un ufficiale coinvolto nell’operazione ha detto al quotidiano americano che «tutto è nato da una notte di forti sbronze e dalla ferrea determinazione di una manciata di persone che hanno avuto il coraggio di rischiare la vita per il loro Paese».
Zelensky ha inizialmente approvato il piano, secondo un ufficiale che ha partecipato e tre persone a conoscenza dei fatti. Ma in seguito, quando la CIA ne è venuta a conoscenza e ha chiesto al presidente ucraino di rinunciare, il leader di Kiev avrebbe ordinato di fermare l’operazione. Nonostante questo, il generale Zaluzhny avrebbe dato il via all’operazione coinvolgendo ufficiali delle forze speciali che avevano esperienza nell'organizzazione di "missione segrete rischiose" contro la Russia.
Secondo la ricostruzione del Journal, il patto stretto nel maggio 2022 tra imprenditori e ufficiali ucraini, prevedeva che i primi avrebbero finanziato l’attentato sopperendo alla carenza di fondi della Difesa. Il WSJ ha parlato con quattro alti funzionari della difesa e della sicurezza ucraina che hanno partecipato o erano direttamente a conoscenza del complotto. Parti del loro racconto coincidono con quanto emerso dall’indagine tedesca durata quasi due anni e che ha puntato il dito su sabotatori ucraini a bordo di una barca noleggiata in Polonia.
L'inchiesta tedesca non ha collegato però il presidente Volodymyr Zelensky all'operazione clandestina ma ha emesso un mandato d'arresto europeo contro un cittadino ucraino accusato di essere uno degli autori del sabotaggio. Il sospettato, chiamato Volodymyr Z. (non ridete) sarebbe un istruttore subacqueo di cui si sono perse le tracce mentre altri due sub ucraini sarebbero indiziati secondo i media tedeschi.
Zaluzhny ha dichiarato di non sapere nulla di tale operazione. Del resto appare facile oggi scaricare responsabilità sul generale “trombato” da Zelensky perché più popolare di lui e interessato a candidarsi alle elezioni presidenziali che Zelensky ha poi annullato. Appare però improbabile che in piena guerra con la Russia il generale potesse gestire da solo un’operazione dai risvolti internazionali, strategici ed economici così rilevanti così come è impossibile che gli anglo-americani, i cui uomini sono dal 2014 integrati in tutti i gangli decisionali politici, militari e di intelligence ucraini, non ne fossero al corrente.
«Il coinvolgimento dell'Ucraina nelle esplosioni del Nord Stream è un'assoluta assurdità. Non c'era alcun senso pratico in tali azioni per l'Ucraina», ha detto all'Afp il consigliere presidenziale Mykhailo Podolyak, lo stesso che nel settembre 2023 accusò il Papa di essere filorusso.
Altre rivelazioni, questa volta dalla Germania, allargano le responsabilità dell’attentato alla Polonia. L'ex capo dell'intelligence tedesca August Hanning ha detto a Die Welt che Zelensky e il presidente polacco Andrzej Duda potrebbero aver concordato di sabotare i gasdotti Nord Stream spiegando così il rifiuto di Varsavia di partecipare alle indagini. Secondo gli investigatori tedeschi, citati dai media, le autorità polacche «non erano pronte a collaborare fin dall'inizio».
Hanning sostiene che questo "atto terroristico di Stato" non poteva essere un'iniziativa privata. «Come hanno dimostrato i risultati dell'indagine, qui ha agito una squadra ucraina. Tuttavia, il sabotaggio sarebbe stato possibile solo con il supporto da terra e a giudicare dalla mappa le forze speciali polacche erano chiaramente coinvolte», ha detto l’ex capo degli 007 tedeschi. «Tali decisioni vengono prese al più alto livello politico, credo che ci sia stato un accordo tra il presidente Zelensky e il presidente Duda», ha aggiunto Hanning.
Le valutazioni di Hanning sono state accolte bruscamente a Varsavia. Il vice primo ministro Krzysztof Gawkowski ha smentito che il suo Paese sia coinvolto nel sabotaggio. «La Polonia non è stata in alcun modo coinvolta, si tratta di una menzogna».
Eppure, molti degli aspetti emersi negli ultimi giorni sulla vicenda, che indusse la procura generale russa ad avviare un procedimento penale con l'accusa di terrorismo internazionale, erano già noti e altri sembra siano stati stranamente dimenticati.
Innanzitutto con un’operazione mediatica che ha coinvolto tutte le nazioni occidentali e moltissimi organi d’informazione (anche in Italia), nelle settimane successive all’attentato la responsabilità venne attribuita alla Russia, benché Mosca non avesse proprio alcun interesse a distruggere gasdotti che le erano costati decine di miliardi e che a guerra in Ucraina terminata avrebbero potuto rifornire ancora Germania ed Europa di gas russo. Meglio ricordare che chiunque evidenziasse questo anche sui media mainstream italiani venne tacciato di essere “filorusso”.
Tutti gli esperti concordarono con quanto detto ieri da Henning e cioè che un sabotaggio di queste dimensioni non può essere opera di un gruppo di avventurieri poiché sono necessarie competenze, assetti e capacità in possesso solo di marine militari. L’inchiesta giornalistica di Seymour Hersh, basata su fonti d’intelligence statunitensi puntò il dito sugli Stati Uniti con il supporto di alcuni alleati in Europa.
Meglio poi ricordare che il presidente polacco Duda salutò pubblicamente come un grande risultato la distruzione dei Nord Stream mentre l’ex ministro degli Esteri Radoslaw Sikorsky (oggi tornato a ricoprire quell’incarico nell’attuale governo polacco) ringraziò con un post su Twitter gli Stati Uniti per la distruzione dei gasdotti, salvo poi cancellare poco dopo il tweet.
È forse il caso di ricordare anche che il giorno dell’esplosione dei gasdotti russo-tedeschi in Polonia si inaugurava il nuovo gasdotto che riforniva Varsavia di gas norvegese e che la Polonia, come l’Ucraina, non avevano mai nascosto né l’ostilità nei confronti del Nord Stream che permettevano alla Germania di ricevere gas russo via mare senza dipendere dai gasdotti che attraversano i loro territori. Inoltre Varsavia non aveva mai fatto mistero di ambire a sostituire la Germania come hub energetico per il Nord Europa.
Prima di dare la caccia a fantomatici sub ucraini che avevano pianificato il sabotaggio tra una sbronza e l’altra (come suggerisce una fonte del WSJ), vale forse la pena di ricordare che gli Stati Uniti si erano impegnati fin dal 2014 a indurre gli europei a rinunciare al gas russo. Al punto da premere sulla Bulgaria affinché bloccasse il progetto South Stream, gasdotto che avrebbe portato il gas russo fino in Austria e in Puglia attraverso i Balcani.
Washington non ha mai nascosto la sua ostilità nei confronti del Nord Stream 2 nominando addirittura un sottosegretario che si occupasse di ostacolarne l’entrata in funzione. Inoltre sia il presidente Joe Biden sia il sottosegretario Victoria Nuland hanno dichiarato pubblicamente che in caso di guerra in Ucraina il Nord Stream avrebbe cessato di esistere.
Dichiarazioni che forse possono far intuire perché quest’anno l’inchiesta svedese sia stata chiusa con un nulla di fatto così come quella della Danimarca, che ammette che i gasdotti sono stati “intenzionalmente sabotati” ma aggiunge che “non ci sono i presupposti per aprire un’inchiesta penale e individuare i responsabili”.
Se ancora non basta ricordiamo anche l’ingloriosa fine del premier britannico Liz Truss. Subito dopo l’esplosione dei gasdotti avrebbe inviato al segretario di stato statunitense Anthony Blinken un messaggio col telefono con scritto “È fatta!”. L’intelligence russo, che intercettava il suo cloud, lo rese pubblico. Londra negò e accusò Mosca di disinformazione e di diffondere fake-news ma la signora Truss dovette stranamente dimettersi meno di un mese dopo l’esplosione dei gasdotti, stabilendo il record assoluto di più breve permanenza a Downing Street (6 settembre - 25 ottobre 2022) e fu costretta persino a lasciare la presidenza del Partito Conservatore.
Il tema fondamentale oggi non è solo chiarire quanti abbiano responsabilità in quell’attentato che costituisce il più grave attacco strategico alla Germania dalla fine della Seconda guerra mondiale e all’Europa tutta, ma bensì osservare che né Berlino né l’Europa sembrano avere capacità e attributi per reagire a un attacco così grave portato da coloro che ancora ci si ostina a considerare alleati.
Dietro la Germania che continua ad armare l’Ucraina e resta alleata della Polonia contro i russi che la rifornivano di gas emerge tutta la squallida irrilevanza e sudditanza dell’intera Europa. Il risultato di quell’atto terroristico e della gestione europea della guerra in Ucraina è sotto gli occhi di tutti.
Nulla di cui stupirsi quindi se pochi giorni or sono, intervistato da La Verità, Davide Tabarelli (Nomisma Energia) ha sintetizzato l‘attuale situazione energetica con una breve ma significativa frase: «L’Italia paga il gas 40 euro a megawattora, gli Usa solo 7».