Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Sant’Agnese da Montepulciano a cura di Ermes Dovico
LA NUOVA "GIACULATORIA"

Rischi/benefici: fare chiarezza per evitare gli obbrobri

Di fronte ai sempre più casi di reazioni avverse da vaccino covid, come quello di Francesca Marcon, i giornali sono pronti con la nuova giaculatoria: "i benefici superano i rischi". E' falso: il principio di proporzionalità deve considerare le singole persone, non la popolazione in generale. Lo ricordava anche il cardinal Sgreccia: l’individuo non è parte, ma persona; è un obbrobrio morale ritenere che se la collettività ne trae giovamento, allora il singolo può anche rischiare di morire. 

Editoriali 23_08_2021 English Español

“Malori” nel sonno, mentre si guida l’auto o si è in spiaggia sdraiati sul lettino. Miocarditi, pericarditi, trombosi, neuropatie e Dio solo sa cos’altro. Ma non vi preoccupate: è tutto a posto, perché i benefici superano i rischi. Ormai ce lo dicono tutti, soprattutto ogni volta che c’è qualcuno che ci lascia la pelle a causa del vaccino.

Come il Corriere (vedi qui), che subito ha attivato i suoi “Canadair” per estinguere un potenziale incendio di ribellione che lo sfogo della pallavolista Francesca Marcon avrebbe rischiato di appiccare. Le miocarditi e le pericarditi sono rare e l’infiammazione si risolve in poco tempo, ci assicura l’articolista Cristina Marrone. In effetti, se sopravvivi, potresti anche risolvere l’infiammazione; ma potresti anche cronicizzarla e finire in terapia intensiva, come Yarno Van Herck, Xander Verhagen e Joppe Erpels, tre giovani ciclisti minorenni, della squadra belga Kempen Acrog-Tormans (vedi qui). Come facciamo a sapere che le infiammazioni al miocardio o al pericardio dovute al vaccino si risolveranno tutte senza problemi? Semplice: non lo sappiamo, dal momento che è solo da qualche settimana che si stanno verificando. Ma la Marrone, deve avere una sfera di cristallo o un carisma profetico. Ed anche un pallottoliere, visto che si mette a fare i conticini per rilanciare senza alcun dubbio la nuova giaculatoria: i benefici superano i rischi. Miserere nobis.

Ditelo a chi ci ha lasciato la pelle: 15.000 in Europa (e sono dati al ribasso); o ditelo a chi dopo mesi dalla vaccinazione continua a star male: sono circa 2 milioni di invalidi permanenti (cifra sempre in difetto); o magari ditelo a questa signora di 49 anni, che una settimana dopo aver ricevuto il siero di Pfizer, si è trovata con necrosi su tutta la pelle del corpo. Si chiama sindrome di Steven-Johnson, una malattia estremamente rara, che la povera donna si è presa in seguito alla vaccinazione. Se decidete di guardare le foto, prima di farlo sappiate che sono particolarmente impressionanti. Ma bisogna avere il coraggio di guardare, per capire quanto la chiusura dell’Abstract che riporta il caso sia stucchevole: «Questo caso mostra una complicazione estremamente rara causata dal vaccino Covid-19. I benefici di ricevere il [vaccino] Covid-19 superano il potenziale rischio».

Sarebbe ora che anche alla Congregazione per la Dottrina della Fede prendessero posizione contro il sempre più diffuso modo di intendere il principio del rapporto rischi/benefici. Anzitutto perché buona parte di chi va a vaccinarsi, più o meno costretto, non è un malato terminale, bensì una persona sostanzialmente sana, che molto spesso non ha mai avuto nemmeno l’influenza. Persone che fanno sport, anche a livello agonistico, che non prendono neppure una medicina, che però vengono considerate dei cadaveri ambulanti, che certamente prima o poi prenderanno la Covid-19 e la prenderanno in modo così grave che ci lasceranno le penne. Fantascienza. Il principio del rapporto rischio/beneficio nel caso della vaccinazione dev’essere quindi tirato in ballo con estrema prudenza, perché si tratta per l’appunto di persone sane, almeno nei confronti di quella malattia contro cui si subisce l’inoculazione.

Inoltre, non si può far finta che non esistano cure. L’articolista del Corriere, per esempio, dava per scontato che Francesca Macron, se avesse contratto la malattia, avrebbe avuto più probabilità di finire in ospedale che non di avere una miocardite. Peccato che questi calcoli vengano fatti con dati che dipendono dallo stralunato protocollo "paracetamolo e vigile attesa".

Terzo aspetto, che appare come il più importante nel nostro contesto di nuovo totalitarismo ormai acclarato, è che il principio di proporzionalità deve considerare le singole persone vaccinate, con la loro storia clinica specifica, e non solamente la popolazione in generale.

Il Cardinale Elio Sgreccia, nel suo fondamentale Manuale di Bioetica, faceva presente il rischio di deviare verso un’idea collettivistica di questo bilanciamento. Il contesto di riferimento riguardava la questione dei feti: un singolo feto non può essere sacrificato per il bene, presunto o reale, della collettività. Il principio però rimane valido in tutti i contesti. Sgreccia faceva presente che il sacrificio del singolo non può essere accettato, come se si trattasse di rinunciare ad una parte per salvare il tutto, «perché il soggetto singolo non è una parte dell’organismo sociale, ma è lo scopo della società; il bene comune va inteso come il bene dei singoli».

L’individuo non è parte, ma persona; è dunque un obbrobrio morale ritenere che se la collettività ne trae giovamento, allora il singolo può anche rischiare di morire o di avere un danno grave e spesso irreversibile. L’unica logica moralmente ammissibile è quella di valutare che gli eventuali effetti avversi del vaccino sulla persona concreta risulterebbero di lieve entità e transitori. Il bene della persona non è sacrificabile sull’altare della collettività. Sgreccia precisava che «è lecito chiedere al singolo [...] una quota di sacrificio o di rischio per il bene di tutta quella società di cui ognuno è membro»; tuttavia «non si può applicare il concetto di “parte” e “tutto” rispettivamente alla persona singola e alla società: nella persona singola c’è il valore globale e il motivo fondamentale dell’esistenza stessa della società. Salvo il caso della legittima difesa, non si può mai quindi esporre al rischio di morte il singolo per il vantaggio della società».