Risarcire i nipoti degli schiavi? Una trappola morale
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Lo Stato della California, seguito più recentemente da quello di New York, sta pensando seriamente di risarcire i discendenti degli schiavi neri. Apparentemente si tratta di un’iniziativa giusta, sul piano storico e morale. Ma nasconde molte trappole, sia economiche, sia, soprattutto, morali.
Una delle proposte principali (se non la principale) della conferenza di Durban contro il razzismo, del 2001, era il risarcimento per la schiavitù. Allora era inteso come un risarcimento, da parte dei Paesi europei e nord-americani (della schiavitù araba non si era neppure parlato), a beneficio dei Paesi africani che avevano subito la tratta degli schiavi. Lo Stato della California, senza essere sollecitato dai governi di quel che oggi chiamiamo il Sud Globale, potrebbe compiere un passo ulteriore: risarcire, individualmente, tutti coloro che dimostrino di essere discendenti delle vittime della schiavitù. Lo Stato di New York ha iniziato a seguirne l’esempio. Apparentemente si tratta di un’iniziativa giusta, sul piano storico e morale. Ma nasconde molte trappole, sia economiche, sia, soprattutto, morali.
Nel 2020 si era riunito un gruppo di studio nominato dal governo della California, subito dopo l’uccisione dell’afro-americano George Floyd, da parte della polizia a Minneapolis. Si era nel pieno della protesta di Black Lives Matter e anche nel mezzo della campagna elettorale per le presidenziali, mentre nel Paese c’erano ancora la pandemia e le chiusure anti-pandemiche. Il governatore Newsom, democratico, ha dunque compiuto una scelta ad alto impatto mediatico. Ora che i lavori sono conclusi, la commissione presenta il conto che sarebbe necessario per i risarcimenti. Gli economisti assunti dal gruppo di studio hanno stimato che l'impatto storico delle politiche statali sui neri californiani potrebbe raggiungere gli 800 miliardi di dollari. Alcuni individui idonei al risarcimento potrebbero avere diritto a più di 1,3 milioni di dollari ciascuno. Non ci sono abbastanza soldi per soddisfare questa richiesta: il bilancio statale della California per l’anno fiscale in corso ammonta a 308 miliardi di dollari. I leader politici stanno attualmente discutendo su come colmare un deficit stimato in 32 miliardi di dollari.
Il potere legislativo locale, inizia a frenare, ancor prima della presentazione ufficiale del rapporto. Fino al gennaio dell’anno prossimo non se ne parlerà. Non si discute solo di risarcimenti monetari, ma anche di programmi sociali per aiutare i discendenti degli schiavi ad accedere all’istruzione superiore, ad acquistare una casa o ad avviare un’attività imprenditoriale. Eppure anche lo Stato di New York sta seguendo l’esempio dello Stato della costa occidentale. Giovedì i legislatori dello Stato di New York hanno concluso la sessione legislativa creando una commissione per studiare gli "effetti persistenti" della schiavitù.
Prima di tutto è singolare che né la California né New York erano Stati schiavisti. La California, arricchitasi demograficamente ed economicamente con la “corsa all’oro”, è entrata a far parte dell’Unione come Stato libero. La colpa storica è indiretta: la California aveva approvato una legge sugli schiavi fuggitivi che permetteva di catturare e restituire ai proprietari gli schiavi portati in California. New York ha abolito la schiavitù nel 1827 e durante la Guerra Civile (1861-65) ha combattuto con il Nord contro il Sud schiavista. La battaglia dei due Stati, dunque, è di natura più ideologica, contro il razzismo in sé, che non mossa da un sincero pentimento sulla loro storia.
Ad un secolo e mezzo dall’abolizione della schiavitù, “Chi pagherà per questo?”, si legge in una lettera pubblica indirizzata alla commissione, in cui si esprime il timore che un simile programma possa sottrarre fondi all’istruzione pubblica e dare priorità alle sofferenze di un gruppo rispetto ad altri. “Dovrebbero pagare i giapponesi-americani le cui famiglie sono state internate (nella Seconda Guerra Mondiale, ndr)? O le donne, che sono state a lungo considerate come schiavi e non potevano nemmeno possedere proprietà?”.
Jason Riley, editorialista (afro-americano) del Wall Street Journal, ritiene che non vi sia un fondamento morale e storico solido per un risarcimento di questo tipo: “La schiavitù è stata un'atrocità, ma tutti gli schiavi e tutti i proprietari di schiavi sono scomparsi da tempo. Inoltre, la stragrande maggioranza dei bianchi che vivevano nel periodo antebellico, anche nel Sud, non ha mai posseduto schiavi. La maggior parte degli americani bianchi che vivono oggi sono discendenti di persone giunte negli Stati Uniti dopo la Guerra Civile. I sostenitori del risarcimento vogliono che persone che non sono nemmeno discendenti di proprietari di schiavi negli Stati Uniti risarciscano i neri che non sono mai stati schiavi”.
L’intento, più che storico, parrebbe essere economico. Aiutare i neri di oggi ad integrarsi maggiormente nella società americana. La questione sociale che dovrebbe essere sanata è grave. I neri californiani rappresentano il 6% della popolazione dello Stato, ma il 40% delle persone senza fissa dimora, secondo i dati federali. Ma il risarcimento per le colpe del passato è il metodo migliore?
Shelby Steele, della Hoover Institution, anch’egli afro-americano, ricorda: “Dagli anni Sessanta, noi neri siamo stati sommersi da programmi e politiche sociali che cercano di riparare ai torti che abbiamo subito. La legge sui diritti civili del 1964 non ha forse inaugurato un’era di risarcimenti? E quell'era non è forse continuata con la Great Society e la Guerra alla povertà del presidente Lyndon B. Johnson, due ampie escursioni nell'ingegneria sociale che egli sperava avrebbero ‘posto fine alla povertà nel nostro tempo’? Poi ci sono stati gli autobus scolastici per l'integrazione, le case popolari gratuite, le preferenze razziali nelle ammissioni ai college, la discriminazione positiva nell'occupazione, i pagamenti sempre più generosi del welfare e così via”. Eppure il divario fra bianchi e neri è ancora lì da vedere. I progressisti californiani e newyorkesi ritengono che tutto ciò non sia stato sufficiente e occorra un nuovo sussidio massiccio, sotto forma risarcimento per la schiavitù.
Ma, constata Jason Riley: “I programmi della Great Society, attuati sotto il presidente Lyndon B. Johnson hanno sovvenzionato comportamenti controproducenti che hanno avuto un enorme impatto sulla famiglia nera. Molte delle tendenze positive registrate tra i neri nei primi due terzi del XX Secolo - dal calo del tasso di criminalità ai guadagni economici ed educativi che stavano riducendo il divario con i bianchi - si sono arrestate o hanno invertito la rotta”.