Riprende il terrorismo mediatico sul Covid, e il governo si divide
Nuovi allarmismi sull'ennesima ondata della pandemia: mentre il ministro Speranza invoca mascherine ovunque e quarta dose di vaccino per gli over 60, il sottosegretario Costa chiede l'eliminazione dell'obbligo di isolamento per i positivi asintomatici.
Sfogliando molti giornali italiani si scorge una rappresentazione puramente numerica del fenomeno Covid, che offende il buon senso e l’intelligenza dei lettori. Sugli organi di informazione degli altri Stati europei ed extraeuropei, salvo eccezioni, la parola Covid non è più presente, quanto meno nelle prime pagine, perché non viene più ritenuta d’interesse pubblico, essendo da tempo rientrata l’emergenza sanitaria.
In Italia, invece, si sta ancora una volta terrorizzando l’opinione pubblica con una presunta nuova ondata, spacciata per molto più contagiosa e pericolosa, quando invece la realtà dice altro. La contabilità dei casi quotidiani è scarsamente indicativa del quadro epidemiologico e genera valutazioni sbagliate del fenomeno pandemico. Nel frattempo, i virologi sono tornati a dividersi in due fazioni: quelli che drammatizzano e quelli che minimizzano. L’equilibrio manca, ma a questo ci siamo abituati.
Quello invece a cui non eravamo abituati sono le divisioni nel governo. Finora la linea rigorista incarnata dal Ministro della Salute, Roberto Speranza è sempre stata predominante o addirittura totalizzante. Salvo sfumature, tutti sostenevano, fin dal governo precedente, le misure più restrittive, che hanno finito per distruggere il tessuto socio-economico senza evitare all’Italia il triste primato di Paese col maggior numero di morti per Covid/con Covid.
Da giorni, però, si notano delle crepe nell’esecutivo, destinate ad acuirsi. Mentre il Ministro Speranza vorrebbe il ritorno dell’obbligo di mascherina in tutti i luoghi al chiuso e anche in quelli all’aperto con rischi di assembramento e attende con ansia l’ok da parte dell’Ema alla quarta dose di vaccino per gli over 60, il sottosegretario alla Salute, Andrea Costa, dice cose molto diverse. In particolare invoca l’eliminazione dell’obbligo dell’isolamento per i positivi asintomatici, paventando un nuovo lockdown di fatto. «Dobbiamo partire dalla consapevolezza che il contagio zero non è realizzabile e che l'unica soluzione è la convivenza con il virus», aggiunge l’esponente del governo, escludendo fin da ora ogni ipotesi di ritorno, in autunno, allo smart working e alla didattica a distanza.
Il ragionamento di Costa non fa una grinza: vista l’altissima percentuale di reinfezioni, anche tra i vaccinati, con un tasso di contagiosità vicino al 30%, continuando di questo passo i positivi potrebbero diventare milioni e la paralisi del Paese sarebbe inevitabile, con moltissimi lavoratori costretti a stare a casa senza aver alcun sintomo, neppure un raffreddore. Ci sarebbe, in altre parole, un lockdown di fatto.
Le opinioni di Costa non sono affatto isolate. Peraltro il sottosegretario le aveva pronunciate già mesi fa, di fronte all’incremento esponenziale del numero di tamponi, fatti a persone in piena salute, “colpevoli” solo di essere state in contatto, a loro insaputa, con persone positive, anch’esse molto spesso asintomatiche.
Due giorni fa, nel coro di voci dissonanti sul punto, si è distinto il direttore del reparto di malattie infettive al Sant’Orsola di Bologna, Pierluigi Viale, che ha detto: «Il virus non è più quello del 2020, ora va lasciato circolare. Invece il governo non si muove nel cambiare le norme e questo sta paralizzando di nuovo gli ospedali. Bisogna accettare la realtà e arrivare a convivere con un virus che si è così bene adattato all'uomo che non se ne andrà più. Siamo oramai a un milione di casi al giorno, se consideriamo anche chi non dichiara di essere positivo, avremo due terzi dell'Italia infettata a fine mese e non ha più senso continuare a isolare la gente. Il virus sta infettando la popolazione senza creare casi gravi, ma noi nel giro di 15 giorni diventeremo matti a trovare posti letto per chi ha tutt'altro che il Covid. Dunque lasciamolo andare perché fortunatamente di questa variante di Covid non si muore: ormai è solo concausa di mortalità nelle persone fragili. Semmai, rischi perché non trovi posto in ospedale: è questo che vogliamo?».
Il giorno prima anche Alberto Zangrillo, direttore del Dipartimento di anestesia e terapia intensiva dell’Irccs Ospedale San Raffaele, aveva detto la sua su Twitter, senza troppi giri di parole: «Accade che lavativi seriali, positivi al test #COVID19, non lavorino per settimane, sebbene asintomatici. Così si distrugge il Paese. Fino a ieri bisognava chiudersi in casa anche solo per sospetta positività per tutelare gli altri. Se non lo facevi eri considerato un delinquente. Ora se lo fai sei un lavativo. Forse sarebbe tempo di essere coerenti». E perfino un allarmista della prima ora come il virologo Roberto Burioni aveva ammesso: «Non possiamo permetterci - come società - di privarci del lavoro di troppe persone per un eccesso di precauzione. Dopo i vaccini e gli antivirali è giunto il momento di capire come unire le esigenze di sicurezza sanitaria con quelle economiche, sociali e culturali del Paese». Era ora!
Che le regole vadano cambiate lo sostengono da tempo anche le Regioni. Emilia Romagna e Veneto, ma presto se ne aggiungeranno anche altre, vanno nella direzione dell’eliminazione dei tamponi agli asintomatici, anche ai pazienti asintomatici ricoverati in ospedale per altre cause. E il governo che farà? Vorrà continuare la battaglia contro il Covid con i protocolli del 2020?