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COMITATO NAZARAT

Rimini, la preghiera per salvare i cristiani dell'Iraq

Sotto la luna o sotto la pioggia, a Rimini, il «Comitato Nazarat» raduna le persone a pregare la Vergine Maria rivolgendo un «appello all’umano» affinché il cuore di ogni uomo venga toccato e convertito da ciò che succede in Iraq, dove i cristiani sono scacciati dalle loro case dagli jihadisti.

Libertà religiosa 17_05_2015
Preghiera del 20 maggio 2015

C’è un fatto che attraversa da nove mesi la cronaca di una città di provincia, come un filo sottile. In apparenza un fatto piccolo, roba minima si direbbe. Ma imprevisto, tenace, resistente. Non perché abbia dalla sua i media (che se ne infischiano) ma perché ci va tanta gente semplice. Parliamo del rosario in piazza ogni 20 del mese, partito nell’agosto 2014 sull’onda della condivisione del dolore e delle sofferenze dei cristiani fatti “esodare” dalle loro case e dai loro terreni nel nord dell’Iraq. Da allora alcune centinaia di persone si ritrovano un’ora la sera in piazza Tre Martiri, a dieci metri da dove Giulio Cesare arringò le legioni, nell’incrocio fra il cardo e il decumano di Ariminum, Rimini. Sotto la luna o sotto la pioggia, il «Comitato Nazarat» raduna le persone a pregare la Vergine Maria rivolgendo un «appello all’umano» - così si chiama il gesto - affinché il cuore di ogni uomo venga toccato e convertito da ciò che succede, anziché girarsi dall’altra parte con indifferenza.

Al giorno d’oggi ci vuole fegato ad appellarsi all’umano. Cos’è umano? L’istinto di violenza con cui qualcuno vorrebbe piegare gli altri e il mondo intero alla propria ideologia? Ma pure in mezzo alle brutte possibilità della storia che vediamo dispiegarsi senza che il bene apparentemente vinca mai, il cuore umano è fatto per la giustizia, per la bellezza, per il bene. Lo documentano i testimoni invitati a Rimini a raccontare la loro storia: ogni volta, infatti, dopo 30 minuti di canto e preghiera, viene offerta una testimonianza di chi ha vissuto i fatti, presente di persona (perché di passaggio in città) o tramite una diretta telefonica allestita sul momento.

Storie di persecuzione, dove però un germe di vita sempre risorge. Come ha raccontato Filippo, un ex ferroviere riminese trasferitosi da tanti anni in Iraq per collaborare alla nuova evangelizzazione («Il vittimismo di chi si lamenta non ha senso perché Dio ha vinto la morte, poveracci sono quelli che ci uccidono, noi siamo vittoriosi sulla morte, abbiamo dentro di noi la vita eterna»); Rodolfo, giornalista inviato speciale che ha scelto di passare l’ultimo Natale insieme alle famiglie dei profughi della piana di Ninive («Mi sono sentito a casa mia nei prefabbricati e nei centri commerciali dove sono stati insediati, ospitato come in famiglia benché vedessi queste persone per la prima volta»); padre Bernardo, direttore di AsiaNews («I cristiani vengono perseguitati perché offrono una testimonianza dell’umanità così grande e così importante che risulta insopportabile per tutti coloro che invece vorrebbero un uomo “rattrappito”. I cristiani sono portatori di un modo di vivere che mette in crisi chi vuole dominare il mondo e schiacciare gli esseri umani»); padre Sony, sacerdote di Mosul («Il cristianesimo ha contribuito in maniera determinante a rendere sviluppati i nostri territori, e questo anche i musulmani lo riconoscono, tanto che ci chiamano i fiori dell’Oriente e dell’Iraq. Ma se l’Iraq si priva dei fiori cosa rimarrà? Solo la sabbia»); Maria, giornalista di un quotidiano svizzero inviata nei campi dei rifugiati del Kurdistan iracheno, a Erbil («“Ci manca tutto: latte per i bambini, cibo, luce, vestiti. Ma abbiamo riavuto la nostra fede”: non sono persone deboli, sono spicci e diretti nel denunciare le violenze del Califfato e le inefficienze della comutà internazionale, ma non sono persone angosciate. Bisognose di tutto e addolorate, ma non angosciate»).

I profughi iracheni fuggiti da Mosul sotto le minacce dello Stato islamico sono circa 130mila persone, 21mila famiglie, riferisce AsiaNews, l’agenzia del PIME che ha lanciato la campagna internazionale «Adotta un cristiano di Mosul». Oggi il progetto prevede il trasferimento di tutti i rifugiati cristiani in case da abitare, per un costo di circa 3,5 milioni di euro (già raccolti e inviati circa 1,2 milioni).  L’iniziativa è appoggiata dal Comitato Nazarat di Rimini, che raccoglie a questo scopo le offerte del rosario in piazza ogni 20 del mese.

Prossimo appuntamento: mercoledì 20 maggio alle ore 20 in piazza Tre Martiri, Rimini. Sarà presente la sacra immagine della Madonna del Giglio, venerata in città dal 1467. Al rosario seguirà la testimonianza di Mons. Yohanna Petros Mouche, vescovo siro-cattolico di Mosul (Iraq).

Preghiera del 20 maggio 2015