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GIORNATA MONDIALE

Rifugiati, l'accoglienza pesa sui paesi poveri

Calano le domande d'asilo in Europa, soprattutto in Italia dove nel 2010 le richieste sono diminuite del 42,9%. Manca una politica d'integrazione.

Attualità 20_06_2011
rifugiato

Il paradosso della questione legata al fenomeno dei rifugiati – ai quali è dedicata la giornata internazionale che si celebra il 20 giugno – è costituito dal fatto che sono i Paesi in via di sviluppo, dove vi è un rifugiato ogni sette migranti, ad accollarsi l’onere maggiore di coloro che chiedono asilo. Coloro che fuggono dalle guerre e dalle persecuzioni, vengono accolti soprattutto nei Paesi vicini alle aree di "crisi", primo fra tutti il Pakistan, dove si contano oltre un milione di rifugiati, poi la Tunisia, l'Egitto, la Liberia. Mentre, nei Paesi industrializzati vi è un rifugiato ogni trentuno migranti. Vero è che all’interno di questo fenomeno - come, più in generale, in quello dell’emigrazione - è necessario considerare il ruolo che rivestono le organizzazioni criminali, rispetto alla tratta degli esseri umani, ma è altrettanto vero che le democrazie delle società sviluppate si dimostrano da un lato del tutto inadeguate a dare risposte serie e coerenti alla domanda di libertà e di protezione che proviene da chi fugge dal proprio Paese per ragioni legate alla negazione dei suoi diritti elementari, dall’altro incapaci di affrontare con efficacia il commercio turpe dei corpi degli esseri umani.


In base ai dati contenuti nel rapporto statistico sulle domande d’asilo presentate nei 44 paesi industrializzati, pubblicato dall’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR), nel 2010 nei paesi industrializzati sono state inoltrate 358.800 domande d’asilo, il 5% in meno rispetto all’anno precedente e ben il 42% in meno del 2001. E’ un dato complessivo sul quale riflettere. Rispetto al quale incide certamente l’evoluzione e la modifica dei processi migratori nel loro complesso, ma anche l’incapacità dell’Occidente di dare al concetto di accoglienza un suo reale significato, preferendo perseguire solo politiche di carattere restrittivo.

Tra i Paesi occidentali, sono gli Stati Uniti nel 2010, per il quinto anno consecutivo, il principale destinatario di domande d’asilo. Ogni sei domande d’asilo presentate nei paesi industrializzati considerati dal rapporto, una è stata depositata negli USA, dove il numero di domande è aumentato di 6.500 rispetto all’anno precedente, anche per l’incremento di richieste d’asilo provenienti da cittadini di Cina e Messico.


Nei 27 paesi dell’Unione europea, nel 2010, si è verificata una flessione di quasi 7.000 domande (da 264.000 del 2009 a 257.800 del 2010). Al primo posto c'e' la Francia con 51.600 domande, seguita da Germania (48.500) - che ha registrato una crescita del 49%, anche a seguito dell’aumento di domande presentate da cittadini di Serbia e Repubblica ex jugoslava di Macedonia - Svezia (31.900), Belgio (26.100), Regno Unito (23.700).


L’Italia è al 9° posto, con 10.050 richieste rispetto alle oltre 17.000 del 2009, con un calo del 42,9%. Chi chiede asilo nel nostro Paese proviene principalmente dalla Nigeria (1.385), dal Pakistan (930) e dall'Afghanistan (875). In Italia, nel 2010, sono state prese 11.325 decisioni (il dato riguarda anche alcune domande presentate nel 2009): 4.305 persone hanno ottenuto una forma di protezione, circa il 38%: di questi: 1.615 (14,2%) hanno ottenuto lo status di rifugiato; 1.465 (12,9%) la protezione sussidiaria e 1.225 (10,8%) un permesso per motivi umanitari. 7.015 persone hanno ottenuto il diniego, circa il 62% del totale.

Dal canto suo, l’Europa, anche in questo campo, dimostra di non esistere come entità politica, perchè non ha una politica chiara di accoglienza, né, tanto meno, d’integrazione. Una caratteristica fondamentale del processo d’integrazione, è l’innesto di nuove culture, che esaltino l’identità del Paese che accoglie. Le società occidentali possono tentare di affrontare questi movimenti, questi processi, se possiedono coscienza della loro identità. Laddove questa coscienza è maggiore, allora il problema dell’accoglienza e dell’integrazione non c’è. L’idea relativistica dell’identità, che pervade il continente europeo, impedisce d’interpretare e tanto meno di governare queste nuove realtà.

Per queste ragioni e in questo contesto, all’Europa, i disperati del mondo sanno di potersi rivolgere sempre meno ed anche questo è un segno di decadenza, culturale, civile, politica del continente europeo.