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«Riformare l'8 per mille per ridare libertà alla Chiesa»

Una profonda revisione dell’8 per mille per restituire alla Chiesa la sua libertas e per evitare che, così come strutturato ora, faccia male. È l’auspicio emerso dalla diretta organizzata dalla Bussola con il direttore Riccardo Cascioli e Stefano Fontana. 
- La diretta video: alla Chiesa fa male l'8 per mille 

Ecclesia 07_06_2025

Una profonda revisione dell’8 per mille per restituire alla Chiesa la sua libertas e per evitare che, così come strutturato ora, faccia male. È l’auspicio emerso dalla diretta organizzata dalla Bussola ieri pomeriggio (ascolta QUI la registrazione) con il direttore Riccardo Cascioli e Stefano Fontana. Intervistati da Stefano Chiappalone, Cascioli e Fontana hanno commentato il caso della settimana che ha visto il presidente della Cei Matteo Maria Zuppi protagonista di una polemica col Governo Meloni sulla destinazione dell’8 per mille.

Ospite del convegno bolognese di commemorazione dei 40 anni dalla revisione del Concordato, che sotto il Governo Craxi portò nel 1985 alla nascita della Legge 222/1985 che istituì l’8 per mille in sostituzione della vecchia congrua sancita dai Patti Lateranensi, il cardinale arcivescovo di Bologna, ha accusato il Governo di non rispettare il concordato e sottrarre soldi alla Chiesa. Un attacco in piena regola, che però, come abbiamo già notato in realtà è un boomerang che cela la difficoltà della Chiesa ad affrontare l’endemica perdita di donazioni dei contribuenti per tramite dello Stato che dal 2013 si è fatta cronica.

Il governo Meloni ha risposto con sorpresa ricordando che la modifica della quota Stato divisa in cinque categorie è avvenuta nel 2019 sotto il Governo Conte bis: «Quello che ha aggiunto il governo Meloni – ha spiegato Cascioli - è soltanto una sesta destinazione, l’opzione per i centri di recupero delle tossicodipendenze, alle possibilità che lo Stato concede ai contribuenti che decidono di firmare per lui. Dunque, l’attacco ha lasciato stupiti perché il bersaglio era sbagliato e di fronte alla correzione del Governo non c’è stata nessuna risposta da parte di Zuppi e della Cei».

Secondo Cascioli «nel dire che “a noi interessano i poveri e non i soldi” è un escamotage per nascondere il problema. In realtà non è esattamente così, ma questa è diventata una occasione per iniziare a riflettere su questo strumento dell’8 per mille perché ci sono molti mal di pancia tra i cattolici».

Fontana ha fatto notare che «se da un lato c’è stata la possibilità dei cittadini e dei fedeli di dare l’aiuto che serve alla Chiesa, dall’altro si è anche stabilito un rapporto stretto di carattere politico con lo Stato e con i governi e questo ha limitato la libertà della Chiesa, perché è chiaro che una Chiesa che dipende dalle decisioni governative è indotta ad essere più cauta nel dire certe cose, nel toccare certi argomenti o nel tacerli. Le prese di posizione della Chiesa dipendono da un rapporto politico, lo Stato rimane il partner fondamentale anche per eventuali revisioni possibili del concordato».

Ma davvero i fedeli si sono stancati dell’8 per mille? «Sicuramente – ha aggiunto Cascioli – questo sistema si è evoluto, prima riguardava Stato e Chiesa, ma oggi si sono aggiunte altre confessioni che hanno stretto intese con lo Stato fino ad arrivare ad una scelta di 12 caselle sulla dichiarazione dei redditi, però questo meccanismo permette che chi ha firmato firmi anche per chi non ha firmato. Oggi il 40% dei contribuenti mette la firma in una delle 12 caselle dell’8 per mille. C’è un 60% dell’8 per mille che non viene scelto da nessuno e viene redistribuito tra il 40%. Il totale del 2023 ad esempio ammonta a un miliardo e 300 milioni di euro, la Chiesa prende poco più di un miliardo, circa il 70% e più della metà di questo miliardo è dovuto a chi non ha firmato e conta per quelli che non hanno firmato. Questo è un meccanismo particolare che da una parte attira le critiche di tanti laici che dicono: “Ma come? Il 20% dei contribuenti firma per la Chiesa, ma alla fine entra il 60% del totale”, ma questo condiziona anche i fedeli cattolici che sono sempre più insoddisfatti, non è solo un problema di Papi, ma della Cei».

Centrale è il progressivo appiattirsi della Cei su posizioni politiche molto spesso collaterali al Pd o alla Sinistra con campagne che tanti cattolici non condividono. In 8 anni ha perso 3 milioni di firme mentre, anche se in misura minore, sono aumentate le firme per lo Stato. Che fare? «Sarebbe ben diverso – insiste il direttore della Bussola - se invece di poter destinare a scatola chiusa il mio 8 per mille alla Cei, potessi destinarlo come accade per il 5 per mille alla parrocchia o al monastero o al movimento dai quali il singolo fedele/contribuente trae beneficio spirituale.

Ma quali sono i motivi per cui i fedeli sono sfiduciati nei confronti dell’8 per mille? «Accanto al fenomeno della secolarizzazione – ha detto Fontana -, che spiega solo in parte la disaffezione, ci sono tanti temi: il finanziamento alla Mare Jonio di Casarini non è andato giù ad esempio; oppure gli interventi di Avvenire a sostegno di tutti i nuovi diritti, da ultimo il diritto alle due madri di qualche settimana fa; le settimane sociali di Taranto e Trieste dove non si è mai pronunciato Cristo, ma solo comunità energetiche e Costituzione; gli interventi politici durante la campagna elettorale per le Europee; un'insistenza per sposare una politica a favore dell’immigrazione e dei migranti che ha suscitato molte perplessità anche perché va riconosciuto che con la motivazione dell’aiuto ai migranti molte diocesi hanno risanato il proprio bilancio e i fedeli se ne sono accorti che dietro non c’era solo un desiderio caritativo».

Veniamo, dunque al punto: «Questa idea di dare dei soldi senza sapere dove e come vengono utilizzati, a differenza di quanto fa lo Stato che indica gli ambiti dove vengono spesi, nutre sospetti».

Inoltre, c’è l’aspetto che «i fedeli ritengono che questo sistema stia diventando deresponsabilizzante per la gestione delle diocesi, le quali ormai spendono i soldi sapendo già che a luglio arriverà il sussidio». Da ultimo, conclude Fontana, a quale titolo la Chiesa italiana si propone per il diritto a partecipare a questo sistema? «Non propone la verità della propria religione, che serva anche in uno spazio pubblico, ma si propone come agenzia di solidarietà sociale. Se guardiamo anche la pubblicità che la Cei fa per promuovere la donazione dell’8 per mille si fanno vedere solo opere sociali e gli stessi sacerdoti raramente sono presentati nel loro ruolo sacerdotale, ma di animatori social. Questa è secolarizzazione».

L’aspetto comunicativo, infatti, è dirimente: «La legge 222/85 – prosegue Cascioli - prevede che gli ambiti dell’8 per mille siano quelli del sostentamento del clero, gli edifici di culto e quello pastorale e delle opere caritative: c’è un comitato della Cei che ogni anno fa un rapporto su quanto va da una parte e dall’altra, così si scopre alle opere caritative alla fin fine vengono attribuiti solo il 25% dei fondi mentre la gran parte va per il sostentamento del clero e meno agli edifici di culto e alle attività pastorali.  É interessante che invece la comunicazione della Cei, non solo nella pubblicità dell’8 per mille, ma anche nella comunicazione, spinga sui poveri perché in realtà questo è solo il 25% per cento delle destinazioni finali. La Chiesa invece dovrebbe favorire una comunicazione più corretta della propria mission, che è sostenere il clero per annunciare Cristo. È chiaro che lo Stato su certe tematiche poi faccia concorrenza in una sorta di sussidiarietà al contrario. Così l’8 per mille è un vincolo perché la Chiesa è esposta ai cambiamenti di umore dei partiti».

Dunque, la legge potrebbe essere cambiata? Secondo Cascioli e Fontana, sì. Ma come? «In modo che venga preservata la sua libertas e valorizzata la sua specificità, inoltre si può pensare a forme di autofinanziamento: «Io vedo – ha detto Fontana – che in una parrocchia dove si respira la presenza di Gesù Cristo le risorse non mancano e la gente volentieri aiuta e provvede anche al sostentamento dei sacerdoti. È una prospettiva che va cambiata, senza voler rimanere aggrappati al salvagente dell’8 per mille. Questo aprirebbe nuove strade alla Chiesa, che potrebbe conquistare nuove forme di libertà. Ci sono tante realtà cattoliche, che vivono senza l’8 per mille (e la Bussola è una di queste) e che non hanno una camicia di forza messa dallo Stato».

In conclusione, Chiappalone chiede a Cascioli se davvero l’8 per mille faccia male alla Chiesa: «Fa male perché evidentemente è un punto critico e i soldi stanno diminuendo, ma fa male, come abbiamo visto, soprattutto alla libertà della Chiesa. Se si guardano le cose del mondo dal punto di vista di Dio c’è una risposta importante e questo rende liberi, ci si può augurare che si cominci a cambiare la prospettiva. Solo così l’8 per mille non farà più male».