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LIBERTA' DI EDUCAZIONE

Riforma scuola, tre punti per iniziare

Prendiamo sul serio il presidente del Consiglio Matteo Renzi sulla centralità della scuola per la ripresa del paese. Ma è necessaria una vera libertà di educazione, che passa da misure concrete su tasse e rette scolastiche. 

Editoriali 28_02_2014
Scuola

Durante il suo discorso al Senato, il  nuovo presidente del Consiglio, Matteo Renzi, ha inaspettatamente posto la scuola fra le priorità del Governo. L’ha definita: «Strumento fondamentale per la rinascita del nostro Paese». E ha parlato del «compito struggente e devastante di essere collaboratore della creazione di una libertà, della famiglia e delle agenzie educative». 

Non possiamo che condividere tali parole ed esserne lieti; occorre però - come ha giustamente precisato Robi Ronza nel suo articolo “Sfidare Renzi sulla questione educativa” - che il neo-premier tenga presente che i valori e gli obiettivi da lui indicati sono impraticabili e irraggiungibili nel quadro del nostro attuale sistema di istruzione, caratterizzato dal monopolio statale e volto ad a ostacolare la realizzazione di una effettiva libertà di scelta educativa (unico paese nel contesto europeo, insieme alla Grecia). Un monopolio statale che ha trasformato la scuola italiana in una pachidermica e inefficiente struttura burocratica (altra battaglia dichiarata dal Premier: quella contro la burocrazia...), limitando fortemente le potenzialità di crescita dei nostri giovani.

Ci permettiamo dunque, per dare “carne” alle buone intenzioni del presidente del Consiglio, di suggerire la realizzazione di alcune forme di sostegno alla libertà di scelta delle famiglie, particolarmente urgenti poiché fonte di gravi ingiustizie:

1. il Governo introduca finalmente la detraibilità dalle imposte delle rette scolastiche pagate dalle famiglie, anche con modalità graduali (la detraibilità al 19% di una spesa massima di 2mila euro ad alunno, ad esempio, comporterebbe allo Stato una minore entrata di circa 300 milioni; le agevolazioni fiscali attualmente vigenti comportano complessivamente una minore entrata di circa 80 miliardi di euro all’anno). Come noto, l’attuale Testo Unico sulle imposte dirette prevede già la detraibilità delle spese scolastiche, ma solo per la frequenza di corsi “di istruzione secondaria e universitaria” e, quel che è più grave, solo nella misura “non superiore a quella stabilita per le tasse e i contributi degli istituti statali” (articolo  15, comma 1 lettera e dpr 917/1986). Si tratta di una evidente presa in giro: le tasse per la scuola statale, dovute solo per gli ultimi due anni di scuola superiore, ammontano a 21,17 euro, per cui di fatto la detraibilità attualmente prevista non ha alcun valore. Le famiglie che scelgono una scuola paritaria, di qualsiasi ordine e grado, devono potersi detrarre dalle imposte il costo della retta. Come accade per le spese sanitarie, per quelle veterinarie (!), per quelle sportive. 

2. In materia di IMU urge prevedere l’estensione della esenzione a tutte le scuole paritarie, anche a quelle gestite da Cooperative Sociali Onlus, analogamente a quanto accade per la scuola statale. Per quest'anno l'applicazione dell'Imu è sospesa, ma dall'anno prossimo la riscossione della tassa potrebbe rivelarsi letale per molte di queste scuole: ci sono istituti da poche centinaia di alunni che pagherebbero cifre esorbitanti (anche 35-40mila euro), sapendo di non poter far rifluire questi costi nelle rette, che sono già al limite. 

3. In materia di TARI (la nuova tassa rifiuti) occorre estendere anche alle paritarie il criterio di calcolo della tassa (in base agli alunni e non ai metri quadri occupati) utilizzato per la scuola statale (art. 33 bis legge 31/2008). la Tari produce infatti un'inaccettabile discriminazione, come se gli alunni dell'una per definizione sporcassero più di quelli dell'altra…

L'art. 33 bis del decreto legge n. 248 del 2007, convertito nella legge 31/08, prevede tra l’altro che per lo svolgimento del servizio di raccolta dei rifiuti delle istituzioni scolastiche statali, il ministero dell'Istruzione provvede dall'anno 2008 a corrispondere direttamente ai Comuni la somma annua di quasi 39milioni di euro quale importo forfetario complessivo per lo svolgimento del servizio. Insomma, con i soldi di tutti i contribuenti − compresi quelli i cui figli frequentano le scuole non statali − il Miur paga lo smaltimento dei rifiuti per le scuole statali, mentre per le scuole paritarie nulla…

E’ necessario, in definitiva, superare la attuale grave ingiustizia per cui chi sceglie la paritaria paga due volte la scuola, con la retta e con le tasse. Che parità è mai? 

Se davvero il nuovo Governo vuole “cambiare marcia” – come è stato più volte ribadito dallo stesso Premier - la strada “obbligata” è quella del protagonismo dei soggetti sociali, della sussidiarietà e della giustizia sociale. E questo è il momento per farlo.