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REFERENDUM

Riforma costituzionale, urge un contro-progetto

Archiviato il referendum sulle trivelle, adesso però abbiamo all’orizzonte un’altra e ben più importante scadenza referendaria, quella di ottobre sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi che per il bene della nostra democrazia e della nostra economia è molto importante venga respinta.

Politica 20_04_2016
Il premier Matteo Renzi

Quello di domenica scorsa era un referendum pro o contro la pretesa astratta di bloccare a priori e in modo indiscriminato l’impiego di una risorsa del nostro Paese; e non un referendum pro o contro Renzi. Tra i milioni di elettori, che non recandosi a votare l’hanno fatto decadere, una larga parte era costituita da persone che non stanno affatto dalla sua parte. 

L’uomo però non riesce mai a resistere alla tentazione di attribuire a sé stesso qualsiasi vittoria possa venirgli utile anche se non è sua. Di recente ha messo all’attivo del proprio governo – con una gaffe che ha divertito mezza Europa -- persino la realizzazione del nuovo tunnel ferroviario di base del San Gottardo, che la Svizzera ha scavato con i suoi soldi nel suo territorio. Tanto più quindi non ha resistito alla tentazione di trasformare in una sua vittoria l’esito del referendum di domenica scorsa.  É vero che la vicenda si intrecciava anche con un conflitto interno al Pd che si era diviso sulla questione; ma a noi che non votiamo per il Pd che ce ne importa? 

Adesso però abbiamo all’orizzonte un’altra e ben più importante scadenza referendaria, quella di ottobre sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi che per il bene della nostra democrazia e della nostra economia è molto importante venga respinta. In questo caso, tra l’altro, non c’è il “quorum”: dunque il risultato vale a prescindere dal numero dei votanti.  Anche qui, malgrado tutto, la posta in gioco non è il governo Renzi, ma qualcosa che conta molto di più dell’attuale governo: si tratta del futuro della democrazia italiana. Spacciata come una semplice eliminazione dell’ormai indifendibile “bicameralismo perfetto”, la riforma Renzi-Boschi cambia in realtà ben 40 articoli della Carta riorganizzando radicalmente le istituzioni della Repubblica nel segno – ricordiamolo ancora una volta -- dello statalismo e del  centralismo.

Con questa riforma si ritorna al 1921, allo statalismo e al  centralismo del vecchio Regno d’Italia, e per di più nel quadro di uno Stato come quello di oggi, afflitto da una spesa pubblica dilagante che si assorbe oltre il 50 per cento del prodotto nazionale lordo. Al contrario di quanto pretendono Renzi e Boschi, non è con la centralizzazione di ogni scelta e di ogni controllo, bensì con l’autonomia responsabile che si può riuscire a bloccare tale spesa e poi a ridurla. E non è con l’ulteriore statalizzazione della scuola e degli altri servizi sociali che si potranno liberare e valorizzare le risorse umane e culturali del nostro Paese.    

Perciò, appunto per il bene della nostra democrazia e della nostra economia, è molto importante che la riforma costituzionale esca sconfitta dal referendum cui sarà sottoposta nel prossimo ottobre, al di là del fatto che Renzi lo sta abilmente trasformando in un referendum pro o contro di lui. Nell’attuale mancanza di qualsiasi seria alternativa politica all’attuale governo, se non c’è sul tappeto alcun contro-progetto far cadere tale riforma diventa tuttavia molto difficile. Finché le cose stanno così, chiunque vi si opponga può venire facilmente murato nel ruolo perdente di sostenitore della Costituzione così come è, quando invece è chiaro a tutti che urge aggiornarla. 

Per non cadere in una trappola del genere, che Renzi saprebbe di certo tendere molto bene, è indispensabile disporre di un contro-progetto sostenuto da un blocco di forze vasto quanto basta per renderlo visibile e proponibile al Paese. Un contro-progetto da presentare durante la campagna referendaria e poi da proporre in Parlamento nell’auspicato caso della caduta della riforma Renzi-Boschi.  In Lombardia e in altre regioni socio-economicamente avanzate, e più alle prese con la sfida della globalizzazione, ci sono tutte le risorse di scienza politica e di scienza delle finanze che occorrono per elaborare un progetto del genere in fretta e bene. 

È già matura un’ampia gamma di elaborazioni e di proposte  che vanno dall’eredità del pensiero di Gianfranco Miglio al lavoro di studiosi contemporanei che già sfociò nel 2008 nell’ottimo nuovo statuto d’autonomia della Lombardia, per molti aspetti assai più attuale della Costituzione italiana vigente. Ci sono però energie politiche e istituzionali capaci di mobilitarsi positivamente contro la riforma costituzionale Renzi-Boschi invece di subirla o invece di opporvisi in modo perdente? Questo è il problema.