Rifiuti: l'inceneritore serve, inutile sognare utopie verdi
Gli ebeti dicono che va separato tutto, secondo il proclama demenziale del “rifiuti zero”, salvo poi (vedi San Francisco) spendere centinaio di milioni per mandare a smaltire nascostamente i rifiuti. E' questo il problema di giunte, come quella di Roma, in Italia, che non sanno risolvere concretamente il problema. Alcuni suggerimenti pratici...
Credo che il problema dei rifiuti a Roma non sia irrisolvibile: come per tutti i problemi, si tratta di aver la competenza tecnica necessaria, la sapienza amministrativa richiesta, la decisione e la fermezza che non dovrebbero mai mancare a chi decide della cosa pubblica; una certa onestà personale dei decisori renderebbe il percorso di più tranquillo per tutti. Naturalmente, in un articolo non è possibile, e del resto non sarebbe neanche utile, ragionare sull’intero problema; e allora mi limiterò a ragionare sulle scelte tecniche praticando le quali, a mio parere, il problema dei rifiuti a Roma potrebbe essere risolto.
Dò per scontato che sarà molto utile ridurre la loro produzione, perché da una diminuzione del volume di rifiuti prodotti il problema risulterebbe certamente alleggerito: a fine sarebbero assai utili normative, anche municipali, che determinassero la diminuzione della quantità di rifiuti, attraverso una revisione profonda della cultura del commercio al dettaglio. In effetti da qualche decennio la promozione delle vendite di molti tipi di prodotti (igiene personale, giocattoli, abbigliamento, ma anche complementi per l’abbigliamento e alimentari confezionati) avviene soprattutto attraverso la presentazione che del prodotto va in visione al pubblico; si è stolidamente detto che l’aumento della quantità di imballaggi fosse un portato della civiltà dei consumi, ma la verità è che questo deriva da una forma molto diffusa di incultura, consistente nel privilegiare l’aspetto rispetto al contenuto. La civiltà dei consumi, se tutti ne traggono beneficio, è cosa ottima, l’incultura non lo è mai. Quindi, primo passo: procedere verso la riduzione degli imballaggi inutili, in vista dell’azzeramento.
Riduzione o meno, però, i rifiuti devono essere smaltiti: che fine devono fare i rifiuti solidi urbani? Certamente, quella parte che è suscettibile di un riutilizzo deve essere riutilizzata, a valle di una raccolta separata, che non può tendere a separare il cento per cento dei rifiuti. Sarebbe del tutto inutile praticare la raccolta separata, che comporta costi non indifferenti, se non si prevede che il frutto della separazione finisca sul mercato, producendo una convenienza economica; il ciclo dei rifiuti che siano oggetto di separazione deve produrre un utile, sia pur molto ridotto, da destinarsi al servizio delle spese complessivamente affrontate per il mantenimento dell’igiene urbana.
E quello che non si separa? Gli ebeti dicono che va separato tutto, secondo il proclama demenziale del “rifiuti zero”, salvo poi (vedi San Francisco) spendere centinaio di milioni per mandare a smaltire nascostamente i rifiuti pagando lautamente chi li accetta e li sfrutta, e determinando un aumento della spesa pubblica. La verità è che l’unica destinazione finale razionale per i rifiuti, dal punto di vista scientifico, sanitario, ambientale, economico e insomma razionale, è l’incenerimento: naturalmente con recupero dell’energia prodotta dalla combustione. Né valgono a confutare questa affermazione le obiezioni antiscientifiche, da sciamani dell’Asia Centrale, dei terrorizzati dalla tecnologia, né le minchionerie degli ambientalisti incartapecoriti nelle loro convinzioni. Per chi lo voglia affrontare seriamente, il discorso è chiaro ed univoco: fare un po’ di raccolta separata se è giustificata da previsioni (e poi da consuntivi) che ne dimostrino l’utilità economica; e il resto nel fuoco, a produrre elettricità e acqua calda.
Ma, prima di smaltirli, i rifiuti vanno raccolti, e la città va tenuta pulita. Se parliamo di Roma, l’impresa appare ardua, se in campo c’è un’azienda disastrata come l’AMA, nella quale un personale troppo numeroso e scarsamente qualificato, mal guidato da dirigenti inadeguati, non è in grado di svolgere le attività previste dal contratto in essere con il Comune di Roma. L’AMA è anche in crisi finanziaria, alla quale contribuisce la scarsità di entrate derivante dall’evasione diffusa e generalizzata della TARSU. Se alla testa dell’AMA ci fossero dirigenti adeguati, questo problema potrebbe essere risolto in due balletti: basterebbe utilizzare i dati anagrafici dei consumatori di energia elettrica (in gran parte serviti dall’ACEA, altra azienda comunale) per conoscere luoghi e indirizzi dove si svolge una qualunque attività, e quindi si producono rifiuti. Poi si tratterebbe solo di incassare: un breve periodo di tolleranza zero nel recupero delle somme dovute, corredato anche dalle sole sanzioni vigenti, varrebbe secondo me a dare un nuovo indirizzo alla situazione finanziaria della società; specialmente se accompagnato dalla cessazione delle “comprensioni” verso soggetti pubblici e strutture di tipo diplomatico, forse dovute ad eccessi di rispetto, e verso grossi soggetti commerciali, diversamente motivate.
Una volta decisa la costruzione dell’inceneritore, che dovrebbe naturalmente essere ubicato fuori dalle porzioni più abitate della città, sorge un altro problema: i rifiuti, come ce li facciamo arrivare senza intasare il già caotico traffico urbano? Non so quanti di voi si ricordino di uno dei tanti progetti fatti per Roma, in parte o in tutto finanziati, e poi non realizzati: l’anello ferroviario. Si trattava di realizzare una infrastruttura ferroviaria che congiungesse tutti i punti di uscita dalla città, per garantire un rapido collegamento tra di loro, limitando così l’ingresso in città di passeggeri e merci al punto più vicino alla loro destinazione: in sostanza, una copia ferroviaria del GRA. Una parte dell’infrastruttura avrebbe dovuto essere destinata alla raccolta dei rifiuti ed al loro trasporto a destinazione.
Naturalmente, l’anello ferroviario non fu completato, anche se in buona parte era stato realizzato, per mancanza di fondi. Nel 2008, però, il ministero dell’Ambiente finanziò i circa undici milioni di euro necessari al completamento; di questi soldi si ignora se, e a quale fine, siano stati utilizzati: con certezza, l’anello ferroviario dei rifiuti non è stato completato. Non so se la Corte dei Conti si sia interessata alla vicenda; sennò, sarà un’altra dimenticanza di quest’organo.
Un inceneritore da un milione di tonnellate l’anno, equivalente a quelli di Milano e di Brescia, servito da una raccolta trasferita su rotaia, e alimentato da un soggetto (AMA?) efficiente e sano dal punto di vista finanziario, risolverebbe tutti i problemi dei rifiuti di Roma, determinando un miglior livello di vita per i suoi abitanti. Alla sua realizzazione si oppongono però le posizioni di quanti fanno prevalere le proprie posizioni ideologiche o i propri interessi sul benessere dei romani.
Non è il caso di farla finita?