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CRONACA

Rifiuti di Napoli, il centro di un business planetario

Solo in Italia gli affari intorno ai rifiuti generano profitti di oltre 20 miliardi di euro l'anno. Ed è la criminalità organizzata a fare la parte del leone.

Attualità 12_05_2011
rifiuti a napoli
Da anni, ormai, le cronache si occupano del tema dei rifiuti napoletani. Un gigantesco intrigo di irresponsabilità, usato come clava – dagli uni o dagli altri – soprattutto quando si è a ridosso di appuntamenti elettorali. Esattamente quello che sta accadendo in questi giorni.

Quello dei rifiuti, in realtà, è diventato un business planetario, di dimensioni colossali. Per comprendere il “caso” italiano, basta scorrere i dati del Rapporto 2010 “Ecomafia” di Legambiente: il volume d’affari nel 2009 viene stimato in 20,5 miliardi di euro. Le inchieste relative ai traffici illeciti sono 151, le persone denunciate 2.917, 610 le aziende coinvolte. Le procure che hanno indagato in questi anni sono 73, le regioni interessate 19 (unica eccezione la Val d’Aosta) e 13 gli stati esteri. Nel 2009, si è svolta l’operazione “Demeter”: 64 i paesi coinvolti nelle attività di controllo, in Europa, Africa e Sud Est asiatico; più di 30 mila le tonnellate di rifiuti speciali e pericolosi finiti sotto sequestro. Crescono in Italia i rifiuti sequestrati (7.400 tonnellate nel 2009, contro le 4.800 del 2008). Sotto osservazione sono stati i porti di Genova, Venezia, Napoli, Gioia Tauro e Taranto.

E’ la “spazzatura elettronica” quella che più interessa. Per smaltire un monitor con tubo catodico in Germania, occorrono 3,50 euro; per spedire lo stesso monitor in Asia o in Africa, bastano 1,50 euro. Così, l’affare è fatto e ai diseredati della terra tocca avvelenarsi. Secondo i dati del Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente, ogni anno nel mondo si producono dai 20 ai 50 milioni di tonnellate di “spazzatura elettronica”. Si stima, ad esempio, che in Sudafrica e in Cina i computer che finiranno nella spazzatura aumenteranno dal 200 al 400% entro il  2020 e in India addirittura del 500%. A livello europeo, l’80% dei rifiuti provenienti da materiale elettronico finisce in discarica o negli inceneritori o viene trasportato illegalmente all’estero. Un rapporto di due gruppi ambientalisti americani, “Basel Action Network” e “Silicon Valley Toxics”, afferma che dal 50 all’80% dei rifiuti elettronici degli Stati Americani dell’ovest sono caricati su containers di navi in partenza per l’Asia, soprattutto India e Cina.

Il rapporto delle due associazioni fa riferimento a Guiyu, in Cina, che dal 2002 è divenuta una delle più importanti discariche mondiali di pc, schermi, tastiere, stampanti, cellulari, ecc. Secondo “Greenpeace Cina”, l’80% della popolazione va nelle discariche alla ricerca di materiali utili da rivendere poi ai negozi specializzati. Lavorano soprattutto i bambini, che sono esposti alle circa 700 sostanze tossiche contenute nei computer, nelle loro schede madri, nelle tastiere, nei cellulari dismessi. Stessa cosa avviene a Bangalore, metropoli indiana di sei milioni di abitanti, dove la maggior parte delle imprese che fanno riciclaggio utilizzano sostanze chimiche altamente tossiche ed inquinanti per ottenere dai rifiuti hi-tech materiali da poter rimettere sul mercato.
Si stima che almeno 15.000 tonnellate di tv a colori - una media giornaliera di 35 tonnellate - partano ogni anno dall’ Unione europea verso l’Africa, soprattutto in Ghana, Nigeria ed Egitto. Nel porto di Lagos, in Nigeria, arrivano almeno 17 navi cargo al giorno, stipate con monitor ed altri dispositivi. Tutte battono bandiere europee o nordamericane.

L’Africa è la meta principale per il riutilizzo degli impianti industriali che nei paesi avanzati sono considerati inquinanti: impianti di depurazione dei fosfati; catene di montaggio dimesse, impianti di raffinazione del petrolio in disuso; rifiuti chimici, metallurgici, residui industriali tossici che non sono trattati con misure e tecnologie pulite nei luoghi di produzione.

In questo contesto, è evidente il ruolo che assume la criminalità organizzata – che opera, essa sì, come impresa economica globalizzata - nel dettare tempi e modalità perché dai rifiuti si possa trarre maggior denaro possibile. Pur considerate le “forzature” del premier, non potrebbe essere proprio questa la più ragionevole chiave di lettura dell’infinito ”intrigo” napoletano?