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EDUCAZIONE

Ricomincia la scuola, con l'augurio che possa accadere qualcosa di bello

Non c'è modo più bello e vero per iniziare un anno scolastico che quello di augurare ai propri studenti un buon anno partendo da un pensiero, da una citazione, da un auspicio. Quando entriamo in classe con questa domanda che possa accadere qualcosa di bello nelle giornate, possiamo essere insegnanti o studenti, ma l’ora di lezione trascorre con un’intensità maggiore.
- Spiragli positivi da far crescere, di Marco Lepore

Educazione 15_09_2015
Inizia la scuola

Quando un amico, un figlio, una persona cara compiono gli anni, abbiamo il desiderio di porgere loro con grande affetto i più sinceri auguri. Questo accade anche per altre occorrenze come il Natale, l’inizio di un anno nuovo, più in generale quando comincia una nuova avventura. Che cosa descrive l’espressione «augurio»? L’etimo latino ci aiuta a cogliere la bellezza del termine. Il verbo latino augere significa «aumentare», «accrescere»: l’augurio è la sincera speranza che l’esperienza che sta per iniziare possa migliorare la tua persona, farla crescere, permetterle di diventare più pienamente umana.

Credo, quindi, che non ci sia modo più bello e vero per iniziare un anno scolastico che quello di augurare ai propri studenti un buon anno partendo da un pensiero, da una citazione, da un auspicio. 

Qualche tempo fa uno studente mi scrisse: «Oggi lei ci ha letto una lettera, un augurio che l’anno scolastico che trascorreremo insieme possa essere bello e pieno di grandi occasioni di vita. È la prima volta che un insegnante mi fa un augurio di questo tipo. Di solito nella prima lezione gli insegnanti ci spaventano prospettandoci tutto quanto dovremo studiare e le fatiche che dovremo affrontare. Spero di non deludere il mio nuovo professore». Mi ha molto colpito quel ragazzo, perché con parole semplici ha mostrato il segreto dell’apprendimento: il rapporto di fiducia e di affetto che si crea tra due persone. Se un bimbo non vuole deludere la mamma, se uno studente non vuole disattendere le aspettative dell’insegnante, se un ragazzo è colpito dall’adulto e comprende che questi cammina con lui nell’affascinante avventura della scoperta della realtà, allora il cammino della crescita spaventa meno, diventa conquista e apertura di una nuova finestra sulla vita.

In questi giorni nelle classi che ho incontrato sono partito da questo augurio

La gioia di un nuovo inizio

«È bello vivere perché vivere è ricominciare, sempre, ad ogni istante» scrive Cesare Pavese nel Mestiere di vivere. La frase di Pavese descrive lo spirito giusto con il quale è possibile riprendere l’affascinante avventura della scuola. Per tutti, insegnanti e studenti, non è possibile ricominciare, varcare la soglia della classe, incontrare compagni e colleghi, professori e alunni, senza essere animati dal desiderio che possa accadere qualcosa di grande nelle giornate. Il desiderio. Questa è la chiave perché i docenti possano affrontare le lezioni, l’incontro con nuovi studenti animati da quello stesso entusiasmo e da quella trepidazione che provavano il primo giorno di insegnamento. Altrimenti, come non farsi prendere dalla monotonia, dal cinismo, dal sentimento comune che tanto non cambierà mai nulla? Come si può costruire qualcosa di grande e di bello, come far sì che l’anno scolastico sia un’occasione di costruzione di umanità, di incontri di umanità? 

La scuola non è un luogo di semplice trasmissione di informazioni e di cultura, di disciplina e di discipline. La scuola deve essere un luogo in cui l’io del ragazzo si sente fiorire, crescere, germogliare nel desiderio che la propria persona possa scoprire i propri talenti e metterli al servizio di tutti. Perché ciò avvenga è indispensabile che si rimetta al centro la persona, che si viva l’avventura dell’insegnamento come scoperta. Sì, scoperta di sé e scoperta dell’altro, scoperta di un cuore che accomuna il ragazzo di dieci o diciotto anni all’insegnante che si avvicina per la prima volta alla cattedra o, viceversa, sta per andare in pensione. Tra i corridoi delle scuole già a settembre, si vedono spesso volti stanchi, disillusi, spesso senza speranza. Prima ancora che ai giovani, la speranza manca troppo spesso a noi adulti. Scrive Papa Benedetto XVI: «Alla radice della crisi dell’educazione c’è […] una crisi di fiducia nella vita». La sfida di un nuovo anno scolastico sia allora quella di domandare che sia rianimato e vivificato quel desiderio di insegnare e di imparare che avevamo il primo giorno di scuola. Come fare allora?

Il metodo è questo: non avere risposte preconfezionate, ma camminare in una compagnia piena di entusiasmo e di desiderio di vita. L’uomo cresce, diventa più vivo e intenso laddove incontra altri uomini che ardono nel desiderio di conoscere e affrontare la vita. In questo modo nasce una compagnia. Non fidiamoci dal fatto che la cultura e la società di oggi ci dicano che essere adulti significhi essere autonomi e fare da soli. Non fidatevi, ragazzi, dell’istinto che avete ora di fare da soli perché vi sentite grandi. Cammina davvero e apprezza il cammino compiuto solo chi ha un maestro e una compagnia, ragazzo o adulto che sia. La bellezza che si incontra nella vita deve essere condivisa con gli altri: non è un imperativo morale astratto, ma una necessità innata del nostro cuore. Lo capiamo nell’esperienza quando siamo in un luogo bellissimo o facciamo un’esperienza stupenda e sentiamo l’urgenza di comunicarlo alle persone che ci sono più vicine e amiche. 

Ho, poi, chiesto a ciascuno studente, singolarmente, di porgere un augurio ad alta voce a sé e ai propri compagni. Ho chiesto ai ragazzi di scrivere su un foglio gli auguri di tutti gli altri, così come venivano formulati. La bellezza di questo inizio anno è stata per me evidente nel cuore dei ragazzi che si spalancava in tutta la sua grandezza a desiderare per sé e per gli altri qualcosa di grande. Quando entriamo in classe con questa domanda che possa accadere qualcosa di bello nelle giornate, possiamo essere insegnanti o studenti, ma l’ora di lezione trascorre con un’intensità maggiore.

Quando ripartiamo da questa aspettativa, gli incontri che facciamo nelle giornate e le lezioni non diventano obiezione, ma occasione. Tutto il dramma del lavoro e dello studio risiede in questa prospettiva duplice con cui possiamo affrontare la vita: se quanto accade è per noi un fastidio da scansare quanto prima oppure una circostanza con cui il mistero della realtà ci educa, ci fa crescere, ci chiama sempre più a riconoscere la bellezza, la bontà e l’amore «che move il sole e l’altre stelle».

- Spiragli positivi da far crescere, di Marco Lepore