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Dottrina sociale
a cura di Stefano Fontana

Il libro

Ricolfi critica la sinistra, ma non va fino in fondo

Nel suo nuovo libro (Il follemente corretto. L’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova élite), Luca Ricolfi critica la deriva woke della sinistra, ma non arriva a cogliere che questa deriva è insita nelle stesse radici della cultura di sinistra.

Dottrina sociale 06_12_2024

Luca Ricolfi ha scritto un altro libro: Il follemente corretto. L’inclusione che esclude e l’ascesa della nuova élite (La nave di Teseo), nel quale prosegue la strada della critica alla sinistra già iniziata con La mutazione. Come le idee di sinistra sono migrate a destra (Rizzoli 2022). La sinistra, secondo lui, ha ormai consolidato una cultura woke, ossia una cultura “folle”, se perfino il manifesto della festa dell’Unità viene scritto con l’asterisco al posto della lettera a [Unit*], come se la parola Unità in quanto femminile ledesse i diritti delle “categorie protette” LGBT [acronimo, come spiega Ricolfi, che ormai è diventato LGBTQIAPK+].

La sinistra rifiuta il “maschile di ruolo” e dice avvocata, assessora, direttora, ministra… ed è a favore dell’uso di pronomi diversificati a seconda delle percezioni sessuate di sé che i singoli vantano. Applica un “razzismo alla rovescia” per cui chi non appartiene alle “minoranze oppresse” – ossia non è nero, donna, omosessuale, islamico – viene discriminato. Ricolfi racconta anche tante storie particolari: quella della dottoressa Stock, che in Inghilterra dovette lasciare l’università perché ormai aveva paura di studenti, colleghi e attivisti, dato che si era espressa con discorsi considerati “transfobici” dalle nuove élite; il professor Luigi Marco Bassani, ordinario alla Statale di Milano, sospeso dall’insegnamento per aver pubblicato una vignetta su Facebook; Daniele Capezzone, a cui dei militanti di sinistra hanno tentato di togliere il diritto di parlare all’Università La Sapienza di Roma; il ministro Eugenia Roccella, impedita a presentare il suo libro sulla famiglia; Elisabetta Fiorito, impedita a presentare il suo libro su Golda Meir; e naturalmente non poteva mancare Joanne K. Rowling, l’autrice di Harry Potter, che aveva ridicolizzato la proposta di bandire la parola “donna” nelle comunicazioni dirette alle donne. Del resto, la parola “donna”, spiega Ricolfi, come l’aggettivo “normale” sono banditi dalla cultura woke di sinistra.

Ma che spiegazione dà Ricolfi di questa deriva della sinistra? Secondo lui il motivo è questo: «La stella polare dell’uguaglianza è stata sostituita da quella dell’inclusione» (p. 161) per cui si ha una visione fuorviante di cosa costituisca un diritto, sono stati sostituiti i diritti sociali con quelli civili, e «al posto degli operai e delle donne sono subentrati gli immigrati e le minoranze sessuali» (p. 313).

Insomma, il libro è abbastanza coraggioso anche se, alla fine, Ricolfi parla sempre da uomo di sinistra. Egli vorrebbe che i dirigenti politici della sinistra facessero “retromarcia” da quella che egli chiama “grande ipocrisia” (p. 315) ma non capisce che questa deriva non è un incidente di percorso della sinistra, ma deriva necessariamente dalla sua cultura. Questo ulteriore sforzo per andare alle vere radici Ricolfi non lo fa. Non capisce, per esempio, che anche nel concetto di “uguaglianza” proprio della sinistra era implicito quello di “inclusione”.

Stefano Fontana