Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
San Giovanni da Kety a cura di Ermes Dovico
INTERVISTA/ DANIELE CAPEZZONE

La Sapienza, proteste contro la libertà di parola: chi sono i veri squadristi

Il 25 ottobre, all'università La Sapienza, a Roma, una manifestazione di studenti e giovani militanti di sinistra è finita male, con una carica di alleggerimento della polizia. Tutti i commenti parlano di azione fascista. Ma la manifestazione voleva togliere la parola ai relatori di un convegno. Abbiamo sentito uno di loro, Daniele Capezzone. 

Politica 27_10_2022
La manifestazione alla Sapienza, Roma

Martedì 25 ottobre, all'università La Sapienza, a Roma, una manifestazione di studenti e giovani militanti di sinistra è finita male, con una carica di alleggerimento della polizia. L'episodio ha fatto particolarmente scalpore perché è avvenuto proprio nel giorno in cui il governo Meloni incassava il voto di fiducia alla Camera. Così ha commentato la neo-eletta senatrice Ilaria Cucchi (Verdi-Sinistra Italiana): “I nostri ragazzi ieri alla Sapienza sono stati affrontati come terroristi, perché credevano di avere ancora il diritto di protestare in modo pacifico. Inaccettabili e disumani i modi con cui sono stati trattati. Immagini brutali e davvero intollerabili in un luogo sacro come l'Università. Presidente, è davvero questo il modello di Paese che volete offrire ai nostri figli?” Così Amnesty International: “Di fronte a quanto accaduto oggi a La Sapienza, ribadiamo che la protesta pacifica è un diritto fondamentale e le forze di polizia devono facilitarne lo svolgimento in sicurezza”. Di questo tenore sono praticamente tutti gli editoriali che abbiamo letto ieri, sui principali quotidiani.

Ma ci siamo chiesti, però, contro cosa protestavano i giovani, studenti e non, all’università romana? Quasi mai si parla del loro motivo, perché altrimenti si scoprirebbe che era: contro un convegno di Azione Universitaria, regolarmente organizzato e annunciato con largo anticipo. In estrema sintesi: volevano togliere la parola ai relatori. Abbiamo visto tutti cosa sia successo fuori dall’aula in cui si teneva l'evento, ma non abbiamo ancora sentito il parere di chi era dentro. Uno dei relatori è Daniele Capezzone, già portavoce del (fu) Popolo della Libertà, ora opinionista del quotidiano La Verità. La sua rassegna stampa mattutina, La Verità alle Sette è definita dal suo stesso autore come “politicamente scorrettissima”, ma tutto si può dire di Capezzone meno che sia “fascista”: è un liberale classico. Eppure i giovani, a La Sapienza, sono stati mobilitati con lo slogan “Fuori i fascisti dalla Sapienza”.

«Da molti giorni era pubblicizzato un convegno, autorizzato, organizzato dai giovani di Azione Universitaria, sul tema del capitalismo. A questo convegno erano invitati quattro relatori: oltre al sottoscritto, c’era una docente di sociologia, un docente di economia, mentre era assente un deputato di Fratelli d’Italia, che doveva partecipare, alla Camera, al voto di fiducia – spiega Daniele Capezzone alla Nuova Bussola Quotidiana – Alla vigilia della conferenza, inizia a diffondersi sui social un volantino che ritrae il deputato di FdI e me, con lo slogan ‘Fuori i fascisti dalla Sapienza’. Martedì mattina ho trovato una facoltà di Scienze Politiche in assetto di guerra. Io sono potuto entrare e uscire solo perché scortato dalla polizia. Il convegno si è svolto comunque, ma asserragliati in aula, mentre fuori c’era una manifestazione che premeva per irrompere. Come mi è stato raccontato, qualcosa di analogo era avvenuto il 14 ottobre scorso, per un altro convegno».

Il tema dell'evento era un dibattito aperto sul capitalismo, con relatori pro e contro. Ma nei manifesti degli studenti si leggeva: “Antifascismo è anticapitalismo”. Capezzone nota come anche gran parte dei giornalisti abbia riportato solo il punto di vista dei manifestanti: «Nel raccontare l’episodio, i media mainstream, anche in perfetta buona fede, hanno preso pari pari una frase del volantino comunista diffuso la sera prima: per mostrare la perfidia dei relatori, il convegno veniva descritto come un evento per promuovere l'idea del "capitalismo buono". Peccato che sia sfuggito che gli organizzatori, di Azione Universitaria avessero semmai posto un interrogativo sul tema. Io ero l’ospite thatcheriano pro-mercato, ma la conferenza era molto più articolata e piena di sfumature».

Capezzone è sempre stato all’interno dell’aula, non ha assistito alla carica della polizia e non commenta. Sulla base di quel che ha visto personalmente, però: “se non fossi stato materialmente portato, fin dentro l’ingresso, in un’auto della polizia, i manifestanti non mi avrebbero mai fatto entrare. Propongo ai lettori un gioco: se fossero stati degli studenti di estrema destra a minacciare la sera prima e, il giorno dopo, tentare l’esclusione di alcuni relatori di sinistra, oggi che titoli leggeremmo? Si parlerebbe, quasi sicuramente, di ‘nuovo squadrismo’, a maggior ragione nel centesimo anniversario della Marcia su Roma. Invece, non c’è alcun commentatore di sinistra che, finora, si sia occupato di un diritto chiamato "libertà di espressione"».

Fra la vittoria del centrodestra alle elezioni e l’insediamento del governo Meloni, l’Ue e governi europei, soprattutto la Francia, hanno più volte ribadito che “vigileranno sui diritti” in Italia. Sarà questo il modo di vigilare? «Temo che un fenomeno, che esiste ovunque, di polarizzazione eccessiva, qui stia assumendo una forma ancora più tossica. Ed è quella del doppio standard: c’è qualcuno a cui si consente tutto e qualcun altro a cui non si consente nulla. E anzi: viene condannato anche quando subisce un sopruso. Si dimentica chi sta cercando di conculcare i diritti e chi subisce la loro violazione».

La rivoluzione woke non parte dall’Italia, bensì dal mondo anglosassone, uno dei suoi metodi è il “de-platforming”, letteralmente togliere il podio (e il microfono) a chi fa discorsi politicamente scorretti. Sta arrivando anche in Italia? «Temo che questo sia solo l’inizio di un lungo inverno. Quella pratica, nel mondo anglosassone, alcuni la chiamano "creazione di safe spaces", di spazi sicuri. Ma "sicuri" rispetto a cosa? Il fatto che tu possa espellere fisicamente una persona che non ti piace, un relatore che non condividi, renderebbe quell’ambiente "sicuro"? Tu (e questo vorrei dirlo ai più giovani) ti stai privando dell’avventura intellettuale di misurarti con un’opinione diversa dalla tua che forse ti aiuterebbe a mettere a fuoco le tue stesse convinzioni».