Ribbentrop-Molotov, 80 anni fa i totalitarismi si unirono
Esattamente 80 anni fa, il 23 agosto 1939, veniva firmato il Patto Ribbentrop-Molotov. Germania e Unione Sovietica si spartivano tutta l’Europa orientale e baltica. Il Patto rimase in gran parte segreto fino in tempi recentissimi. Studiato alla luce dei documenti di allora rivela l'intento predatorio, su scala mondiale, dei due totalitarismi.
Esattamente 80 anni fa, il 23 agosto 1939, veniva firmato il Patto Ribbentrop-Molotov. Vero atto di inizio della Seconda Guerra Mondiale, l’accordo era diviso in due parti. La prima, pubblica, impegnava per 10 anni Germania e Unione Sovietica a non dichiararsi guerra. La seconda, segreta ed emersa solo dopo la Perestrojka di Gorbachev, era un piano di spartizione di tutta l’Europa orientale e baltica da parte delle due potenze continentali. A quasi un secolo di distanza, quel Patto fra i due regimi totalitari europei è ancora una lezione molto amara, perché smaschera la vera natura dei regimi totalitari e ci ricorda quanto sia stata distorta, nei decenni successivi, la memoria collettiva sulla guerra mondiale.
Il Patto ebbe come prima conseguenza la condanna della Polonia. Invasa a Ovest dalla Germania nazista dal 1 settembre e da Est dall’Urss (17 settembre) non ebbe più modo di difendersi. Le successive tre vittime del Patto furono le repubbliche di Lituania, Lettonia ed Estonia. La prima avrebbe dovuto essere annessa alla Germania, ma dopo l’invasione della Polonia gli accordi segreti vennero rivisti e, in cambio di un finanziamento, venne letteralmente venduta da Hitler all’Urss. Le tre piccole repubbliche del Baltico furono di fatto costrette a firmare trattati di “cooperazione” con l’Urss che vi installò basi militari. Nel giugno del 1940, mentre Hitler invadeva la Francia, quei trattati si trasformarono in un’annessione all’Urss. Poi fu il turno della Finlandia. Anche al governo di Helsinki, Stalin fece “l’offerta” di cedere territori e basi militari, ma il governo Ryti fu abbastanza fermo e sicuro di sé da respingerla. Invaso da forze preponderanti, il Paese scandinavo riuscì a difendersi valorosamente per ben tre mesi e mezzo. Isolato e soverchiato dovette poi accettare dure condizioni di pace, ma salvò la sua indipendenza. Infine fu la volta della Romania: nel giugno del 1940 Stalin intimò di abbandonare la Bessarabia e la Bukovina settentrionale (attualmente parte della Moldavia) e il governo di Bucarest non poté far altro che assecondare la volontà del potente vicino.
Secondo la storiografia marxista, il Patto Ribbentrop-Molotov fu un espediente adottato da Stalin per prendere tempo e prepararsi alla guerra contro Hitler, che il dittatore sovietico avrebbe visto come imminente e inevitabile. I documenti e i fatti dell’epoca dimostrano proprio il contrario. Lo dimostrano, soprattutto, i colloqui fra Molotov e Hitler, a Berlino, nel novembre del 1940. Più di un anno dopo la firma del Patto, il dittatore nazista, che aveva già annesso quasi tutta l’Europa occidentale ed era convinto di poter sconfiggere il Regno Unito in pochi mesi, proponeva al suo partner (a tutti gli effetti) sovietico di spartirsi le spoglie dell’Impero Britannico. All’Urss sarebbero toccate la Persia, l’Iraq e carta bianca sull’India. La Germania si sarebbe “accontentata” di rifarsi un piccolo impero coloniale nell’Africa sub-sahariana. Dopo questi colloqui, che furono negati a lungo dalla storiografia sovietica e filo-sovietica, Stalin rispose “Sì” il 25 novembre 1940 e fece solo alcune contro-proposte: influenza sovietica sulla Bulgaria e ritiro tedesco dalla Finlandia (e alcune richieste al Giappone sullo sfruttamento dell’isola di Sachalin). Stalin, insomma, era convinto di poter spartire con Hitler il resto del mondo. Fu semmai Hitler che, di fronte alle contro-proposte sovietiche (che riteneva troppo esose) e rapito dalle sue stesse visioni di conquista dello “spazio vitale” a Est, decise segretamente di interrompere la trattativa, ordinando ai suoi generali di pianificare l’invasione dell’Urss. Dal 25 novembre 1940 Stalin era in attesa di una risposta che non arrivò mai. Finché non venne colto di sorpresa dall’invasione tedesca dell’Urss il 22 giugno 1941 e per giorni, chiuso in uno strano silenzio catatonico nel Cremlino, non riuscì neppure a spiegarselo.
La dimensione ideologica del Patto fu molto forte sin da subito. Joseph Goebbels interruppe la propaganda anti-comunista dal giorno successivo e trovò, invece, terreno comune con Mosca nel suo attacco contro le democrazie. I rapporti di intelligence britannici, nel dicembre del 1939, giunsero alla conclusione che la propaganda tedesca fosse ormai “praticamente indistinguibile dalla propaganda comunista”. Scopo della guerra era “far fronte comune contro l’imperialismo britannico”. Mussolini, che visse gli anni del Ribbentrop-Molotov con umore altalenante (a volte contro, durante la guerra in Finlandia, a volte pro, dopo le vittorie tedesche), diede però subito una ragione ideologica positiva al Patto. Il 5 settembre 1939, Giuseppe Bottai riporta nel suo diario questa spiegazione di Mussolini: “S’invoca contro il patto coi bolscevichi la nostra partecipazione alla guerra contro i rossi in Spagna. Ma in Spagna abbiamo, forse, combattuto solo i rossi, o non anche i democratici, i liberali, il fronte popolare? E se, oggi, dividiamo le forze ieri avverse, non deve, questo, considerarsi un elemento a nostro favore? C’è il fattore ideologico. Bene. Ma la Russia di oggi non è più la Russia del contrasto storico ‘Fascismo-Bolscevismo’. Ha mutato. C’è stata un’evoluzione. I termini in antitesi si sono ravvicinati. In ogni modo, ideologicamente, noi siamo del pari, se non più, lontani dal capitalismo demo-plutocratico delle potenze occidentali”. André François-Poncet, ambasciatore francese a Roma, nell’aprile del 1940, dunque alla vigilia dell’invasione del suo Paese (e dell’entrata in guerra dell’Italia) scriveva al governo francese: “Mi preme far notare, infine, che in alcuni ambienti fascisti si sostiene ormai apertamente che le tre nazioni proletarie (Germania, Italia e Urss) dovranno necessariamente far fronte comune, un giorno, contro l’egemonia conservatrice delle potenze demo-plutocratiche”.
Ma anche sul fronte anti-fascista, il Patto venne disciplinatamente accettato dai Partiti comunisti europei, compreso quello italiano. Togliatti, in esilio a Parigi, diede questa direttiva: “Dirigete i vostri sguardi verso la stella della rivoluzione sociale e la stella dei soviet, e non sbaglierete mai”. Pochi giorni dopo venne arrestato a Parigi perché oggettivamente complice con il nemico tedesco, poi fu liberato nel febbraio 1940 e si trasferì a Mosca. Anche il leader del Partito Comunista Francese, Maurice Thorez, disertò la coscrizione nell’esercito e fuggì in Unione Sovietica. Venne privato della cittadinanza francese. Il Partito comunista ebbe l’ordine di sabotare lo sforzo bellico contro la Germania, con la propaganda, il sabotaggio industriale e la diserzione.
Lungi dall’essere un patto solo tattico, il Ribbentrop-Molotov diede origine, specie in Germania, a teorizzazioni strategiche di lungo periodo e di ampio respiro. Il politologo tedesco Karl Haushofer, ex teorico dello “spazio vitale” a Est, nel 1939 aveva già mutato sostanzialmente idea. In Der Kontinentalblock: Mitteleuropa, Eurasien, Japan, pubblicato nel gennaio 1941, teorizzò un grande “blocco continentale” che includesse Germania, Urss, Italia e Giappone. Questo blocco avrebbe potuto sconfiggere gli imperi marittimi occidentali ("l'anaconda anglo-sassone") o quanto meno tenerli fuori dalla massa continentale euroasiatica. Il sogno di Haushofer arrivò molto vicino alla sua realizzazione con i colloqui Molotov-Hitler del novembre 1940. Il Patto influenzò profondamente anche l’opera del politologo Carl Schmitt, Terra e mare (pubblicato nel 1942, ma scritto proprio durante gli anni del Ribbentrop-Molotov) in cui spiega la storia del mondo come una guerra senza compromessi fra potenze di terra e imperi marittimi.
Alla fine questo “sogno” ovunque venisse implementato portò alla distruzione di tutto ciò che si poteva contrapporre al potere assoluto dello Stato. Nella Polonia occupata dai tedeschi, così come in tutti i territori conquistati dai sovietici, le minoranze e gli individui “indesiderati” vennero deportati, internati, uccisi. La ghettizzazione degli ebrei polacchi da parte dei tedeschi, la fucilazione degli ufficiali polacchi a Katyn da parte dei sovietici, le deportazioni di massa nei Paesi Baltici, sono esempi di come Stalin e Hitler avrebbero governato il mondo. Non ci sarebbe stato spazio alcuno per la Chiesa, né per il cristianesimo in generale. La Polonia e la Lituania, terre cattoliche, subirono persecuzioni religiose da entrambi i totalitarismi. Sotto Hitler si fucilavano i preti polacchi perché erano parte dell’anima nazionale. Sotto Stalin si uccidevano perché credevano in Dio.