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CINA

Repressione di Pechino contro le conversioni

Testimonianza di padre Stanislaus all'agenzia Asia News, sulla repressione, fisica e intellettuale, del cristianesimo nello Henan, Cina centrale: anche i classici della letteratura vengono censurati se hanno contenuti riconducibili all'Occidente o al cristianesimo.

Croci abbattute nello Henan

La testimonianza ad Asia News di padre Stanislaus, un sacerdote di Zhumadian (Henan), mostra come la persecuzione dei cristiani, specie in quella regione della Cina centrale, sia diventata un fatto quotidiano. “E’ un ordine che Lei ha dato personalmente? Tutto questo rappresenta esattamente la Sua volontà?” domanda in modo retorico Stanislaus a Xi Jinping in un'immaginaria lettera indirizzata al presidente cinese.

Oltre alle continue distruzioni materiali, come la rimozione delle croci o l’abbattimento di chiese, dietro ogni possibile pretesto urbanistico, Stanislaus descrive una sistematica opera di repressione culturale delle religioni, a tutti i livelli. «“Un accurato processo di eliminazione di elementi occidentali e religiosi” dai testi scolastici è giunto ormai alla modifica del testo originale dei classici. Vi sono perfino atenei che condannano alla censura i classici contenenti parole riguardanti la religione, e li confiscano. Fra questi vi sono Il conte di Montecristo, Resurrezione, Notre-Dame de Paris ecc… Sui maxischermi, posti di fronte all’ingresso delle scuole elementari, è scritto “Vietato l’ingresso alla religione nel campus”; sullo striscione rosso c’è invece scritto “È severamente proibito esercitare conversioni forzate di minori”. Sembra di ritornare alla politica di chiusura attuata nel tardo periodo Ming; ancor più, sembra che torni a soffiare l’aria della Rivolta dei Boxer del tardo periodo Qing».

La politica repressiva contro le religioni, secondo padre Stanislaus, è una reazione del regime al moltiplicarsi delle conversioni al cristianesimo: «Alcuni fanno notare: [i funzionari] sanno che coloro che credono continueranno a credere; tali iniziative sono atte solo ad impedire di avvicinare alla fede coloro che vorrebbero, ma che ancora non l’hanno fatto. In altre parole: non bisogna evangelizzare, per non sviluppare [le comunità]. Questo è ormai un fatto pubblico: i leader hanno detto: il numero dei fedeli ha superato quello dei membri del Partito, e questo può essere pericoloso! Ma è davvero pericoloso? Crescendo il numero dei fedeli, la società precipiterà nel caos, sarà distrutto il Paese?»