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EDITORIALE

Renzi, se questo è il nuovo che avanza...

Il neo leader del Pd lancia il programma per i prossimi mesi e in testa ci sono le unioni civili, anche fra persone dello stesso sesso, e la revisione della Bossi-Fini per l'immigrazione. Una ricetta per il sicuro disastro dell'Italia.

Editoriali 03_01_2014
Il neo leader Pd

Anno nuovo, tempo di buoni propositi. E il neo-leader del Partito Democratico, Matteo Renzi, non perde tempo. Ieri ha mandato una “letterina” a tutti i leader politici – rendendola poi pubblica – in cui spiega il suo programma per il 2014. Renzi è stato eletto per dare un segnale di cambiamento e quindi si muove con rapidità, sapendo benissimo che proprio da questo dipende il suo futuro politico.

E lo dimostra con il primo punto che pone all’attenzione di tutti: la legge elettorale. Va fatta subito, dice Renzi: mette sul tavolo tre diverse possibilità – emerse dal dibattito di questi mesi – e invita a sceglierne una. A lui vanno bene tutte, basta che si faccia in fretta questa benedetta legge elettorale. Visto che ormai se ne parla da anni, Renzi capisce bene che per avere credibilità se ne deve approvare una subito, a costo di accettarne una non “ideale”.

La questione più significativa per noi riguarda però il resto della proposta, che va sotto il capitolo “diritti civili”, e già questo titolo induce a diffidenza. Infatti qui si trovano due proposte molto discutibili tanto per usare un eufemismo): il riconoscimento delle unioni civili, pure tra due persone dello stesso sesso, e la revisione della Legge Bossi-Fini in tema di immigrazione.

Sul primo punto, possiamo dire che Renzi è finalmente uscito allo scoperto su un tema che aveva sempre accuratamente evitato durante la campagna per le primarie (ne aveva accennato soltanto in una intervista negli ultimi giorni), ma che ora diventa una priorità del suo mandato, al punto di parlare di “doveri civili”. Facile vedere in questa dichiarazione una buona dose di opportunismo, come ha immediatamente rilevato l’onorevole Eugenia Roccella (Ncd) che ha ricordato come appena sei anni fa, in occasione del Family Day, lo stesso Renzi si era apertamente schierato con le associazioni cattoliche e pro-family che rifiutavano il riconoscimento delle unioni di fatto proposte dal governo Prodi con lo sciagurato duo Rosy Bindi-Livia Turco. «C’è uno sguardo carico di ideologia sulla famiglia – diceva allora il sindaco di Firenze -. Tutto ciò che viene detto dalla Chiesa viene visto come ingerenza. Quando non si coglie il fatto storico di un milione di persone in piazza per il Family Day, si commette un errore gravissimo». 

Oggi ha cambiato idea, probabilmente pensa che la piazza ora stia dall’altra parte, ma se il nuovo che avanza è un leader che non ha nulla da proporre se non saltare sul cavallo vincente qualunque esso sia, il futuro dell’Italia si presenta grigio. Tanto più che sulla questione della famiglia si gioca davvero il nostro futuro: la crisi economica, così come la crisi demografica che ne è una causa strutturale, hanno un punto di origine nella crisi della famiglia. E perciò non si dà ripresa se non si riparte dalla valorizzazione della famiglia, l’unica vera famiglia: quella fondata sul matrimonio tra un uomo e una donna, così come è riconosciuta anche dalla nostra Costituzione. La proposta di Renzi, che avrà certamente il consenso di tutta la sinistra e di parte della destra, darà invece un’altra mazzata alla famiglia, ponendo le premesse per un peggioramento della crisi.

A questo proposito, ci si consenta una parentesi: ci sono molti cattolici che da quando c’è papa Bergoglio stappano champagne perché finalmente non si parla più di princìpi non negoziabili e si può quindi tranquillamente tornare a preoccuparsi solo di “solidarietà” – come del resto hanno sempre fatto inseguendo i comunisti – senza problemi di coscienza. Ma la questione dei princìpi non negoziabili, come abbiamo sempre cercato di chiarire,  non dipende dalle “mode” pastorali del momento, è un criterio cardine della Dottrina sociale della Chiesa la cui correttezza è ampiamente dimostrata nell’evoluzione della società (per approfondire, cfr. R. Cascioli-L. Negri, Perché la Chiesa ha ragione, ed. Lindau). La validità o meno di certi princìpi non dipende da quante volte vengono citati dal Papa, ma dalla loro effettiva rispondenza ai bisogni dell’uomo.

Tornando a Renzi, il secondo aspetto critico riguarda il tema dell’immigrazione, ovvero la richiesta revisione della Legge Bossi-Fini. Come abbiamo scritto pochi giorni fa, i problemi legati all’accoglienza dei profughi, alla loro identificazione e decisione del loro status non hanno niente a che vedere con la Bossi-Fini. Piuttosto però, chi sta cercando di mettere in discussione questa legge, vorrebbe soprattutto garantire il libero ingresso in Italia di tutti quanti riescono a metterci piede sopra.

Ma l’accoglienza verso gli immigrati, il sentirsi umanamente coinvolti nel loro dramma – cosa a cui continuamente ci richiama papa Francesco e che è doveroso – non si può tradurre automaticamente in politica con un “dentro tutti”. E’ semplicemente da irresponsabili. La politica dei flussi migratori deve tener conto della complessità del fenomeno; farsi carico del dramma degli immigrati significa guardare ai tanti fattori che generano una situazione di miseria: significa prendere sul serio, ad esempio, il rapporto con i Paesi di origine – il primo luogo dove i diritti vengono negati, spingendo tante persone a cercare riparo altrove -, rivedendo le politiche di cooperazione; significa impegnarsi, coinvolgendo altri paesi e l’Onu, per impedire il proliferare di traffici di esseri umani che costringe i migranti a mesi e anni di schiavitù prima di imbarcarsi dalle coste nordafricane (e non pochi neanche ci arrivano). 

Messaggi come quello di Renzi – che in questo non è isolato - hanno solo la capacità di mandare un segnale sbagliato che incentiverà le partenze per le coste dell’Italia  su barconi a rischio. Con conseguenze facilmente immaginabili.

Insomma, c’è molta demagogia e molto politicamente corretto nel leader del Pd, e soprattutto ci sono le premesse per il colpo di grazia all’Italia.