Renzi lascia il governo, il Pd fa finta di appoggiare Conte
Ritirati i ministri di Italia Viva, si apre la crisi, ma nel Pd non tutti sembrano essere favorevoli alla permanenza di Conte a Palazzo Chigi. Renzi fa leva proprio sulle crepe che si sono aperte nel gruppo dem e sui dubbi di alcuni esponenti del partito di Zingaretti.
Tanto tuonò che piovve. E’ arrivato il giorno delle dimissioni delle ministre Teresa Bellanova ed Elena Bonetti e del sottosegretario Ivan Scalfarotto. Ora Italia Viva non è più al Governo e si apre una fase incerta per la politica.
Ieri il premier Giuseppe Conte ha tentato in tutti i modi di far desistere Matteo Renzi dal proposito di varcare il Rubicone provocando la crisi. E’ perfino salito al Colle da Sergio Mattarella, che gli ha suggerito di porgere il ramoscello d’ulivo al rivale senatore di Rignano, proponendogli un patto di legislatura e una ritrovata unità su un programma condiviso. L’inquilino di Palazzo Chigi, come gesto distensivo, ha anche escluso di voler ricorrere alla famosa pattuglia dei responsabili, cioè senatori disposti a votare la fiducia al suo Governo per sostituire i 18 senatori renziani.
Ma non è bastato. Renzi ha chiarito in una conferenza stampa ieri sera di voler andare fino in fondo. Ma con quali obiettivi? Anzitutto con lo spirito di chi punta a «risolvere i problemi e non a nasconderli». L’ex premier ha ragione quando dice che non può essere un’emergenza pandemica a tenere in piedi un Governo claudicante da tempo e in crisi da mesi, che rimane in sella solo perché non s’intravvedono alternative al caos e alle elezioni anticipate. Si è detto fiducioso nel Presidente della Repubblica e quindi non ha escluso nulla, neppure la prosecuzione dell’esperienza del Governo Conte, ma su nuove basi. «Conte ha creato un vulnus democratico – ha detto Renzi - Non c’è un solo nome per Palazzo Chigi». Dichiarazioni di guerra, nonostante il piano per il Recovery Fund sia stato approvato l’altra sera recependo molte delle osservazioni renziane, in particolare quelle sul raddoppio dei fondi alla sanità. Renzi è tornato a chiedere con insistenza il Mes, giudicando “irresponsabili” coloro che lo rifiutano per ragioni ideologiche (i grillini). Inoltre ha annunciato il voto favorevole di Italia Viva allo scostamento di bilancio, a nuove misure anti-covid e al dl ristori.
Il leader di Italia Viva ha detto che il suo gruppo è pronto a tutto, anche a sostenere un altro Governo di natura istituzionale o anche ad andare all’opposizione, qualora Conte trovasse altri voti per sostituire quelli di Italia Viva. Le ipotesi sul tappeto, quindi, sono diverse. Certo è che il centrodestra ha ribadito di non voler fare da stampella a Conte. Quest’ultimo in privato si dice prontissimo alla battaglia finale in Parlamento, ma al momento i margini per lui sono risicati. Dalla sua parte gioca il fatto che Renzi si è impegnato a votare in Parlamento lo scostamento di bilancio, e la richiesta di scostamento andrà approvata oggi o domani in consiglio dei ministri, quindi ci sono ancora delle ore per tentare di far desistere Renzi e per salvare la poltrona a Conte. Ma l’impressione è che nel Pd non tutti siano favorevoli alla sua permanenza a Palazzo Chigi. Forse Renzi fa leva proprio sulle crepe che si sono aperte nel gruppo dem e sui dubbi di alcuni esponenti del partito di Zingaretti verso un premier troppo accentratore e smanioso di gestire quasi da solo le partite più importanti dei prossimi mesi.
A questo punto, fermo restando che la situazione è assai fluida e che tutto può accadere, anche un accordo in extremis per ricucire lo strappo tra Conte e Renzi e stipulare un patto di legislatura, fioccano le previsioni più diverse.
Ad esempio potrebbe esserci la conferma dell’attuale maggioranza e dell’attuale premier, ma con equilibri diversi e in grado di soddisfare i renziani, anche sul piano programmatico (ad esempio la richiesta di una parte del Mes). Ma se Conte andasse in Parlamento e venisse impallinato, non potrebbe far altro che dimettersi. Viceversa, se andasse a dimettersi subito, Mattarella potrebbe sondare le condizioni per un reincarico lampo e Conte potrebbe proporre agli attuali partiti che lo sostengono un nuovo patto di legislatura. C’è anche chi non esclude che Conte provi ad andare avanti assumendo l’interim delle due Ministre che si sono dimesse e cercando di volta in volta i voti in Parlamento.
Esistono, però, anche scenari senza Conte. Il primo è quello di un governo a guida Franceschini. L’attuale Ministro dei beni culturali potrebbe mettere d’accordo tutti e certamente avrebbe il sostegno di Italia Viva e dei grillini, considerato il suo impegno a consolidare l’attuale fronte di centrosinistra senza esclusioni.
Il secondo è quello di un esecutivo di natura istituzionale presieduto da Marta Cartabia, Presidente emerito della Corte Costituzionale, che gode della piena fiducia del Quirinale e che in Parlamento potrebbe raccogliere un ampio consenso anche fuori dal perimetro dell’attuale maggioranza.
Sembra invece esclusa l’”ammucchiata” proposta da Beppe Grillo, che auspica un nuovo governo Conte appoggiato da tutte le forze di maggioranza e opposizione. Ma non erano i grillini a tuonare contro gli inciuci tra i vecchi partiti e ad escludere di allearsi con loro?