«Renzi, ecco come puoi fermare gli sbarchi»
Fermare i disperati che arrivano dalla Libia e salvare così dalla morte centinaia di vite umane, si può. Qualcuno già lo fa: l’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni in Niger. La direttrice Abibatou Wane ci spiega come aiutare i migranti.
Nonostante l’incremento dei flussi migratori clandestini diretti verso l’Italia, sono sempre di più i migranti dell’Africa Occidentale che rinunciano al viaggio verso l’Europa, scoraggiati dalle violenze subite, dai rischi del viaggio, dal caos libico. Lo rivela l’ufficio di Niamey (Niger) dell’Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (Oim) diretto da Abibatou Wane, funzionaria senegalese con una laurea conseguita a Siena, che si occupa soprattutto di assistere queste persone e di scoraggiare coloro che tentano l’avventura verso l’Europa. La regione desertica del Niger settentrionale lungo i confini con Libia e Algeria è divenuta oggi il corridoio principale attraverso il quale i migranti dell’Africa Centrale e Occidentale raggiungono il Nord Africa e da lì l’Europa meridionale, in special modo l’Italia.
Sorprende quindi che Roma non abbia un’ambasciata a Niamey e che dal 2009 persino la Cooperazione allo Sviluppo della Farnesina abbia chiuso i battenti nonostante diversi programmi agricoli realizzati negli Anni ’80 siano ancora ricordati da queste parti come grandi successi. I pochi italiani presenti oggi in Niger lavorano per organizzazioni non governative o nell’ambito delle missioni europee di cooperazione allo sviluppo o di assistenza e formazione alle forze di difesa e sicurezza locali (Eucap Sahel Niger) nell’ambito della strategia europea per il Sahel che prevede il sostegno ai Paesi della regione per contrastare la crescente penetrazione del terrorismo islamico e della criminalità organizzata. “L’Italia ha finanziato con la Cooperazione e Sviluppo nel 2009 la creazione di due campi per accogliere i migranti che tornano indietro: uno a Dirkou verso la Libia e uno ad Arlit, verso il confine algerino”, spiega Abibatou Wane in un ottimo italiano, aggiungendo che “dal 2011 è in vigore il programma Across Sahara messo a punto da Oim e i ministeri degli Interni italiano e nigerino per fornire aiuti ai migranti che tornano indietro”.
Chi sono i migranti che rinunciano a cercare di arrivare in Europa?
Alcuni sono stati espulsi dalla Libia dopo essere la reclusione nei centri di detenzione, altri sono fuggiti dalla Libia per tornare al loro Paese dopo aver visto la situazione in quel Paese e dopo aver subito maltrattamenti, sfruttamento e violenze. Questi ultimi casi sono più frequenti dopo lo scoppio della crisi che ha fatto seguito alla guerra del 2011. La gran parte sono senegalesi, del Gambia, del Malì e del Burkina Faso. I nigerini in genere migrano verso Libia e Algeria in cerca di lavoro, non in Europa da dove riescono più facilmente a tornare a casa. Quando i migranti arrivano nei nostri centri li intervistiamo per conoscere le loro storie e in molti casi loro stessi cercano di scoraggiare i migranti che transitano dal Niger per raggiungere la Libia e l’Europa.
Che informazioni avete sulle organizzazioni criminali che gestiscono i traffici di esseri umani?Ci sono libici, nigerini e trafficanti di altre nazionalità. Ad Agadez (la “Porta del deserto” – ndr) ci sono “ghetti” che ospitano i migranti in transito: alcuni sono stati chiusi dal governo del Niger negli ultimi due anni, ma molti migranti vengono ospitati a pagamento nelle case di alcuni nigerini. A Niamey ci sono due stazioni di autobus dove si riuniscono i migranti in arrivo da altri Paesi dell’Africa Occidentale. Da lì partono a bordo di autobus verso Agadez dove aspettano di raggiungere la Libia. Un passaggio dal paese di provenienza ad Agadez verso la Libia costa circa 300 euro più le “mance” che devono pagare alle guardie di frontiera dei diversi Paesi attraversati per raggiungere il Niger.
La comunità economica dell’Africa Occidentale consente il libero movimento di persone, merci e capitali, ma i migranti come fanno a pagarsi il viaggio?
Molti fanno debiti o vendono le loro attività mentre nel caso dei nigerini sono i datori di lavoro libici a chiamarli. Altri lavorano in Libia per guadagnare quanto serve per pagarsi il viaggio verso l’Europa. In totale per arrivare in Italia un immigrato può spendere in media circa 1.500 euro.
Cosa fa l’Oim in Niger?
Cerchiamo innanzitutto di offrire un’assistenza umanitaria ai migranti che sono in Niger e abbiamo fatto campagne informative per sensibilizzare i migranti circa i rischi del viaggio verso l’Europa. A tal proposito stiamo mettendo a punto una campagna di sensibilizzazione con l’Unione Europea che ci chiede di informare i migranti dei rischi e dei problemi legati all’immigrazione clandestina. Inoltre, abbiamo programmi di aiuto al reinserimento di coloro che rinunciano a migrare. Per loro il rientro è una dura esperienza e rispetto alle famiglie c’è la vergogna per aver fallito. Diamo loro un aiuto per avviare attività lavorative e reinserirsi. I finanziamenti per questi programmi giungono dall’Italia, dall’Unione Europea e dagli Stati Uniti.
Queste misure sono efficaci?
Il nodo del problema è dare a questa gente delle opportunità.E informarli perché molti dicono che se avessero saputo cosa li aspettava in Libia non sarebbero neppure partiti senza contare che in molti sono rimasti bloccati nel sud della Libia, teatro di scontri e violenze, senza riuscire a muoversi.
Quante persone sono morte durante il viaggio?
Per raggiungere Dirkou la strada non è sicura a causa della presenza di gruppi armati e banditi. Occorre la scorta militare e i convogli partono da Agadez ogni lunedì. E’ impressionante vedere un gran numero di migranti stipati su camion compiere centinaia di chilometri sotto il sole spesso appesi esternamente ai veicoli. Non si sa quanti cadano e muoiano nel deserto. Da quando le autorità nigerine hanno aumentato i controlli, molti migranti hanno preso altre strade, piste nel deserto ancora più pericolose: impossibile sapere quanti siano quelli che ce la fanno o quanti muoiono stremati lungo le piste.