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IL VOTO

Renzi è messo alle corde dalla minoranza Pd

Il Pd vince in Campania, con «l'impresentabile» De Luca, ma perde la Liguria. Umbria mantenuta per un soffio, Moretti umiliata in Veneto dal leghista Zaia. Importante successo dei Cinquestelle e della Lega che diventa il primo partito del centrodestra. In Puglia Fitto doppia Berlusconi. Ora nel Pd ci si aspetta la resa dei conti.

Politica 01_06_2015
Elezioni regionali

Era prevedibile che il voto regionale provocasse un terremoto nazionale. E così è stato. Basta leggere le dichiarazioni dei protagonisti sul territorio e dei leader di partito per capire che dalle urne emerge un quadro nuovo, destinato a produrre effetti anche sul governo e sulle sorti della legislatura.

Il centrosinistra conquista cinque regioni su sette, guadagna la Campania ma perde la Liguria, il centrodestra si conferma in Veneto con Zaia ed espugna la roccaforte ligure con Giovanni Toti. Sul piano delle cifre non sembrerebbe un grande scossone. Il numero di regioni amministrate dal centrodestra rimane esiguo rispetto a quello delle regioni nelle mani del centrosinistra, che ormai ha il monopolio dei governi regionali al sud, proprio grazie al successo dell’”impresentabile” De Luca. Ma a livello nazionale nulla è più come prima. Le elezioni regionali hanno dimostrato che laddove il centrosinistra si divide perde e laddove il centrodestra si ricompone vince.

In Liguria, dopo 10 anni di governo di Claudio Burlando, la sua fedelissima Raffaella Paita accusa la sinistra di aver consegnato la guida della regione alla destra. La candidatura del civatiano Pastorino, che ha raccolto poco meno del 10% dei voti, è stata infatti determinante per la sconfitta della Paita, che aumenterà il solco, dentro il Pd, tra i renziani e la minoranza dem. Quest’ultima canta vittoria ed è pronta a rilanciare la sfida al segretario-premier anche sui temi nazionali.

I fedelissimi di Palazzo Chigi minimizzano e ostentano sicurezza: «Ci godiamo la vittoria in Campania, in fondo continuiamo ad amministrare in cinque regioni su sette», ha dichiarato il vicesegretario Lorenzo Guerini, anche se il termometro dello scontro con bersaniani, dalemiani, fassiniani e altri dissidenti dem sembra salire col trascorrere delle ore e non sono escluse decisioni clamorose a livello di vertici del partito, con alcune sostituzioni eccellenti. 

Il vento del renzismo dilagante sembra soffiare con meno forza sui palazzi del potere, almeno quelli regionali, considerato che anche in Umbria, regione tradizionalmente rossa, il centrodestra ha sfiorato l’impresa con il sindaco di Assisi, Claudio Ricci, vicino al 40% dei consensi, due punti in meno del governatore uscente, Catiuscia Marini, riconfermata con affanno.

Senza contare che in Campania il vincitore Vincenzo De Luca, dopo aver vinto di misura (poco più di due punti) la sfida con il governatore uscente, Stefano Caldoro, dovrà ora ingaggiare una nuova battaglia legale. La ghigliottina della Severino potrebbe scendere da un momento all’altro sulla sua elezione e invalidarla. Spetterà a Renzi sbrogliare la matassa e certamente il premier avrebbe volentieri evitato di dover scegliere tra la difesa di un “impresentabile” condannato in primo grado per abuso d’ufficio e l’applicazione formale di una legge assai chiacchierata e di controversa applicazione.

Queste elezioni regionali saranno ricordate anche per l’altissima percentuale di astenuti, dovuta alla disaffezione degli italiani nei confronti della politica e, forse, anche all’invitante ponte del 2 giugno. La percentuale definitiva dei votanti si aggira attorno al 52%, con un calo di circa 10 punti rispetto alle elezioni regionali di dieci anni fa. 

Quanto ai segnali politici, si aprono da oggi alcuni laboratori politici da monitorare: nel centrodestra si realizza il sorpasso della Lega su Forza Italia. In alcune regioni il Carroccio supera il 20% e comunque raddoppia o triplica i consensi mentre Forza Italia non raggiunge neppure il 10%, nonostante Toti, vincitore in Liguria, e Ricci, candidato assai suffragato in Umbria, provenissero dalle file berlusconiane. Salvini diventa quindi l’azionista di maggioranza nel centrodestra e si prepara a lanciare l’opa sulla coalizione anti-Renzi.

Da non sottovalutare il risultato del Movimento Cinque Stelle. Nonostante Beppe Grillo abbia fatto poca campagna elettorale, i pentastellati hanno superato il 20% dei consensi in molte regioni, accreditandosi come principale alternativa a Renzi. In caso di elezioni politiche anticipate appare plausibile che, con l’Italicum, siano proprio i grillini, al ballottaggio, a contendere la guida del Paese a Renzi, considerate le divisioni nel centrodestra. 

Michele Emiliano, appena incoronato governatore in Puglia, l’ha capito e intende dialogare con il Movimento Cinque Stelle, anzi ha già offerto a quel movimento l’assessorato all’ambiente. La Puglia potrebbe quindi diventare un doppio laboratorio: quello di una collaborazione politica tra Pd e Movimento Cinque Stelle e quello della nascita di un nuovo centrodestra, visto che Schittulli, candidato fittiano, ha preso quasi il doppio dei voti della berlusconiana Poli Bortone.

Ma è evidente che il futuro del quadro politico nazionale dipenderà soprattutto dall’evoluzione del dibattito interno al Pd. Tutto si normalizzerà o i sorprendenti esiti di queste elezioni regionali si riveleranno l’anticamera di nuove laceranti scissioni?