Religioni in Cina, purché si aprano al Socialismo
All’inizio di aprile è stato presentato dallo State Council Information, organo del governo cinese, un “Libro bianco” sullo stato della religione in Cina. Ai credenti viene dato come scopo quello di impegnarsi per la modernizzazione socialista e contribuire alla realizzazione del “Sogno cinese” per una rinascita nazionale. Ecco una religiosità tutta naturale, che forse sarebbe piaciuta ad alcuni teologi nell’immediato dopo concilio.
All’inizio di aprile è stato presentato dallo State Council Information, organo del governo cinese, un White Paper (chiamiamolo “Libro bianco”) sullo stato della religione in Cina con il nome “China’s Policies and Practices on Protecting Freedom of Religious Belief”. Il nome beneagurante lascerebbe presagire rose e fiori ma ci sono anche spine e non poco dolorose. Chinasource.org, un sito molto bene informato e ricco sulla problematica religiosa in Cina, ne da notizia con un articolo firmato da Joann Pittman dal nome “Religion in China - By the numbers”.
In questo articolo, che riprende le informazioni dal Libro bianco, si dice che ci sono 200 milioni di credenti divisi nelle religioni “approvate”, con una grande predominanza di Buddisti e Taoisti (che è anche una costante storica), 38 milioni di credenti protestanti, 20 milioni di credenti musulmani e 6 milioni di credenti cattolici.
Ora, il numero dei cattolici è molto più basso rispetto a stime precedenti da me conosciute e questo può essere dovuto al fatto che qui vengono riportati solo il cattolici “ufficiali”, quelli della Chiesa patriottica ma non quelli della Chiesa sotterranea, e questo vale anche per i protestanti.
Ci sono 6000 chiese cattoliche (60000 luoghi di culto protestanti). Vengono registrate 21 scuole protestanti e 9 scuole cattoliche che in effetti, per 44 milioni di credenti inseriti nella struttura ufficiale, sembrano veramente poche.
Cosa fare di queste statistiche? Certamente vanno prese ed intepretate con grande attenzione e prudenza, in quanto come detto, forniscono soltanto quello che al governo cinese fa piacere farci piacere, ma senza fornire il quadro completo e realistico della situazione.
Si era detto che un accordo sino vaticano sarebbe utile per aiutare un cattolicesimo cinese che in realtà sarebbe in grande difficoltà e quasi a rischio estinzione. Si ingnora però come verrà gestita la situazione di milioni di credenti a cui ora non viene neanche dato il diritto di esistere.
Il Libro bianco, quasi in apertura, afferma: “Religious believers and non-believers respect each other, and live in harmony, committing themselves to reform and opening up and the socialist modernization, and contribute to the realization of the Chinese Dream of national rejuvenation” ("Religiosi e non credenti si rispettano l'un l'altro, vivono in armonia, si impegnano a riformarsi e aprirsi alla modernizzazione socialista, e contribuiscono alla realizzazione del sogno cinese di ringiovanimento nazionale").
Quindi ai credenti viene dato come scopo quello di impegnarsi per la modernizzazione socialista e contribuire alla realizzazione del “Sogno cinese” per una rinascita nazionale. Ecco una religiosità tutta naturale, che forse sarebbe piaciuta ad alcuni teologi nell’immediato dopo concilio. C’è da dire a difesa dei governanti cinesi, rispetto ai teologi suddetti, che almeno loro professano l’ateismo.