Regno Unito e Belgio, battute d’arresto per l’aborto
Nel Regno Unito sono naufragati gli emendamenti che miravano a depenalizzare completamente l’aborto e liberalizzare permanentemente l’aborto domestico nei casi di abusi. E intanto la Corte d’Appello ha deciso di accogliere un ricorso di Christian Concern. Sospiro di sollievo anche in Belgio, dove fallisce il progetto di estendere a 18 settimane il tempo per uccidere i bambini in grembo.
Sfida sulla vita e dignità umana in Europa, con sorprese positive contro l’espansione dell’aborto in Belgio e Regno Unito. Dopo che Inghilterra e Galles hanno segnato il triste record di quasi 210 mila aborti nel 2019, ieri, lunedì 6 luglio, si è votato sugli emendamenti presentati dalla laburista Diana Johnson a favore della completa liberalizzazione dell’aborto e dell’introduzione permanente, per le vittime di abuso domestico, della regolamentazione eccezionale varata durante l’emergenza Covid 19 (possibilità di abortire a casa entro la 10a settimana con pillole abortive dopo semplice consulenza telefonica).
Gli emendamenti – Clause 28 e 29 – miravano rispettivamente a liberalizzare permanentemente le norme eccezionali del ‘teleaborto’ e ad abrogare le sezioni 58 e 59 della Legge sui Reati contro le Persone, allungando i termini dell’aborto sino a 28 settimane dalle 24 attuali e abolendo le garanzie per gli obiettori di coscienza medici e paramedici (norme in vigore sin dall’Abortion Act del 1967). Forte è stata la protesta di tutte le organizzazioni pro life e anche della Conferenza episcopale inglese che hanno ricordato come il Regno Unito già permetta l’aborto sino alla 24^ settimana, mentre la maggioranza dei Paesi europei lo consente solo sino alla 12^ settimana. Il governo, per bocca del ministro delle Donne Victoria Atkins, al termine di più di cinque ore di dibattito, ha chiesto il ritiro degli emendamenti perché “l’esecutivo deciderà la propria posizione sull’eventuale permanenza dell’eccezionale normativa del ‘teleaborto’ solo dopo la conclusione della consultazione popolare in corso sulle misure dell’aborto nel periodo di Covid 19. Sino a qual momento le nuove eccezionali regolamentazioni saranno in vigore”, ma ciò non significa che saranno permanenti. L’altro emendamento, che avrebbe modificato e liberalizzato la legislazione sull’aborto è stato anch’esso ritirato perché non era inerente alla materia in discussione.
La settimana scorsa aveva visto la Corte di Appello di Londra accogliere il ricorso di Christian Concern per tenere un’udienza contro l’autorizzazione dello stesso ‘teleaborto’ a casa. Il gruppo pro life ha dimostrato che le pillole abortive per gli aborti emergenziali casalinghi (autorizzati ad alcune condizioni durante la pandemia) erano state distribuite senza rispettare le verifiche di legge (pareri medici, attestazione emergenza, verifica dei termini di gestazione). I volontari di Christian Concern hanno dimostrato che in almeno un caso due delle più importanti organizzazioni pro aborto inglesi e internazionali, Marie Stopes e BPAS (British Pregnancy Advisory Service), hanno violato la legge, inviando le pillole abortive ad almeno un volontario che, sotto copertura, aveva esplicitamente dichiarato di essere in gestazione da ben più di 10 settimane (tempistica consentita dalla regolamentazione di emergenza approvata dal governo il 30 marzo scorso). Le due multinazionali dell’aborto hanno accettato senza verifica false dichiarazioni su identità, termine di gestazione e salute degli interlocutori telefonici, violando i termini di legge; hanno quindi inviato pillole abortive nelle abitazioni dei richiedenti, senza nessun rispetto delle norme richieste dal sistema sanitario del Regno Unito.
La leader di Christian Concern, l’avvocato Andrea Williams, ha criticato duramente il tentativo del governo di chiudere gli occhi sulle violazioni compiute e favorire, “in un grave momento di pandemia, la liberalizzazione dell’aborto” . La legittimità delle stesse norme che hanno autorizzato gli aborti attraverso “kill pills” entro le 10 settimane di gestazione è appunto in discussione alla Corte di Appello di Londra. Quest’ultima ha deciso il 29 giugno di annullare la precedente decisione dell'Alta Corte di respingere la denuncia legale di Christian Concern contro la legalizzazione degli aborti “fai-da-te” casalinghi. Ora i giudici di Appello dovranno valutare nel processo se la decisione del Segretario alla Salute Matt Hancock di introdurre aborti con la doppia pillola a domicilio debba essere annullata.
Due vittorie parziali, ma importanti, per i pro life inglesi, che promettono altre battaglie campali sia in Parlamento sia nei tribunali. Ogni scenario è possibile.
In questi stessi giorni arriva dal Belgio, dove si è ancora alla ricerca di una nuova coalizione di governo dopo le elezioni politiche del 26 maggio 2019, un’altra buona notizia inattesa. Una coalizione trasversale di parlamentari cristiano-democratici, nazionalisti e destre ha bocciato, lo scorso 1 luglio, la proposta di un’ulteriore liberalizzazione dell’aborto avanzata da socialisti, sinistre e verdi. La proposta di modifica prevedeva un aumento da 12 a 18 settimane del tempo per abortire e la riduzione da 6 a 2 giorni per il ‘ripensamento’ della madre. Ebbene, l’unione dei fiamminghi nazionalisti (N-VA), i partiti cristiani di centrodestra (CDH and CD&V) e le destre di Vlaams Belang (VB), con l’astensione dei liberali, hanno ottenuto un successo importante e frenato una possibile deriva barbarica, rinviando le norme al Consiglio di Stato per un parere. I cristiano-democratici hanno assicurato che il loro veto sarà uno dei punti cardine di ogni possibile accordo di coalizione di governo che li vedrà coinvolti (vedi qui). Ora il Consiglio di Stato ha tempo 30 giorni per inviare al Parlamento la sua valutazione, non vincolante (vedi qui). Ma molti osservatori ritengono che questa proposta di radicale liberalizzazione dell’aborto sia ormai tramontata per i prossimi anni, sacrificata, grazie al Cielo e alla coerenza dei politici cristiani, sull’altare della stabilità del prossimo governo.