Regionali umbre, torna la giustizia a orologeria
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Puntualissima parte la macchina del fango mediatico-giudiziario in vista delle elezioni in Umbria, dove la leghista Tesei punta alla rielezione. Indagata per abuso d'ufficio, reato che non esiste più. E allora perché dare la notizia, adesso?
Se i treni italiani avessero la puntualità di certe inchieste giudiziarie il nostro sistema ferroviario nazionale sarebbe un’eccellenza nel mondo. Purtroppo non è così e i pendolari lo sanno molto bene. La giustizia a orologeria è invece una costante delle campagne elettorali nazionali e locali ed è una delle patologie che affliggono da decenni il rapporto tra i poteri nel nostro Paese, con alcuni settori della magistratura che sembrano tramare per orientare in una certa direzione l’esercizio del diritto di voto.
Dopo l’inchiesta sull’ex governatore ligure, Giovanni Toti, che non ha impedito al centrodestra di confermarsi alla guida della regione, ora la tenaglia mediatico-giudiziaria si stringe attorno alla presidente della Regione Umbria, la leghista Donatella Tesei. In quella regione si vota fra due settimane, lei si ricandida ed ecco spuntare la notizia di un’indagine su di lei per abuso d’ufficio. In realtà è una “non notizia”, perché il procuratore Raffaele Cantone ha inviato al Gip la richiesta di archiviazione alla luce dell’abolizione di quel reato e l’istanza è stata accolta. In quell’inchiesta era stata iscritta nel registro degli indagati, oltre alla presidente, anche Paola Agabiti, assessore al bilancio, di Fratelli d’Italia.
E allora verrebbe da chiedersi che senso abbia diffondere una notizia del genere alla vigilia del voto. Tanto più che Nicola Di Mario, difensore di Agabiti, nel confermare l’archiviazione, ha chiarito: "Laddove non fosse stata disposta l'abrogazione dell'abuso d'ufficio, la originaria e provvisoria contestazione di reato elevata a carico della dottoressa Paola Agabiti sarebbe risultata del tutto infondata sul piano giuridico”.
Parlando con l’Ansa, la presidente Tesei ha commentato l'indagine, già archiviata, che l'ha riguardata: "Ho appreso la notizia solamente oggi e solo perché ne hanno parlato i giornali. Mi risulta che l'indagine era iniziata da tempo e già questo dimostra ancora una volta la correttezza dell'operato della mia amministrazione. Per il resto, in attesa di consultare gli atti, assisto alla consueta attività di strumentalizzazione e mistificazione, con argomenti di ignobile livello, amplificata dalla vicinanza della scadenza elettorale”.
L’indagine era partita da un esposto anonimo. Nel fascicolo non sarebbe stato formalizzato un vero e proprio capo d'accusa. La vicenda riguarderebbe finanziamenti ricevuti dalla Regione da una azienda agricola nella quale lavorerebbe il figlio della governatrice e di proprietà del marito dell'assessore Agabiti. La vexata quaestio si riferisce a un bando da 10 milioni e 700mila per la costituzione della filiera umbra del tartufo. 4,8 dei quali, al termine dell’istruttoria che ha visto vincitrici cinque aziende della regione, sono stati assegnati alla Urbani Tartufi, azienda di famiglia dell’assessore Agabiti. Suo marito infatti è il proprietario e lei stessa è stata dirigente nel gruppo dove lavora anche uno dei figli della presidente Tesei che proprio nei mesi di apertura del bando è stato assunto a tempo indeterminato.
Nessuna irregolarità nell’assegnazione dei fondi, secondo l’ipotesi della Procura, quindi caso chiuso, ma non per chi intende speculare a fini elettorali su questa vicenda.
“A pochi giorni dal voto in Umbria si scatena il solito fango a orologeria, una strategia che non stupisce, tipica di chi non ha contenuti e paura di perdere. Ci hanno provato in Liguria e gli è andata male, ora tentano di replicare anche in Umbria, ma il risultato sarà lo stesso", ha commentato il segretario regionale della Lega Umbria, Riccardo Augusto Marchetti.
Davvero avvilente leggere che la stessa Tesei ha appreso solo dai giornali la notizia dell’inchiesta e che tutta questa tempesta in un bicchiere d’acqua scoppia proprio due settimane prima del voto. Non può essere una casualità. Sebbene la notizia non abbia alcun risvolto pratico, può comunque appannare l’immagine della candidata e favorire il suo avversario del centrosinistra. Tanti cittadini umbri non sapevano di quell’inchiesta, finita in nulla, e ora lo sanno. Magari tra gli indecisi qualcuno può decidere di non andare a votare o addirittura di votare contro l’attuale governatore. A quanto dicono i sondaggi, la sfida si gioca sul filo del rasoio e questo ennesimo esempio di incursione mediatico-giudiziaria nell’ambito politico potrebbe avere un esito diverso da quello ligure. Il tutto in barba alla divisione dei poteri e al rispetto della volontà popolare.