Regalità di Cristo e Stato confessionale, la chiarezza che serve
L’idea che la Regalità di Cristo richieda lo Stato confessionale è protestante, non cattolica. Il cattolicesimo non sovrappone immediatamente l’autorità politica e l’autorità religiosa. Il discrimine del diritto naturale.

Quest’anno ricorre il centenario dell’enciclica Quas Primas di Pio XI sulla Regalità sociale di Nostro Signore Gesù Cristo, che porta la data dell’11 dicembre 1925. Il principio ha molteplici aspetti: teologico, spirituale, liturgico e anche politico.
Per quanto riguarda quest’ultimo, si ritiene diffusamente che la Regalità di Cristo richieda lo Stato confessionale, però questa nozione politica è protestante e non cattolica. Il cattolicesimo non sovrappone immediatamente l’autorità politica e l’autorità religiosa, ma ha sempre distinto tra le due, pur considerando una certa qual subordinazione della prima rispetto alla seconda, subordinazione che deve essere pubblicamente espressa dato il ruolo storico e pubblico della religione cattolica. Il protestantesimo ha ammesso lo Stato confessionale – e Lutero aveva posto la Riforma nelle mani dei Principi tedeschi – in quanto non riconosceva il principio del diritto naturale, su cui si fonda in prima istanza l’autorità politica.
Il diritto naturale esprime un ordine naturale finalistico il cui rispetto legittima l’autorità politica, che in prima istanza si fonda su di esso e sul perseguimento del bene comune. Ciò però non significa che l’uomo abbia due fini perseguibili con due mezzi diversi: il fine naturale tramite l’autorità politica e quello soprannaturale tramite l’autorità religiosa. Egli ha un unico fine o, come scriveva Gilson chiosando Dante Alighieri, ha non un fine unico ma un duplice fine. Questa espressione significa un fine unico ma ordinato in due livelli collegati tra loro. Non accostati ma ordinati, e nessun ordinamento è possibile se le due dimensioni rimangono sullo stesso piano e se l’una non prevale sull’altra. Il fine naturale, ossia il bene comune temporale, solo astrattamente può essere conseguito con le sole forze naturali. La natura pura non esiste. Essa non basta a se stessa. Per questo la politica ha bisogno della religio vera e dell’autorità spirituale, ha bisogno di dare culto pubblico a Dio e ha un interesse a permettere alla vita religiosa di penetrare nella vita sociale e politica, non per sostituirsi all’autorità politica, ma per difenderne le basi naturali e purificarle verso quelle soprannaturali. La politica ha bisogno che la Grazia penetri direttamente nella vita pubblica, non per sostituirvisi o per coartarla ma per volgerla ad altro di più alto, senza di cui la stessa vita pubblica si inaridisce o si perverte.
Lo Stato confessionale diventa possibile in due modi, o se si identificano religione e politica o se le si separa. Nel primo caso l’autorità politica si identificherà convintamente e senza residui con quella religiosa, nel secondo caso l’autorità politica gestirà la questione religiosa solo strumentalmente per gestire l’ordine nella vita pubblica. La soluzione cattolica non è nessuna delle due.
Stefano Fontana