Referendum, è ancora guerra dei numeri
Chiuse le urne del referendum egiziano sulla nuova Costituzione (più laica della precedente), si fanno pronostici. Non sull'esito, che è scontato sia positivo, ma sul numero dei votanti. I Fratelli Musulmani, infatti, puntano sul boicottaggio.
Alle nove di ieri sera si sono chiuse le urne per il referendum sulla Costituzione in Egitto, il terzo in tre anni al Cairo. La seconda giornata di votazioni pare sia scivolata via senza gli scontri con i sostenitori del deposto presidente Mohammed Morsi, nel corso dei quali martedì si erano contati altri undici morti e più di duecento arresti. Ma anche con affluenza alle urne molto più blanda rispetto alle prime ore della consultazione.
La Commissione elettorale ha promesso i risultati entro 72 ore dalla chiusura delle urne. Il dato vero atteso non è tanto quello sull'esito: con l'invito al boicottaggio avanzato dai Fratelli musulmani non ci sono dubbi su una vittoria schiacciante del sì alle modifiche della costituzione che cancellano gli articoli più contestati del testo degli islamisti. Ma la vera battaglia si gioca sul numero di voti che il generale al Sisi - il nuovo uomo forte del Cairo - potrà sostenere di avere dalla sua parte. Considerato che gli aventi diritto al voto erano 52,7 milioni, una soglia sotto la quale il nuovo corso dell'Egitto non potrebbe decisamente cantare vittoria sono i 17 milioni di votanti che parteciparono un anno fa al referendum di Morsi (equivalenti allora ad appena il 33% degli elettori). Oltre quel numero più l'affluenza si avvicinasse (o addirittura superasse) il 41% fatto registrare nel voto del marzo 2011 - il primo del dopo Moubarak - più al Sisi ne uscirebbe rafforzato.
Che cosa aspettarsi, dunque? Ieri al Cairo era già battaglia di cifre: il governo ha fatto circolare il dato di «alcuni seggi campione» che parlava di un 28% già raggiunto nella prima giornata. Da parte loro i siti vicini ai Fratelli musulmani hanno risposto parlando di un «massiccio boicottaggio» con appena un 8% di votanti. A urne chiuse - infine - la commissione elettorale ha rilanciato «prevedendo» una vittoria dei sì al 95% con un 55% di affluenza al voto (sinceramente abbastanza sospetto). In realtà al momento l'unico dato ufficiale resta quello sugli egiziani all'estero che hanno votato molto meno rispetto al dicembre 2012: l'affluenza è stata del 15,1% contro il 42% del referendum Morsi (ma allora anche all'estero vi fu comunque un 34% di no alla costituzione, contro appena il 5% di oggi).
L'altro dato sicuro è che la contrapposizione tra i due campi in Egitto resta forte. E anche la stretta imposta all'opinione pubblica - anche con arresti eccellenti tra i stessi blogger dell'ala liberale, finiti già in carcere sia con Moubarak sia con gli islamisti - potrebbe essersi fatta sentire. Emblematica la situazione del Cairo: qui nel dicembre 2012 Morsi finì in minoranza, vincendo il referendum solo grazie ai voti delle roccaforti islamiste dell'Alto Egitto. E proprio dalla capitale e da Alessandria a giugno partirono le proteste che chiedevano le dimissioni del presidente islamista. Certamente al Cairo in queste ore si è votato di più che altrove, ma qualche osservatore ha comunque registrato la presenza di pochi giovani in coda ai seggi.
Sono sensazioni che andranno verificate, numeri alla mano, in un Paese grande e complesso come l'Egitto. Quello che però si può certamente dire è che la trasformazione del referendum in un voto pro o contro al Sisi ha posto in ombra la sostanza di questo appuntamento e cioè la questione della Costituzione. La nuova carta contiene infatti passi avanti importanti rispetto al testo degli islamisti sulla salvaguardia di diritti fondamentali. A partire dalla cancellazione del contestatissimo articolo 219, attraverso il quale il generico riferimento alla sharia già presente dai tempi di Sadat nella costituzione egiziana era stato trasformato in uno strumento per imporre una rigida supremazia dei dettami religiosi sulla legge civile. La nuova Costituzione afferma inoltre il principio dell'uguaglianza tra gli uomini e le donne, definisce «assoluta» la libertà di religione (prevedendo anche il diritto alla costruzione di nuove chiese), impegna lo Stato al rispetto delle convenzioni internazionali di cui è firmatario, comprese quelle sulla tutela dei diritti umani. Tutte cose che nella costituzione degli islamisti non c'erano e che sono il motivo per cui i copti si sono schierati a favore del sì nella consultazione.
Una posizione che sui loro siti in arabo gli ambienti legati ai Fratelli musulmani non hanno mancato di rimarcare sostenendo che solo i copti e «i laici» (che detto da loro non ha un significato proprio benevolo) sono andati a votare. Anche per questo le prossime ore si preannunciano ancora una volta molto delicate; non solo al Cairo, ma ancora di più nelle zone periferiche dell'Egitto.