Recessione in vista. Assolombarda si ribella
Il governo annuncia la recessione tecnica, ma scarica la colpa sulla guerra commerciale fra Germania e Cina, oppure sui governi precedenti. Gli imprenditori di Assolombarda, che hanno ricevuto Conte a Milano, sono sempre più preoccupati e delusi. E chiedono con più vigore di attuare l'autonomia della Lombardia.
Lo scaricabarile sembra una delle abitudini più collaudate del governo gialloverde. Anche nelle ultime ore, in occasione della conferma della recessione da parte dell’Istat, i vertici dell’esecutivo, oltre che minimizzare e profetizzare che nella seconda metà del 2019 ci sarà una ripresa del Pil, hanno anche addossato tutte le colpe ai governi precedenti. Intanto cresce l’insofferenza dei ceti più produttivi del Nord, che lamentano lo spirito assistenzialista di certe misure come il reddito di cittadinanza e invocano l’immediato sblocco dei cantieri per le grandi opere pubbliche e un’accelerazione sul fronte del riconoscimento dell’autonomia regionale.
Il premier Giuseppe Conte, in visita mercoledì a Milano nella sede di Assolombarda, ha anticipato i dati Istat e annunciato la recessione, pur lasciando aperta la porta alla speranza: «Se nella prima fase e nei primi mesi di quest'anno stenteremo, ci sono tutti gli elementi per sperare in un riscatto, di ripartire con il nostro entusiasmo, soprattutto nel secondo semestre, lo dice anche il Fondo Monetario». E ha aggiunto: «Abbiamo un'economia che crescerà, dobbiamo lavorare insieme e progettare gli strumenti perché questa economia cresca in modo duraturo». Ieri l’Istat ha confermato che, in base ai dati provvisori, nel quarto trimestre 2018 l'economia italiana ha registrato una contrazione dello 0,2% e si tratta del secondo trimestre consecutivo di calo dopo il -0,1% del periodo luglio-settembre. Così l'Italia è entrata in recessione tecnica dopo cinque anni. C’era da aspettarselo, ma la conferma impietosa e ufficiale ha gettato nello sconforto imprenditori e forze sociali e sindacali, che temono un ulteriore peggioramento della situazione economico-finanziaria del Paese. Senza trascurare l’effetto sfiducia nei confronti dei risparmiatori.
Conte ha attribuito la colpa alla guerra commerciale tra Cina e Germania «che ci penalizza nelle esportazioni» e si è detto sicuro del recupero già a partire dalla seconda metà del 2019. Intanto, Palazzo Chigi ha dichiarato che è «evidente a chiunque che la recessione tecnica del terzo e quarto trimestre 2018 è il risultato di fallimenti del passato. Noi siamo qui per invertire la rotta, e lo stiamo facendo». «La nostra manovra è entrata in vigore meno di un mese fa. Reddito di cittadinanza e quota 100 produrranno i loro effetti da aprile», hanno puntualizzato dalla Presidenza del Consiglio, trascurando però gli effetti devastanti prodotti dal braccio di ferro, durato mesi, con la Commissione europea, sulla manovra finanziaria.
Anche il vicepremier Luigi Di Maio, che nelle settimane scorse aveva addirittura pronosticato un “nuovo boom economico grazie all’espansione del digitale”, ora dà la colpa della recessione ai governi precedenti, colpevoli secondo lui di non aver raccontato la verità agli italiani. «Quelle di Palazzo Chigi sul Pil sono dichiarazioni infami e ignoranti - ha dichiarato Pier Carlo Padoan, ex ministro dell'economia - I dati parlano chiaro. L'andamento negativo è cominciato con la nuova maggioranza e con l'impatto dello spread».
In occasione dell’incontro di mercoledì in Assolombarda, alla domanda se fosse soddisfatto degli impegni presi dal premier Conte, il presidente di Assolombarda Carlo Bonomi ha risposto: «Siamo abituati a giudicare sui fatti. Diciamo che a questa domanda potrei rispondere tra qualche mese». Bonomi, che nel passato recente ha espresso spessissimo insoddisfazione verso gli interventi del governo in materia economica, dal decreto dignità fino alla legge di Bilancio, durante l’incontro con il premier ha dichiarato di avere apprezzato la sua disponibilità al confronto ma ha ribadito le sue perplessità e ha chiesto di sbloccare la Tav e le grandi opere pubbliche che attendono da anni. «Tra giugno 2020 e marzo 2021 – ha ricordato - le banche italiane dovranno ripagare circa 250 miliardi di euro di prestiti a basso costo ottenuti dalla Bce. E questo è un problema. I governi europei, quello italiano in testa, convincano la Bce a non togliere ossigeno alle imprese in questa fase».
Assolombarda ha puntato sulla necessità di sbloccare l’autonomia per la Lombardia. Senza mettere il Nord contro il Sud, ma per esaltare le capacità dei territori. «Se valutiamo il rapporto esistente tra le grandi aree metropolitane e la capacità di produrre ricchezza del Paese di appartenenza - ha sottolineato Bonomi - ci rendiamo conto che l'economia globalizzata non è in realtà una competizione tra sistemi nazionali, ma è fortemente 'metropoli-centrica' e 'territorio-centrica'. Per questo pensiamo che Milano e la Lombardia abbiano pieno diritto ad ambire a un riconoscimento di autonomia del tutto paragonabile a quello che caratterizza nei rispettivi Paesi le aree in cui insistono Londra e Berlino, Amburgo e Madrid, San Pietroburgo e Vienna, Amsterdam e Bruxelles». Bonomi ha concluso dicendo: «Ora il Governo deve compiere una scelta. Il modello attuativo dell'autonomia che serve ai nostri territori non c'entra nulla con la secessione. E neppure con presunte sottrazioni di risorse a danno del Sud Italia». Il governo lavora "seriamente" sull'autonomia delle Regioni Lombardia, Veneto, Emilia Romagna ma deve «salvaguardare la coesione nazionale e sociale», ha dichiarato il premier Conte di fronte alla platea di imprenditori in Assolombarda, ricordando che la questione è nel contratto di governo. Una data decisiva per sbloccare la partita è il 15 febbraio prossimo, quando il governo incontrerà i presidenti di Regione coinvolti nel progetto di autonomia. Anche su questo versante la rivalità tra Lega e Cinque Stelle potrebbe esplodere. I governatori leghisti del Nord premono per un’autonomia ampia e immediata, mentre i pentastellati sono tra l’incudine e il martello: devono tenere buono l’elettorato del sud senza però lasciare campo libero al Carroccio nelle regioni più produttive.