Rapporto Acnur sui rifugiati, i soliti rimproveri ai "ricchi"
Il 20 giugno, ogni anno, si celebra la giornata internazionale del rifugiato e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in questa data pubblica il proprio rapporto annuale. Considerando che i paesi che ospitano più rifugiati sono nazioni povere confinanti con i peggiori conflitti in corso, l'Acnur, come fa ogni anno, rimprovera i paesi ricchi di essere egoisti. Ma i fondi per lo stesso Acnur arrivano proprio da quei paesi.
Il 20 giugno, ogni anno, si celebra la giornata internazionale del rifugiato e l’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati in questa data pubblica il proprio rapporto annuale. Il dato più rilevante in quello appena presentato, relativo al 2016, è il contenuto aumento profughi: rispetto al 2015 sono cresciuti “solo” di 300.000 unità, indubbiamente poco, se si considera che nel 2015 l’incremento rispetto all’anno precedente era stato di 5,6 milioni. Tuttavia – ha commentato l’Alto commissario Onu per i rifugiati Filippo Grandi nel presentare il rapporto – siamo di fronte a “uno scoraggiante fallimento della diplomazia internazionale. Sembra che il mondo non sia più in grado di fare la pace”. “Assistiamo al persistere di vecchi conflitti – ha aggiunto – e allo scoppio di nuovi. Gli uni e gli altri producono profughi”.
Nel 2016 gli sfollati, ovvero i profughi interni, e i rifugiati, vale a dire i profughi che nel mettersi in salvo superano i confini nazionali e, in base alla Convenzione di Ginevra, ottengono protezione internazionale, hanno raggiunto la cifra record di 65,6 milioni. Sottratti i circa 5 milioni di palestinesi sotto mandato dell’Unrwa, l’Agenzia dell’Onu per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi creata nel 1949 per assisterli, restano oltre 60 milioni di persone: lontane da casa da mesi, anni e, in alcuni casi, ad esempio quello di molti rifugiati somali, persino da decenni.
I profughi interni sono diminuiti, da 40,8 a 40,3 milioni. L’aumento si deve quindi ai rifugiati, saliti a 17,3 milioni, 1,2 milioni in più rispetto al 2015. Anche i richiedenti asilo sono scesi: da 3,2 a 2,8 milioni.
Come nel 2015, nel 2016 oltre metà dei rifugiati provengono da tre stati: Siria, 5,5 milioni (a cui si aggiungono ben 6,3 milioni di sfollati), Afghanistan, 2,5 milioni, e Sudan del Sud che, con 1,4 milioni di rifugiati, scavalca la Somalia. Anche gli stati che ospitano il maggior numero di rifugiati sono gli stessi: Turchia, Pakistan, Libano e Iran. In quinta posizione compare l’Uganda, seguita dall’Etiopia: in totale i profughi espatriati in questi sei stati superano di poco i sette milioni.
L’Alto commissario per i rifugiati, come succede ogni anno all’uscita del rapporto, ha insistito sul fatto che la maggior parte degli sfollati e dei rifugiati – nel 2016 l’84% – sono assistiti nei paesi più poveri del mondo: “come posso – ha detto – chiedere agli stati di gran lunga meno dotati di risorse, in Africa, Medio oriente e Asia, di farsi carico di milioni di rifugiati se i paesi più ricchi rifiutano di farlo?” Il nuovo record di profughi deve indurre i paesi ricchi a riflettere: devono – ha spiegato il Commissario Filippo Grandi – non soltanto accettare più rifugiati, ma anche investire nella promozione della pace e nella ricostruzione.
Ogni anno l’Acnur rivolge ai paesi ricchi simili rimproveri, subito ripresi e amplificati da organizzazioni non governative e associazioni in tutto il mondo. Ma lo fa a torto. In realtà l’86% dei fondi di cui l’Acnur dispone e con i quali assiste i profughi in Africa, Asia e America Latina, proviene dall’Unione Europea e da singoli stati: nel 2015 gli USA hanno fornito il 40% dei fondi, l’Unione Europea il 6%, gli stati europei complessivamente il 27%, Australia e Canada entrambi il 2%. Il bilancio dell’agenzia, che nel 1951, nel primo anno di attività, era stato di 300.000 dollari, nel 2016 ha superato i 7 miliardi di dollari, 5,45 dei quali destinati ai rifugiati. Il bilancio previsto per il 2017 è di poco inferiore: 6,7 miliardi di dollari, quasi 5,3 dei quali per provvedere ai rifugiati.
I paesi più poveri, merita inoltre precisarlo, accolgono l’84% dei rifugiati non perchè sono più generosi e altruisti dei paesi ricchi, ma semplicemente perchè confinano con gli stati in cui sono in corso conflitti e persecuzioni e da cui tanta gente fugge.
Infine sarebbe il caso, perchè giusto e forse anche di qualche utilità, almeno di estendere i rimproveri e i richiami autorevoli dell’Acnur ai responsabili dei conflitti: i leader del Sudan del Sud, ad esempio, in guerra da quattro anni con conseguenze drammatiche per la popolazione.
Qualcosa andrebbe detto e fatto anche a proposito del modo in cui vengono amministrati gli aiuti internazionali: non solo i fondi ordinari destinati all’Acnur, ma quelli d’emergenza raccolti all’insorgere di crisi umanitarie particolarmente gravi come la carestia dichiarata a gennaio in quattro paesi. In Nigeria, ad esempio, nelle regioni del nord est, devastate dai terroristi Boko Haram, la carestia minaccia circa due milioni di profughi e altri sei milioni di persone hanno bisogno di assistenza alimentare. Ma almeno metà degli aiuti alimentari internazionali recapitati alle autorità nigeriane non sono ancora stati distribuiti. Lo ha ammesso il governo parlando di “diversione di materiali di soccorso”, un eufemismo per dire che sono stati rubati. Lo scorso mese una parte è comparsa in vendita nei mercati locali.
Al mercato sono finite pure le 200 tonnellate di datteri donate dall’Arabia Saudita affinchè anche i profughi del nord est potessero con questi frutti rompere il digiuno come prevede la tradizione islamica durante il mese sacro del Ramadan.
Il governo nigeriano si è scusato per il cibo dirottato, ma solo con l’Arabia Saudita.